Il Decalogo presentato agli Stati Generali della Green Economy, per una transizione verso un’economia verde
La green economy fa bene all’economia dell’Italia: sul territorio possiamo contare ben 355.000 imprese che investono nel settore, per un giro d’affari ormai prossimo ai 200 miliardi di euro. Secondo Green Italy 2017, il rapporto di Fondazione Symbolae Unioncamere, a partire dal 2011, 355mila aziende italiane hanno investito (o lo faranno nei prossimi 5 anni) in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di Co2. I grandi numeri si traducono anche in nuova occupazione: in Italia sono 2 milioni e 279mila i green jobs, ovvero il 13,1% degli occupati.
La transizione verso un’economia verde, efficiente e pulita è già iniziata. Ma possiamo e dobbiamo fare di più: questo è il messaggio che arriva dagli Stati Generali della Green Economy, in corso ad Ecomondo 2017 (7-10 novembre), e che intendono promuovere un nuovo orientamento dell’economia italiana verso una green economy per aprire nuove opportunità di sviluppo durevole e sostenibile ed indicare la via d’uscita dalla crisi economica e climatica.
Il Consiglio nazionale della green economy, formato da 66 organizzazioni di imprese, principale organizzatore degli Stati, ci darebbe anche la ricetta, un decalogo per imprese, istituzioni e Governo:
1. Inserire la transizione alla green economy fra le priorità dell’agenda parlamentare e di governo
Una larga maggioranza di cittadini – il 58% – è abbastanza o molto informato sulla green economy e ben il 70% attribuisce importanza alle politiche pubbliche per l’attuazione delle misure di green economy. Nella graduatoria che fanno i cittadini degli elementi trainanti per lo sviluppo locale, la green economy sta nel gruppo di testa poco dietro la filiera agroalimentare, l’imprenditoria giovanile e il turismo, ma molto avanti rispetto alla manifattura e anche alle nuove tecnologie (Indagine condotta da Demetra opinioni e coordinata da Ketty Vaccaro del Censis-2017).
2. Fare della sfida climatica l’occasione per rinnovare il sistema energetico, rilanciando le rinnovabili e l’efficienza
L’Italia deve definire un quadro strategico a medio e lungo termine chiaro e coerente, puntando a ridurre le emissioni di gas serra del 50% entro il 2030 e di oltre l’80% al 2050 rispetto al 1990 e raddoppiare il contributo delle rinnovabili al 2030 attraverso l’istituzione di un Fondo nazionale per la transizione energetica alimentato con misure di carbon pricing, compresa una carbon tax progressiva.
L’Italia è uno dei Paesi europei più esposti ai rischi del cambiamento climatico e ha un interesse strategico alla riduzione della dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili. Quando servirebbe accelerare il passo in questo settore, l’Italia sta rallentando nelle politiche per il clima: le emissioni di gas serra nel 2015 sono aumentate (+2,8%), per il 2016 non ci sono ancora dati definitivi ma stime di un lieve calo. Gli investimenti nelle rinnovabili sono dimezzati negli ultimi 4 anni: da 3,6 Mld nel 2013 a soli 1,7 Mld nel 2016. Nei primi 8 mesi del 2017 la produzione di elettricità da fonti rinnovabili è scesa ancora del 5% rispetto al 2016. Le emissioni specifiche di CO2 per KWh, dopo essere calate per molti anni, hanno ripreso a crescere.
3. Puntare sull’economia circolare per superare il modello lineare di spreco e alto consumo di risorse
Per ottenere questo risultato occorre recepire rapidamente il pacchetto economia circolare e rifiuti, incentivare la riduzione della produzione di rifiuti, migliorare la riciclabilità dei prodotti e svilupparne il mercato, rendere residuali incenerimento e discarica.
Nel 2016 la raccolta differenziata dei rifiuti urbani ha raggiunto il 52,5%. Il riciclo è al 47,7% e lo smaltimento in discarica è sceso al 25% con 7,4 Mton (la metà del 2010). Vi sono diverse Regioni che superano ormai il 60% di raccolta differenziata (Veneto, Trentino Alto Adige, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Sardegna e Marche) ma ve ne sono 4 che sono ancora sotto il 35% (Sicilia, Molise, Calabria e Puglia). Nel 2016 gli imballaggi avviati al riciclo sono arrivati a 8,5 Mton pari al 67,1% (obiettivo UE 55%); la raccolta della frazione organica è cresciuta di 450 mila tonnellate ed è arrivata a 6,5 Mton. La forte crescita delle raccolte e del riciclo non è accompagnata da corrispondenti sbocchi di mercato con difficoltà in particolare per le plastiche e per la carta.
4. Attivare un Piano nazionale per la rigenerazione urbana, supportato con gli strumenti e gli indirizzi della green economy
Per raggiungere l’obiettivo, attivare percorsi diffusi di rigenerazione green delle città. Il Piano nazionale per la riqualificazione delle aree urbane degradate e il “bando periferie” hanno attivato progetti in 120 città per un importo totale di 2,1 miliardi. C’è un certo fermento di iniziative, ma se si confrontano le città italiane con altre città europee si registra, tuttavia, un certo ritardo. Per esempio, nessuna città italiana ha mai vinto o è stata inserita nella rosa dei finalisti dell’European Green Capital Award, istituito dalla Commissione Europea nel 2010.
