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Svolta energia: batterie cinesi in Ue, boom Vaca Muerta e Londra rivede i costi del nucleare. I fatti della settimana

Mentre Madrid accoglie la maxi-fabbrica CATL-Stellantis per acquisire know-how, l’Argentina raggiunge l’autosufficienza energetica grazie allo shale gas della Patagonia. Intanto, il governo britannico prepara un taglio drastico alla burocrazia per abbattere i costi record delle nuove centrali atomiche. I fatti della settimana di Marco Orioles

In Spagna nasce la più grande fabbrica di batterie d’Europa grazie a un investimento di 4,1 miliardi di CATL e Stellantis: nonostante i timori Ue sulla dipendenza tecnologica da Pechino, Madrid punta al trasferimento di competenze formando 4.000 operai locali per diventare un hub del settore. Dall’altra parte dell’oceano, il giacimento di Vaca Muerta ha trasformato l’Argentina e il villaggio di Añelo: grazie alla liberalizzazione del fracking, il Paese ha raggiunto l’autosufficienza energetica e un surplus commerciale di 6 miliardi, ossigeno puro per un’economia in crisi, silenziando di fatto le critiche ambientaliste. Infine, il Regno Unito fa i conti con i costi del nucleare più alti al mondo: un rapporto commissionato dal governo Starmer denuncia l’eccessiva burocrazia e propone l’adozione di standard internazionali meno rigidi per risparmiare miliardi e garantire la sicurezza energetica, mentre le vecchie centrali si avviano alla chiusura entro il 2030.

NASCE A FIGUERUELAS LA MAXI-FABBRICA DI BATTERIE CON 4.000 SPAGNOLI DA FORMARE

Come riferisce Reuters, in Spagna sta nascendo la più grande fabbrica di batterie d’Europa: un investimento da 4,1 miliardi di euro di CATL, il colosso cinese delle batterie, insieme a Stellantis. La cerimonia di posa della prima pietra si è tenuta una decina di giorni fa a Figueruelas, un paesino di 1.300 anime vicino a Saragozza, dove sorgerà lo stabilimento che dal 2026 fornirà celle per le auto elettriche del gruppo. CATL formerà fino a 4.000 operai spagnoli, perché – come hanno ammesso senza giri di parole sindacati e associazioni locali – in Aragona nessuno sa ancora produrre batterie al litio di ultima generazione. “Siamo anni indietro, non abbiamo mai fatto questi componenti: possiamo solo guardare e imparare”, ha detto a Reuters David Romeral, responsabile del cluster automotive aragonese. Il progetto è il maggiore investimento cinese mai arrivato in Spagna e riceve anche 300 milioni di fondi Ue. Eppure arriva proprio mentre Bruxelles prepara nuove barriere per limitare la dipendenza dalla tecnologia cinese. Un paradosso che i dirigenti di CATL hanno affrontato con diplomazia: “vogliamo condividere il nostro know-how per aiutare la transizione energetica europea”, hanno ripetuto al pubblico di ministri e giornalisti. Il governo spagnolo, da parte sua, non nasconde la soddisfazione. Il ministro dell’Industria Jordi Hereu ha parlato di “trasferimento tecnologico fondamentale” e di apertura a collaborare “soprattutto con la Cina”. Madrid, del resto, ha sempre tenuto un canale privilegiato con Pechino, anche quando il resto d’Europa alzava i muri. I costi del lavoro e dell’energia in Spagna sono circa il 20% sotto la media Ue, motivo per cui oltre a CATL stanno arrivando Envision AESC, PowerCo e InoBat. L’obiettivo è trasformare il Paese in un hub delle batterie. Per la costruzione potrebbero arrivare fino a 2.000 operai cinesi, ma l’azienda promette che alla fine il personale cinese scenderà sotto il 10% e che collaborerà con le università locali per formare spagnoli, mandandone anche alcuni in Cina a fare esperienza. Tra i lavoratori Stellantis della zona c’è chi la prende con filosofia: “prima era tecnologia tedesca, adesso cinese. Che cambia? Qui abbiamo sempre offerto manodopera”, dice Roque Ordovás, responsabile spedizioni. E il sindacalista José Juan Arceiz aggiunge: “quando la fabbrica girerà a regime i posti saranno per gli spagnoli. Questo progetto deve funzionare, ci stiamo dentro tutti”.

