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Stop UE ad auto diesel e benzina, per il centrodestra sarà “l’eutanasia della nostra industria”

Per il ministro Giorgetti “puntare tutto sull’elettrico è una visione ideologica e miope, che ignora la realtà industriale dell’Italia”

Il voto di ieri in Parlamento Europeo su otto dossier del pacchetto “Fit for 55” – con cui la Commissione UE punta a mettere in atto l’obiettivo di portare al taglio delle emissioni nell’Unione Europea del 55% entro il 2030 rispetto al 1990 – ha provocato diverse reazioni nella politica italiana, soprattutto nel centrodestra.

Sugli standard di emissione di CO2 per auto e furgoni nuovi l’aula di Strasburgo si è allineata con la proposta della Commissione, votando che dal 2035 nell’UE non potranno più essere immatricolate auto nuove a benzina, diesel GPL e ibride.

Per il ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti, intervistato dal Corriere della Sera, la decisione UE è “una delusione, ma l’esito era abbastanza scontato”. Il ministro leghista è per la “neutralità tecnologica”, ma soprattutto “la transizione ambientale deve tener conto anche delle ricadute sociali ed economiche su tutte le filiere, altrimenti il futuro è l’eutanasia della nostra industria”. Per Giorgetti “il futuro non è solo elettrico”.

GIORGETTI: “IL FUTURO NON È SOLO ELETTRICO, QUESTA È UNA VISIONE MIOPE”

Come dicevamo, il Mise ha espresso una valutazione negativa degli effetti che la decisione dell’UE produrrà in Italia, e con lui l’intero centrodestra, che è pronto a votare una risoluzione che spinga il governo italiano a bloccare il pacchetto di misure “Fit for 55”, mentre nel Pd e nel M5S si tengono posizioni con sfumature diverse, ma sostanzialmente favorevoli.

Il punto, ha spiegato Giorgetti, è che il 2035 sembra già dietro l’angolo, soprattutto se si considerano i rallentamenti economici nell’UE previsti dopo la pandemia e con una guerra ancora in corso. Nulla in contrario alla “sacrosanta e legittima ricerca di un mondo ecocompatibile, ma non sono state prese in considerazione le richieste per percorsi più lenti che ci consentissero di affrontare meglio questo delicato passaggio verso il green”. Giorgetti ha tenuto poi a sottolineare che “il futuro non è solo elettrico. L’ho detto più volte, io scommetto sull’idrogeno e magari con il tempo verranno sviluppate anche altre tecnologie”. Per il ministro leghista bisogna “fare attenzione a puntare tutto sull’elettrico: è una visione ideologica, miope, che ignora la realtà industriale dell’Italia”, con Il rischio di “consegnare ad alcuni Paesi asiatici anche il settore dell’automotive, perdendo autonomia produttiva» e di avere ricadute negative sull’occupazione”.

Come soluzione Giorgetti propone dei “contratti di sviluppo in una percentuale maggiore e accordi di innovazione per gli incentivi volti al sostegno agli investimenti per insediamento, riconversione, riqualificazione verso forme produttive innovative e sostenibili delle imprese del settore”. E, visto che “i soli incentivi non bastano”, chiede al governo e all’Europa di “non restare sordi di fronte alle voci di imprenditori e lavoratori. Non facciamole diventare grida di disperazione”.

LE REAZIONI DI ASSOCIAZIONI, SINDACATI E CENTRODESTRA

L’Associazione europea dei Costruttori di automobili (Acea), ad esempio, con il presidente Oliver Zipse chiede “una revisione a metà strada», con cui si dovrà valutare se sono aumentate “in modo massiccio” le colonnine elettriche di ricarica e rifornimento e se ci sarà disponibilità di materie prime per la produzione di batterie. Due elementi intorno ai quali aleggiano ancora pesanti incertezze, che pesano tutte sul settore dell’automotive. E intervengono anche i sindacati.

Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, invoca “investimenti mirati” e una nuova politica industriale, mentre dalla Cisl Luigi Sbarra ricorda che «in gioco ci sono 75 mila posti di lavoro”.

Forza Italia si prefigge l’obiettivo di presentare “in tempi strettissimi”, come annunciano i due capigruppo di Camera e Senato, Paolo Barelli e Anna Maria Bernini, “una risoluzione per chiedere al governo di bloccare quanto stabilito con il Fit for 55”. Per gli azzurri lo stop alle auto elettriche è “un autogol per l’Italia e un assist alla Cina, la principale produttrice di batterie”. In sintesi, come dice Giorgia Meloni, “una strategia alla Tafazzi”, ma Pd e M5S non ci stanno e plaudono alla svolta verde, pur con tutte gli accenti messi sulla difesa dei lavoratori e. Un governo spaccato, dunque, anche in Europa.

SULL’ETS IL PARLAMENTO UE RINVIA LA DECISIONE

La plenaria di Strasburgo ha infine rinviato alla commissione Ambiente del Parlamento UE la riforma del sistema dello scambio delle quote di emissione (Ets), che rappresenta una delle principali misure UE per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nei settori industriali a maggior impatto sui cambiamenti climatici. “Ci auguriamo che il pacchetto sia adottato il più rapidamente possibile, ma rispettiamo il dibattito democratico dell’Europarlamento”, ha commentato ieri la Commissione Europea.

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