La Commissione europea ha affermato che, per raggiungere gli obiettivi climatici Ue, il ritmo di riduzione delle emissioni “dovrebbe quasi triplicare il tasso di riduzione medio annuo raggiunto negli ultimi 10 anni”
L’Unione europea ha la normativa green più avanzata al mondo; tuttavia, i Paesi Ue non sono sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi climatici. Il commissario europeo per il Clima, Wopke Hoekstra, questa settimana ha dichiarato che i Paesi Ue ridurranno le emissioni del 51% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, ben al di sotto dell’obiettivo del 55%. Ciò segue oltre 30 anni di progressi faticosamente ottenuti nella riduzione delle emissioni di gas serra rispetto al picco del 1990. “Sono fiducioso che, considerate le conversazioni che stiamo avendo, raggiungeremo l’obiettivo del 55%, ma c’è ancora un po’ di lavoro da fare da parte di alcuni di noi attorno al tavolo”, ha spiegato Hoekstra ai ministri.
I PIANI CLIMATICI DEI PAESI UE
Come ricorda il Financial Times, i governi Ue dovranno presentare i loro piani su come ridurre la loro quota di emissioni entro giugno, ma il calcolo di Hoekstra, basato sulle bozze di piano presentate dai Paesi membri, sembra ottimistico. L’Agenzia Europea per l’Ambiente ha stimato che è probabile una riduzione del 48%. La differenza di quella che sembra solo una piccola percentuale è fondamentale, con il pianeta che si sta gradualmente avvicinando alla soglia di riscaldamento globale di 1,5°C sancita dall’accordo di Parigi sul clima del 2015, come limite inferiore di aumento delle temperature dall’epoca preindustriale.
IL RISCALDAMENTO GLOBALE
Secondo l’Organizzazione Meteorologica Mondiale, l’Europa si sta riscaldando al doppio della media globale. Nell’ambito di una revisione intermedia dei progressi climatici pubblicata questo mese, la Commissione europea ha affermato che il ritmo di riduzione delle emissioni “dovrebbe quasi triplicare il tasso di riduzione medio annuo raggiunto negli ultimi 10 anni”, per raggiungere gli obiettivi climatici. Mentre la corsa globale per le tecnologie pulite prende ritmo, però, l’Ue fatica a competere e a vendere la sua ambiziosa agenda climatica ad un settore industriale che soffre a causa dell’elevata inflazione, delle tensioni commerciali e della crescente regolamentazione.
“Abbiamo deciso le misure politiche. Abbiamo gli strumenti, ora dobbiamo implementarli. Nonostante si tratti di un duro lavoro e di una lotta quotidiana, le politiche climatiche verdi danno risultati. Le emissioni stanno diminuendo. Però ancora non ci siamo, non abbiamo ancora fatto tutto”, ha dichiarato il ministro austriaco del Clima, Leonore Gewessler.
I DATI SULLE TECNOLOGIE PULITE NEI PAESI UE
I dati del think tank Bruegel mostrano che l’Europa, nonostante il suo ruolo pionieristico, sta restando indietro rispetto ad alcuni concorrenti globali nell’introduzione delle tecnologie pulite fondamentali per la decarbonizzazione. “I sussidi per la diffusione delle energie rinnovabili negli ultimi 20 anni sono stati tra i più grandi al mondo, e ciò ha posizionato l’Europa come primo promotore, ma ora è stata ripresa dalla Cina”, ha affermato Simone Tagliapietra, senior fellow di Bruegel.
Il think tank energetico Ember ha scoperto che, nonostante i Paesi Ue nel 2023 abbiano installato la cifra record di 56 GW di capacità solare aggiuntiva, rispetto ai 41 GW del 2022, i piani nazionali non sono ancora sufficienti a soddisfare il fabbisogno rinnovabile entro il 2030 per l’intera popolazione. La diffusione dell’energia eolica dovrà aumentare del 15% all’anno.
I politici europei sono particolarmente preoccupati per i produttori di pannelli solari nell’Unione europea, che hanno messo fuori servizio le attività in parte a causa dell’eccesso di offerta da parte della Cina. Tuttavia, ha avvertito Tagliapietra, l’Ue non dovrebbe tentare di “sfidare la gravità” introducendo barriere commerciali: “la Cina ha costruito economie di scala al punto che sarà estremamente difficile, per noi e per l’Europa, recuperare il ritardo nella produzione di pannelli solari”.
IL CASO DELLE POMPE DI CALORE E LE POLITICHE GREEN
Anche laddove vengono effettuati investimenti in tecnologie pulite, i dati di Bruegel mostrano che non sempre sono stati i più efficaci o coerenti. Nel caso di tecnologie come le pompe di calore – che si basano sull’adozione da parte dei consumatori – l’implementazione è rallentata in quanto i sussidi si sono esauriti a causa delle ristrettezze dei bilanci nazionali e della carenza di manodopera qualificata per installarle. Secondo la European Heat Pump Association, le vendite di pompe di calore in 14 Paesi europei nel 2023 sono diminuite di circa il 5% rispetto al 2022, invertendo un decennio di crescita.
Le politiche che toccano la vita quotidiana sono diventate dei punti critici politici. La Germania, ad esempio, quest’anno è stata costretta ad alleggerire le norme che avrebbero messo fuori legge le nuove caldaie a gas, dopo che questa politica, mal attuata, ha quasi messo in crisi il governo di coalizione di Berlino.
GLI SCENARI IN VISTA DELLE ELEZIONI EUROPEE
Con l’avvicinarsi delle elezioni europee di giugno, gli europarlamentari temono che le politiche green possano diventare un parafulmine per il sentimento politico e la reazione negativa dell’estrema destra. Gli agricoltori hanno protestato contro la burocrazia della legge ambientale in tutta l’Unione europea, mentre una legge fondamentale per proteggere la natura è sull’orlo del collasso, dopo che l’Ungheria e l’Olanda, questo mese, vi si sono improvvisamente opposti.
I politici a Bruxelles stanno discutendo se fissare un obiettivo provvisorio per ridurre le emissioni Ue del 90% entro il 2040, come indicatore di strada verso il raggiungimento delle zero emissioni nette nel 2050, anche se le imprese e le associazioni industriali, stanche dell’obiettivo, lamentano che potrebbe essere una forzatura. Hoekstra, però, sostiene che gli elettori vogliono un’azione per il clima: “non è semplice, ma è fattibile. Raccoglieremo questa sfida, è quello che i nostri cittadini ci chiedono”.