5. Far cambiare direzione alla mobilità urbana dando priorità nell’allocazione degli investimenti pubblici nelle infrastrutture in favore della mobilità urbana e prevedere divieto di immatricolazione per le auto diesel e benzina al 2030.
L’Italia è fra i Paesi europei con il numero più alto di decessi prematuri annuali causati dall’inquinamento atmosferico: oltre 90.000, 1.500 per milione di abitanti. Sono migliorate le tecnologie, ma il traffico è rimasto elevato e le emissioni reali delle autovetture diesel e benzina sono risultate maggiori di quelle dichiarate. L’Italia è il Paese europeo con il tasso di motorizzazione privata più alto, con oltre 600 autoveicoli, a benzina e diesel, ogni 1000 abitanti.
6. Assicurare lo sviluppo di un’agricoltura sostenibile, di qualità e multifunzionale fermando il consumo di suolo agricolo e con misure di adattamento al cambiamento climatico e promuovendo e tutelando l’agricoltura italiana orientata alla qualità e alla sicurezza.
L’Italia è il secondo esportatore di biologico al mondo, dopo gli USA, con 1,6 Mld di euro nel 2015. L’Italia è in testa anche per prodotti agroalimentari certificati nel 2016, con ben il 27,5% del totale europeo, davanti alla Francia con il 22,6%. La superficie agricola totale è diminuita negli ultimi 20 anni del 24% e l’aumento degli eventi climatici estremi (siccità e alluvioni) stanno recando danni rilevanti all’agricoltura.
7. Promuovere l’elevata qualità ecologica quale fattore decisivo per il successo delle imprese italiane attraverso una riforma della fiscalità in chiave green riallocando le agevolazioni dannose per l’ambiente, indirizzando meglio la digitalizzazione, al centro del Programma di Industria 4.0, per dare impulso allo sviluppo della green economy.
Le imprese della green economy in Italia hanno ormai un peso rilevante. Il 42% delle imprese italiane è collocabile nella green economy.
8. Tutelare e valorizzare il capitale naturale e i servizi eco-sistemici come asset per la qualità del benessere e il futuro dell’economia.
Il consumo di suolo va fermato. Il sistema delle aree protette ha un’estensione di 9,5 milioni di ettari, il 21% della superficie terrestre. L’Italia è uno dei Paesi europei più ricchi di biodiversità. Negli ultimi sessanta anni la superficie forestale nazionale si è triplicata, circa 11.1 milioni di ettari, il 37% del territorio nazionale. Dal 2012 gli incendi in Italia hanno bruciato 38 mila ettari di boschi all’anno, dal 1 gennaio al 25 ottobre 2017 c’è stata un’impennata con 135.323 ettari di boschi bruciati. Il consumo di suolo è passato dal 2,7% negli anni ’50 (8 mila km²) al 7,6% (23 mila km²) del 2016.
9. Investire nella gestione delle acque per assicurare una risorsa strategica, per eliminare gli sprechi e ridurre i rischi di alluvioni. Promuovere il riutilizzo
L’estate 2017 è stata la seconda più calda dal 1800 con 2,5° sopra media, con un ammanco di pioggia del 40% rispetto al periodo 1971-2000 (CNR-ISAC). Nel 2015 è andato disperso il 38,2% dell’acqua potabile immessa nelle reti di distribuzione, con un peggioramento rispetto al 2012, quando era il 35,6% (ISTAT, Focus 2017). Il 22% delle condotte ha più di 50 anni. Il territorio italiano esposto a pericolosità elevata di alluvione è pari a 12 mila km² con 1,9 milioni di abitanti e a pericolosità media di 24 mila km² con 5,9 milioni di abitanti. Secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente, tra il 1980 e il 2015 l’Italia ha subito danni per 65 miliardi di euro a causa di eventi climatici estremi.
10. Rendere più efficaci le politiche pubbliche
La transizione alla green economy richiede impegnative e coerenti riforme e maggiore impegno delle amministrazioni pubbliche che devono operare, a tutti i livelli, con maggiore celerità ed efficacia. Il settore pubblico deve diventare un riferimento per le buone pratiche, le migliori tecniche e i migliori standard. Le pubbliche amministrazioni vanno qualificate e rafforzate, mobilitando e valorizzando le professionalità e le risorse migliori. Occorre rendere verdi tutti gli acquisti delle pubbliche amministrazioni, riconoscendo anche i costi e i benefici ambientali nella valutazione delle offerte più vantaggiose. Per affrontare le sfide impegnative di questa transizione occorre un maggiore impegno della ricerca pubblica, della formazione scolastica e universitaria e del supporto tecnico all’implementazione e alla diffusione dell’eco-innovazione.