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Elettricità Europa

Riforma del mercato elettrico Ue: una soluzione troppo rapida per un problema complesso?

Il progetto servirà anche ad incoraggiare gli investimenti necessari per una transizione agevole verso un’economia climaticamente neutra

La proposta di riforma del mercato dell’elettricità della Commissione europea, pubblicata ieri, è una risposta ai prezzi record dell’elettricità nel 2022 e alle preoccupazioni sulla sicurezza dell’approvvigionamento. L’iniziativa, però – scrive il think tank Bruegel – porta avanti anche un dibattito che era incombente, ossia aggiornare il meccanismo del mercato elettrico europeo per incoraggiare gli investimenti necessari ad una transizione agevole verso un’economia climaticamente neutra.

PIÙ CONTRATTI A LUNGO TERMINE

L’obiettivo principale della riforma proposta è di incoraggiare più contratti a lungo termine. L’idea è semplice: gli investitori possono essere più sicuri della domanda, il che li aiuta ad accedere a capitali più economici e ad investire di più, il che alla fine abbassa i prezzi dell’energia per i consumatori. Inoltre, i consumatori con contratti a lungo termine sono meno esposti agli shock dei prezzi. Colmare la discrepanza tra i produttori – che vogliono garantire i prezzi per la loro produzione per i decenni a venire – e i consumatori – che spesso non possono impegnarsi ad acquistare l’elettricità ad un certo prezzo per più di qualche anno in anticipo – non è però una cosa semplice.

La Commissione ha proposto quindi 4 strumenti che i Paesi Ue potrebbero utilizzare per sostenere gli investimenti in parti del sistema elettrico:

1) Sostegno a contratti privati a lungo termine tra produttori e consumatori (contratti di acquisto di energia o PPA); i governi dovranno potersi assumere parte del rischio derivante da questi contratti;

2) Autorizzazione per i governi a sostenere investimenti non fossili con garanzie di prezzo a lungo termine (note come contratti per differenza – CfD). In base a questi, i produttori di elettricità ricevono un prezzo fisso. Se i prezzi di mercato sono inferiori al prezzo fisso, i produttori ricevono un’integrazione, mentre se i prezzi di mercato superano il prezzo fisso, i produttori pagano l’eccedenza al governo (che la utilizza per compensare i consumatori);

3) Saranno incoraggiati i mercati a termine in cui vengono scambiati più prodotti fungibili. Ciò avverrà creando degli hub regionali più liquidi ed eventualmente costringendo gli operatori di mercato ad agire come market maker, cioè devono fare un’offerta per acquistare – ad esempio a 95 – e vendere – ad esempio a 105 – un determinato prodotto.

4) I regimi nazionali di sostegno alla flessibilità pagheranno i fornitori di capacità di gestione e stoccaggio della domanda.

La proposta contiene anche delle disposizioni significative che limiteranno i commercianti e alcuni adeguamenti per migliorare il funzionamento del mercato nel breve periodo.

UNA PROPOSTA DIFFICILE DA CAPIRE

La proposta di riforma continua il percorso passato di integrazione basata sul mercato dei sistemi elettrici europei, difendendo l’idea di garantire un dispacciamento ottimale attraverso la liquidazione dei prezzi marginali nei mercati a breve termine e richiedendo la partecipazione transfrontaliera agli strumenti nazionali.

Tuttavia, le proposte sugli investimenti preannunciano un cambio di paradigma. Con il pretesto di considerazioni di equità, i segnali del mercato europeo sul valore dell’elettricità in luoghi e momenti specifici perderanno la loro rilevanza per indirizzare gli investimenti. Questa funzione sarà ampiamente delegata ad una serie di strumenti principalmente nazionali. Pertanto, i governi Ue potrebbero essere relativamente liberi di progettare questi strumenti per allinearsi al meglio con le preferenze delle parti interessate nazionali.

Nel processo, ai governi nazionali, alla Commissione europea, agli operatori di rete e di mercato nazionali ed europei e alle autorità di regolamentazione vengono assegnate responsabilità parziali per la progettazione e l’allocazione dei singoli strumenti a lungo termine (PPA, CfD, mercati a termine, schemi di flessibilità).

Mentre l’offerta e la domanda di questi prodotti scambiati si sovrappongono e si riversano oltre i confini, non è immediatamente chiaro come verrà gestita questa interazione. Di conseguenza, non è chiaro se i rimanenti segnali del mercato europeo saranno abbastanza forti da correggere sostanziali allocazioni errate derivanti da schemi nazionali mal progettati.

Quindi, in una certa misura, la Commissione riconosce formalmente che i Paesi Ue hanno ed elaboreranno degli strumenti nazionali di sostegno per gli investimenti nel sistema energetico. Questo non deve essere un male, ma quello che sembra mancare è un meccanismo per garantire un livello base di coerenza delle scelte nazionali. Ci sarà più coinvolgimento dello Stato nel sistema elettrico, ma in modo scoordinato, sia dal lato della domanda che da quello dell’offerta. E la responsabilità potrebbe essere ancora più diluita. Questa impressione è rafforzata dal fatto che la Commissione non fornisce un quadro coerente di come funzioneranno insieme vecchi e nuovi strumenti di mercato.

Non sorprende quindi che le discussioni politiche sulla proposta possano diventare lunghe e complesse.  Secondo Bruegel sarebbe preferibile procedere rapidamente con gli elementi di protezione dei consumatori, preparando con maggiore diligenza una proposta coerente e ben argomentata per garantire segnali di investimento efficienti. Sono necessari circa 80 miliardi di euro di investimenti all’anno nel sistema elettrico europeo, e la posta in gioco è semplicemente troppo alta per rischiare di sbagliare gli incentivi.

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