Prezzi del gas ad Amsterdam in calo, 4 italiani su 10 ridurranno i consumi a causa della guerra
Restano stabili le forniture di gas russe all’Europa. Il colosso energetico Gazprom ha infatti reso noto che il flusso di combustibile attraverso l’Ucraina tramite il punto di ingresso di Sudzha è stimata a 40,9 milioni di metri cubi, sostanzialmente in linea con i 40,1 milioni di metri cubi di ieri. Novità positive anche sul fronte dei prezzi: il gas è sceso sotto gli 80 euro al MWh ad Amsterdam, una quotazione che non si registrava dallo scorso febbraio.
4 ITALIANI SU 10 RIDURRANNO I CONSUMI A CAUSA DELLA GUERRA
Malgrado qualche timido segnale positivo, quasi 4 italiani su 10 ridurranno i loro consumi a causa della guerra in Ucraina, mentre la quasi totalità (il 95%) è convinto che il conflitto porterà delle ripercussioni sulla nostra economia. È quanto emerge dal report “FragilItalia”, elaborato da Area studi Legacoop e Ipsos, secondo il quale, però, rispetto a febbraio, cresce dal 42% al 48% la percentuale di chi crede che le conseguenze possano essere contenute, a fronte di chi paventa strascichi molto pesanti (il 47%).
Il 38% (+6%) pensa che perderà parte del suo potere di acquisto, mentre il 68% (+2% rispetto a febbraio) teme soprattutto l’aumento generalizzato dei prezzi per l’esplosione dell’inflazione e per l’aumento dei prezzi di pasta, pane, farine. Per quanto riguarda le forniture di gas, invece, la paura che possano essere ridotte scende di 17 punti rispetto a febbraio, attestandosi al 39%.
PETROLIO E GAS RUSSO: DESTINATI A UN DECLINO A LUNGO TERMINE?
Intanto, scrive il Financial Times, le esportazioni di petrolio e gas russe continuano e le maggiori compagnie energetiche russe Lukoil, Gazprom e Rosneft sono entrate nella crisi con livelli di indebitamento gestibili e bassi costi di produzione: “Vantando un quarto delle riserve di gas del pianeta e oltre il 5% del suo petrolio greggio, l’economia russa è stata a lungo dominata dal settore energetico. Con l’intensificarsi dell’isolamento del paese in seguito all’invasione dell’Ucraina, la domanda ora è quale sarà il futuro della sua industria più importante? – si chiede il quotidiano finanziario -. I principali partner stranieri BP, Shell ed ExxonMobil hanno pianificato l’uscita, le società internazionali di servizi per i giacimenti petroliferi hanno promesso di non investire più e decine di acquirenti hanno iniziato a evitare il greggio russo”.
COMPAGNIE PETROLIFERE E DEL GAS RUSSE SONO ENTRATE NELLA CRISI IN BUONA SALUTE FINANZIARIA
Secondo Eric Mielke, capo del team di ricerca aziendale di Wood Mackenzie, le compagnie petrolifere e del gas russe generalmente sono entrate nella crisi in “buona salute finanziaria” con livelli di debito gestibili e bassi costi di produzione. Di conseguenza, anche con il greggio Urals russo scambiato con uno sconto da 20 a 30 dollari rispetto al Brent, i produttori russi stanno ancora generando flussi di cassa “significativi”, scrive Ft.
Rosneft ha registrato il suo miglior reddito netto di sempre nel 2021 di 11,7 miliardi di dollari, mentre Gazprom, sostenuta dai prezzi record del gas, ha raggiunto un reddito netto record di 29 miliardi di dollari, si legge su FT.
IL PROBLEMA RUSSO È LO SVILUPPO DI NUOVI GIACIMENTI
Ciò che manca all’industria nazionale è la capacità di eseguire alcune delle analisi tecniche più sofisticate necessarie per sviluppare nuovi complessi giacimenti petroliferi, in particolare in località remote offshore come il Mare di Barents. “Le società di servizi russe possono replicare molte apparecchiature, ma non possono replicare realmente il software di interpretazione”, ha affermato James Henderson, un esperto russo presso l’Oxford Institute for Energy Studies che sta scrivendo un libro sulla storia di Rosneft. Di conseguenza, progetti come il Vostok Oil di Rosneft, un vasto progetto artico sostenuto dai trader di materie prime Trafigura e Vitol, hanno ora meno probabilità di avanzare.
INTANTO LA PRODUZIONE È IN CALO
Nonostante i russi si dicano fiduciosi anche sotto questo aspetto, “le prospettive per il settore dipendono meno dalla capacità delle aziende di continuare a produrre e più dal fatto che rimanga un mercato per il loro prodotto, affermano gli analisti. L’UE, che ha ricevuto più della metà delle esportazioni di greggio dalla Russia nel 2021, ha accettato di cessare le importazioni marittime del petrolio del paese entro la fine dell’anno e spera di eliminare gradualmente il gas entro il 2027. Un crescente boicottaggio delle esportazioni russe dopo l’invasione ha già iniziato a pesare sulla produzione di petrolio. La produzione è stata in media di 10,05 milioni di barili al giorno ad aprile, in calo rispetto agli 11,01 milioni di barili al giorno di marzo, secondo OilX, un fornitore di dati che utilizza le statistiche del governo e le immagini satellitari per misurare l’attività nei giacimenti petroliferi”.
SI PUNTA A DIROTTARE ALTROVE LE FORNITURE
La speranza nell’industria petrolifera russa è che la fornitura precedentemente inviata in Europa possa essere dirottata altrove. “Se si rimuove la Russia dal mercato europeo, questo greggio si farà semplicemente vedere in India, Cina e altri paesi”, ha detto al FT Konstantin Simonov, capo del fondo nazionale per la sicurezza energetica della Russia.
In alternativa, Gazprom potrebbe puntare a convertire più produzione in gas naturale liquefatto e trasportarlo via mare, sottolinea FT. Ma le ambizioni della Russia di assicurarsi il 20% della produzione mondiale di GNL espandendo la produzione annuale da 30 milioni di tonnellate ad almeno 120 milioni di tonnellate entro il 2035 sono state le più colpite.
Le sanzioni europee vietano la consegna di beni e tecnologie necessarie per la liquefazione del gas, da cui dipendono i progetti in fase di sviluppo, tra cui Arctic LNG 2 di Novatek da 21 miliardi di dollari e Baltic LNG di Gazprom. Lo sviluppo delle competenze locali necessarie per sostituire la tecnologia europea del GNL richiederebbe anni, ha affermato Henderson di Oxford. “Il futuro della strategia GNL della Russia è in serio dubbio”.