AÑELO, DA DESERTO A BOOM: COSÌ IL FRACKING DI VACA MUERTA HA CAMBIATO L’ARGENTINA

Añelo, un paesino sperduto nella Patagonia argentina, mille chilometri a sud-ovest di Buenos Aires, fino a dieci anni fa era un buco con la sabbia al posto delle strade, niente acqua corrente né gas e la luce che andava via di continuo. Poi è arrivato il fracking a Vaca Muerta, la seconda riserva di shale gas del mondo, e tutto è cambiato, come scrive la BBC in un suo servizio. Oggi Añelo è passata da 10 mila abitanti nel 2010 a quasi 18 mila nel 2022, più altri 15 mila operai che ogni sera dormono lì. Sulla strada provinciale entrano 25 mila veicoli al giorno, di cui 6.400 camion. Vaca Muerta, scoperta nel 1931, è esplosa solo dal 2014, quando è stato liberalizzato il fracking. La joint venture YPF-Chevron ha aperto la strada e oggi ci sono oltre 3.300 pozzi attivi: più della metà del petrolio e del gas che produce l’Argentina viene da lì, e costa meno di quello estratto dai giacimenti tradizionali ormai vecchi e difficili. Risultato? Il Paese è diventato autosufficiente dal punto di vista energetico, ha smesso di importare energia a peso d’oro e nel 2023 ha chiuso il bilancio energetico con un surplus di 6 miliardi di dollari. Quest’anno si punta a qualcosa di simile, anche se i prezzi internazionali sono più bassi. Per un’economia sempre in crisi, con inflazione galoppante e default ricorrenti, è ossigeno puro. Ma gli esperti frenano gli entusiasmi. “Non è la cura di tutti i mali», dice alla BBC Nicolás Gandini di Econojournal. Oltre all’agricoltura e a un settore minerario ancora piccolo, non c’è molto altro che porti dollari. Il boom però è frenato: le aziende straniere si lamentano di non riuscire a rimpatriare i profitti per i controlli sui capitali, le strade sono un disastro, mancano oleodotti e ferrovie. Con l’arrivo di Milei qualcosa si è sbloccato (ha già tolto i controlli per le persone fisiche) e dopo la vittoria alle elezioni di metà mandato da parte del partito del presidente si parla di un allentamento anche per le imprese. Intanto c’è un consenso politico trasversale: destra, sinistra, governatori, tutti vogliono più estrazione. Chi protesta per l’ambiente, come l’Osservatorio Petrolifero Sur, si sente sempre più solo: “stiamo perdendo il dibattito pubblico”, ammette Fernando Cabrera.

NUCLEARE UK, IL PIÙ CARO DEL MONDO

In Gran Bretagna costruire centrali nucleari è diventata l’attività più cara del pianeta. Lo dice senza giri di parole un rapporto commissionato dal premier Keir Starmer, su cui fa il punto la BBC, che parla di burocrazia “eccessivamente complessa”, regole iper-prudenti e un sistema regolatorio frammentato che fa lievitare i costi a livelli assurdi. Gli impianti di Hinkley Point C e Sizewell C costeranno decine di miliardi di sterline in più di quanto servirebbe se solo si adottassero standard più vicini a quelli del resto del mondo. Il presidente della taskforce, John Fingleton, è stato chiaro: “abbiamo limiti di esposizione alle radiazioni più stretti che dal dentista. È come costruire autostrade dove tutti devono andare a 8 km/h”. La proposta è drastica: creare uno sportello unico per le autorizzazioni, semplificare le norme, allineare i criteri di rischio a quelli internazionali senza abbassare la sicurezza. Secondo il rapporto, così si potrebbero risparmiare “decine di miliardi” e invertire il declino del nucleare britannico, proprio mentre il mondo vive un nuovo rinascimento atomico: Cina con 30 reattori in costruzione, Francia che ne vuole almeno sei, Stati Uniti che hanno appena finito il primo dopo trent’anni, persino il Giappone che rilancia dopo Fukushima. Intanto in Gran Bretagna le vecchie centrali (che oggi coprono il 15% dell’elettricità) chiuderanno quasi tutte entro il 2030 e i nuovi impianti arriveranno con anni di ritardo. Il governo Labour promette una “età dell’oro” del nucleare: il nuovo Budget dovrebbe accogliere molte delle raccomandazioni. Non tutti sono d’accordo: per “Friends of the Earth” il nucleare resta comunque carissimo per sua natura e conviene puntare tutto su efficienza, rinnovabili e accumulo. Ma per Ed Miliband, ministro dell’Energia, è l’unica strada per garantire sovranità energetica e raggiungere il net zero senza dipendere dal gas russo o dai capricci del vento. Insomma, o si sblocca tutto e si corre, o il Regno Unito rischia di restare l’unico Paese al mondo dove l’atomo costa più dell’oro.

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