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Barbara Lezzi

L’abbaglio della ministra Lezzi su Tap

La titolare del dicastero del Mezzogiorno cita i russi di Gazprom tra i proprietari del gasdotto. Ma si tratta di una fake news

Tap è completo al 77% sull’intero tracciato e al 91% se si considerano solo Grecia e Albania, circa 700 km di tubi dei 765 km complessivi previsti nei due Paesi. Sono alcuni dei dati e dei numeri aggiornati, comunicati dalla società Trans Adriatic Pipeline sul proprio sito.

ITALIA PAESE UE CON MAGGIOR CONSUMO GAS. CON TAP SODDISFATTE 7 MLN DI FAMIGLIE

Nel suo aggiornamento mensile, Tap ricorda che la capacità iniziale, pari a 10 miliardi di metri cubi all’anno, “equivale alla quantità di energia necessaria per 7 milioni di famiglie. Tutto il gas che Tap trasporterà è stato già acquistato per 25 anni, anche da operatori italiani (Enel, Hera ed Edison). L’opera entrerà in esercizio dal 2020. Giova ricordare che l’Italia è il Paese europeo con il maggiore utilizzo di gas naturale. L’82% delle famiglie è servito dal gas per usi domestici. Nel 2016 il gas ha soddisfatto circa il 35% dei consumi energetici primari e garantito il 44% della produzione di energia elettrica. La domanda di gas in Italia cresce ininterrottamente dal 2014 (da circa 62 miliardi di metri cubi nel 2014 a circa 75 nel 2017). Nel 2017 i consumi sono aumentati del 6% rispetto al 2016 e dell’11% rispetto al 2015”.

tapLA FAKE NEWS DEL MINISTRO LEZZI

Ma se i numeri per loro stessa natura rimangono asettici e incontestabile, fa discutere nel nostro paese l’intervista a uno dei ministri dell’esecutivo giallo-verde che più di altri si è battuta contro la realizzazione dell’opera: la titolare del dicastero del Mezzogiorno Barbara Lezzi. Se dopo il vicepremier Matteo Salvini (“La costruzione del gasdotto Tap è fondamentale per lo sviluppo dell’economia del Mezzogiorno”) un nuovo endorsment è arrivato anche dal ministro dell’Economia Giovanni Tria parlando alla Summer School di Confartigianato (“Spero che Tav e Tap si facciano, che si sblocchino, che ci sia una soluzione anche perché si tratta di grandi collegamenti internazionali”) proprio in questi giorni è arrivato il nuovo attacco della Lezzi. Questa volta dalle pagine de La Stampa in un’intervista in cui la titolare del dicastero per il Mezzogiorno ha ricordato ancora una volta che “l’analisi di costi e benefici” da parte dell’esecutivo è in via di ultimazione e che sul “tema ci sarà un confronto con la Lega”. La Lezzi ha proseguito poi sostenendo che “non si tratta di un’opera strategica” e che il “90 per cento del gas trasportato andrà venduto al resto d’Europa”. Un po’ meno scontata è stata, invece, la risposta all’ultima domanda formulata sulla Tap quella riguardante il fatto che l’Italia ha sottoscritto un accordo internazionale: “Dell’accordo siamo consapevoli e proprio per questo stiamo verificando tutto nel dettaglio. Guardi la Tap coprirebbe il 2 per cento del fabbisogno nazionale e dunque in questo modo certo non ci ‘liberiamo’ della Russia e da Putin. A questo riguardo è bene ricordare che Tap è partecipata dalla russa Gazprom. Dunque?”.

ECCO CHI SONO GLI AZIONISTI DI TAP E SHAH DENIZ

Un’affermazione che però nasconde una fake news. Per accertarsene basta verificare la composizione dell’azionariato di Tap. Il progetto è gestito da un consorzio che ha come azionisti la società italiana Snam (20 per cento), la britannica Bp (20 per cento), l’azera Socar (20 per cento), la belga Fluxys (19 per cento), la spagnola Enagàs (15 per cento) e la svizzera Axpo (5 per cento). È evidente quindi che la proprietà del gasdotto non vede la partecipazione diretta di alcuna impresa russa. Il gas, inoltre, dovrebbe fluire in Europa attraverso un percorso che vede in prima istanza impegnato l’altro grande progetto in via di realizzazione nell’area, il Southern gas corridor le cui forniture provengono dal giacimento offshore di Shah Deniz 2 situato in Azerbaijan. Ma anche analizzando l’azionariato che fa capo al giacimento, si può verificare che le società proprietarie sono la britannica Bp (28,8 per cento), la turca Tpao (19 per cento), l’azera Socar (16,7 per cento), la malese Petronas (15,5 per cento), la russa Lukoil (10 per cento) e l’iraniana Nico (10 per cento). Evidenziando, in sostanza, come l’azienda russa Gazprom tirata in ballo dalla ministra Lezzi non entri minimamente nel progetto.

OPERA STRATEGICA IN VISTA DELLA SCADENZA DEI CONTRATTI DI FORNITURA

Salvini_Di-maio tapAnche la strategicità dell’opera citata dal ministro può far sorgere dubbi. Tap ricorda che l’opera “contribuisce alla sicurezza dell’approvvigionamento dell’Italia e dell’Europa, anche alla luce della scadenza, nei prossimi anni, di alcuni contratti chiave di fornitura di gas naturale a lungo termine da parte di fornitori come Russia e Algeria e della necessità di un maggior ricorso alle importazioni dato il calo della produzione europea nel Mare del Nord”. Inoltre “diversifica le fonti di approvvigionamento aumentando la concorrenza tra i vari fornitori e abbassando così il costo dell’energia per i consumatori e le imprese, che in Italia pagano il gas mediamente il 10% in più rispetto ai Paesi del Nord Europa”. “Trasporta gas naturale, un combustibile sostenibile dal punto di vista ambientale, economico e sociale sia per il processo di decarbonizzazione in corso, sia per rispettare gli obiettivi dell’accordo di Parigi per contrastare il riscaldamento globale. Infatti, il gas può svolgere un ruolo importante nel garantire la transizione verso un utilizzo preponderante delle rinnovabili che gli studi ritengono possa verificarsi non prima di alcuni decenni”. Infine, il progetto del gasdotto “non può essere più modificato. La soluzione individuata, come evidenziato nell’analisi delle alternative effettuate in fase di Valutazione di Impatto Ambientale, è la migliore possibile. Ripartire con l’iter autorizzativo significherebbe tornare indietro di oltre quattro anni, impedendo al gas di arrivare in Italia nei tempi stabiliti (inizio 2020) e non consentendo al Paese di rafforzare la propria sicurezza energetica”.

DALLA RUSSIA IMPORTIAMO IL 40% DELLE FORNITURE DI GAS

In conclusione, un’ulteriore risposta sull’importanza per l’Italia della diversificazione delle fonti, può arrivare dall’analisi trimestrale Enea: “Nel I trimestre 2018 la domanda di gas naturale in Italia è stata pari a circa 26 miliardi di m3 , in aumento di meno di 400 milioni di m3 (+1,4%) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente”. La Russia resta ampia-mente il primo fornitore di gas italiano con una quota di poco superiore al 40% delle importazioni totali italiane nel I trimestre 2018, con una tendenza a un forte ulteriore aumento di questa quota nel trimestre successivo. La quota del gas algerino si riduce ma in modo marginale, restando intorno al 35% del totale. Il gas del Nord Europa si ferma bel al di sotto del 10%, ma a causa delle già citate manutenzioni, mentre la quota del GNL in entrata ai tre terminali di rigassificazione si colloca media d’anno al 10%”.

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