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Una carbon tax globale? Rischia di distruggere l’economia

È l’analisi effettuata da Don Fullerton, professore di finanza all’Università dell’Illinois, ed ex dirigente del Dipartimento del Tesoro Usa

Come sconfiggere la Co2? Semplice, tassandola. Rendendo, cioè, la produzione di carbonio e quindi l’utilizzo delle materie prime che la provocano, non conveniente a livello mondiale, per evitare vantaggi competitivi in alcune zone piuttosto che in altre. Ciò finirebbe per costringere paesi e imprese a trovare altri mezzi per produrre gli stessi beni, senza emettere inquinanti nell’aria. A conti fatti, però, un sistema simile finirebbe per sconvolgere gli attuali equilibri economici mondiali e per questo, probabilmente, non si realizzerà mai. È l’analisi effettuata da Don Fullerton, professore di finanza all’Università dell’Illinois, ed ex dirigente del Dipartimento del Tesoro Usa, che ha provato a dare un senso a questa teoria con un articolo uscito su Review of Environmental Economics and Policy dal titolo “Who Bears the Economic Burdens of Environmental Regulations?” (Chi sopporta gli oneri economici delle normative ambientali?).

GLI SCENARI IPOTIZZATI

CO2Nella ricerca, il professore analizza diversi scenari. In un modello che Fullerton chiama “di equilibrio parziale”, una tassa sull’inquinamento aumenterebbe i costi di produzione e quindi il prezzo del bene di un importo che dipende dall’intensità di inquinamento necessaria alla produzione stessa. In un modello a “concorrenza perfetta”, l’incidenza economica dell’imposta dipenderà, invece, dalla domanda relativa e dall’elasticità dell’offerta per il bene: “Se la domanda di beni ad alta intensità di combustibili fossili come la benzina o l’elettricità è più anelastica dell’offerta di questi beni, allora i consumatori sostengono più oneri dei produttori”. Mentre nel modello “di equilibrio generale” l’imposta su un fattore parziale – per esempio una tassa sull’inquinamento sulla generazione di elettricità – aumenterebbe il costo di produzione in quel settore – e quindi il prezzo relativo della produzione di elettricità – ma anche il costo del fattore di inquinamento in ingresso, aspetto che indurrebbe le imprese a utilizzare altri fattori come il lavoro o il capitale per sgravarsi dell’onere.

CON UNA CARBON TAX SUI CARBURANTI SOFFRONO I PAESI A BASSO REDDITO

Nella sua analisi Fullerton ha calcolato l’impatto che avrebbe una carbon tax globale di 42 dollari/tonnellata di CO2 – cifra stimata sulla base dei costi sociali del carbonio fossile, effettuata nel 2016 dall’Agenzia di protezione ambientale Usa – su varie fonti: “Un gallone di benzina completamente bruciato genera circa 20 libbre di anidride carbonica (CO2) e un gallone di diesel genera circa 22 libbre”. Questo comporta che “una tassa sul contenuto di carbonio dei carburanti da trasporto aumenterebbe i costi di benzina e diesel di circa 40-50 centesimi per gallone”. In pratica, secondo Fullerton, un balzo simile non provocherebbe effetti visto che le “stime implicano spostamenti relativamente modesti indotti dalle tasse nel risparmio di carburante delle flotte”. Ciò dipende dalla tipologia di paese e dalla sua ricchezza. Nel caso dei carburanti la sensibilità dei consumatori dei paesi in via di sviluppo e dei paesi sviluppati, secondo il professore, “è simile: l’onere a lungo termine di una carbon tax sui carburanti sarà probabilmente più avvertito dai paesi importatori netti di carburanti”. Infatti “è più probabile che i paesi a basso reddito siano importatori netti di combustibili fossili, in particolare di prodotti petroliferi raffinati, e quindi un’imposta sul carbonio sui carburanti per autotrazione imporrà probabilmente un onere maggiore sui paesi a basso reddito”.

LA CARBON TAX FAVORIREBBE LA PRODUZIONE ELETTRICA TRAMITE GAS

Per quanto riguarda il carbone e il gas naturale per la produzione di elettricità, una carbon tax di 42 dollari per tonnellata “equivale a una tassa di 2,46 dollari per milione di unità termiche britanniche metriche (mmBTU) sul gas naturale e 4,43 dollari per mmBTU sul carbone. La maggiore efficienza delle centrali elettriche alimentate a gas naturale finirebbe per ingrandire gli effetti della carbon tax , aumentando il costo dell’elettricità prodotta dal carbone di circa 26 dollari per megawattora rispetto al gas naturale”. Ciò sposterebbe, secondo il ricercatore, la produzione elettrica verso il gas. “Tuttavia, la produzione e le esportazioni di carbone sono relativamente non correlate al reddito a livello nazionale. Pertanto, sebbene una carbon tax possa avere un impatto sui paesi produttori di carbone, sembra improbabile che causi una ridistribuzione sistematica tra paesi ricchi e paesi poveri”.

ALL’INTERNO DEI PAESI VA CONSIDERATO CIASCUN GRUPPO DI REDDITO

Ciò detto, riassume Fullerton “i paesi a basso reddito sopporteranno probabilmente una quota sproporzionata dell’onere delle tasse sul carbonio sui carburanti per autotrazione”. Mentre, in media, “la produzione interna di elettricità tende ad essere leggermente più ad alta intensità di carbonio nei paesi a medio reddito. Tuttavia, troviamo notevoli variazioni nell’intensità di Co2 e nell’esposizione commerciale – sottolinea il professore -. All’interno di ciascun gruppo di reddito”, la politica di carbon tax “va a vantaggio delle economie a bassa intensità di carbonio rispetto a quelle ad alta intensità di carbonio, creando vincitori e perdenti all’interno di ciascun gruppo. Questi risultati suggeriscono che la valutazione degli impatti distributivi della politica del carbonio in termini di reddito può trascurare importanti variazioni tra paesi con redditi simili”. emissioni

CARBON TAX SVANTAGGIOSA PER PAESI AD ALTO REDDITO ESPORTATORI DI IDROCARBURI

In sostanza in paesi a reddito molto basso, visto che poche persone hanno l’auto o usano combustibili fossili per cucinare e scaldarsi, e alcuni di questi paesi usano anche energie rinnovabili, l’impatto di una carbon tax, sarebbe “relativamente basso”. Mentre in paesi ad alto reddito che consumano molti combustibili fossili e magari sono anche paesi esportatori o producono beni ad alta intensità di CO2 una carbon tax sarebbe molto svantaggiosa. Per esempio Cina e India, che hanno un’economia ad alta intensità di carbonio, la Russia, che esporta combustibili fossili e ha un’industria fortemente dipendente da carbone, i grandi esportatori di petrolio, tipo Arabia Saudita o Qatar ma anche paesi molto energivori, come Usa, Giappone, Polonia, Israele. E, cita Fuellerton, in seconda linea, anche Germania, Gran Bretagna e Italia.

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