Trump blocca il “dual use”. Il Ponte non sarà conteggiato nella spesa militare. Il Governo deve trovare 113 miliardi per raggiungere il 5% del Pil in armi. Corte dei Conti ancora ferma sulla delibera Cipess
Il Ponte sullo Stretto di Messina rischia di crollare ancora prima di vedere la luce. Il Governo dovrà pensare un piano B per raggiungere la spesa del 5% del Pil in armi: 113 miliardi di euro. Trump non farà sconti a nessuno. Intanto, la Corte dei Conti deve ancora dare il via libera alla delibera Cipess che approva il finanziamento dell’infrastruttura. Il no della Nato all’utilizzo militare farà naufragare il progetto del Ponte sullo Stretto?
TRUMP CHIUDE LA PORTA AL DUAL USE DEL PONTE SULLO STRETTO
L’ambasciatore americano Usa alla Nato rischia di mandare all’aria il piano del ministro Salvini per il Ponte sullo Stretto. Matthew Whitaker ha definito la possibilità di utilizzare l’infrastruttura anche per un utilizzo militare un’operazione di “contabilità creativa” da parte degli alleati europei. “Ho avuto conversazioni anche oggi con alcuni Paesi che stanno adottando una visione molto ampia della spesa per la difesa”, ha dichiarato, sottolineando che è “molto importante” che l’obiettivo del 5% si riferisca “specificamente alla difesa e alle spese correlate”.
Le parole dell’emissario di Trump chiudono definitivamente la porta al dual use di infrastrutture come “ponti che non hanno un’importanza militare” o scuole. Il Ponte sullo Stretto non può rientrare quindi nell’1,5% di spesa che può essere riservata a infrastrutture critiche e resilienza, quali porti e aeroporti. Un’esclusione che fa sorgere spontanea la domanda: dove troverà il Governo i fondi?
GOVERNO ALLA RICERCA DI UN PIANO B
Giorgia Meloni, Giorgetti e Crosetto dovranno trovare un piano B per raggiungere la soglia del 5%. Si prevedono giorni intensi per far quadrare i conti, nonostante le rassicurazioni del Ministero delle Infrastrutture. “Il Ponte è già interamente finanziato con risorse statali e l’eventuale utilizzo di risorse Nato non è all’ordine del giorno. L’opera non è in discussione”, ha sottolineato ieri il Mimit. La cifra che l’Italia dovrà spendere nei prossimi anni, però, non può far dormire sonni tranquilli: 113 miliardi di euro.
“La soglia dell’ 1,5% può essere utilizzata per per infrastrutture critiche e resilienza, dunque anche porti e aeroporti. Le basi principali in Sicilia sono dell’aeronautica a Trapani-Birgi o sono installazioni di sorveglianza come la Ground Surveillance a Sigonella. E quelle non ne hanno bisogno sarebbe una forzatura”, ha spiegato Alessandro Marrone, responsabile del programma difesa, sicurezza e spazio dell’Istituto affari internazionali, in un’intervista rilasciata a La Repubblica.
LA PARTITA DEL PONTE SULLO STRETTO NON E’ CHIUSA
La partita del Ponte sullo Stretto è ancora tutt’altro che chiusa. Infatti, la Corte dei Conti deve dare il via libera alla delibera Cipess che ha approvato il finanziamento all’infrastruttura. Un’ok che non è scontato, ora che l’Italia dovrà trovare un altro modo per raggiungere la percentuale di spesa in armamenti del 5% del Pil, richiesta dalla Nato. E senza il semaforo verde dei giudici contabili i cantieri minori e le opere collaterali non possono partire.
Il segretario confederale della Cgil, Pino Gesmundo, attacca la strategia del governo Meloni e della maggioranza “di tentare di giustificare l’opera attraverso artifici contabili e dichiarazioni propagandistiche. Se Salvini ci avesse dato ascolto, il Paese si sarebbe risparmiato uno sberleffo internazionale”.
“Da un punto di vista giuridico, la presa di posizione della Nato smonta la delibera Iropi alla base del finanziamento. Perché quel documento ha consentito di bypassare i vincoli ambientali su cui il ministero dell’Ambiente aveva dato parere negativo, per l’interesse pubblico e militare dell’infrastruttura”, ha affermato co-portavoce di Avs Angelo Bonelli.