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Perché, per l’Europa, gli USA sono la nuova Russia (del gas)

Gli Stati Uniti attualmente forniscono all’Europa quasi il 50% del loro GNL, e il gas naturale liquefatto ha superato il gas naturale come maggiore fonte di approvvigionamento energetico

Il Texas è il più grande produttore americano di GNL, gran parte del quale viene spedito in Europa. Ciò che è preoccupante per l’Unione europea, è che lo Stato americano è anche il punto di partenza di un crescente movimento di protesta che spinge Washington a ridurre le esportazioni per salvare il clima.

In vista delle elezioni americane di novembre, il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha disposto una pausa temporanea nell’approvazione di nuovi progetti di GNL, congelando di fatto l’espansione delle infrastrutture di esportazione USA, in una mossa che guarrda agli elettori attenti al clima.

L’IMPORTANZA DEL GNL AMERICANO PER L’UNIONE EUROPEA

Mentre i gruppi ambientalisti hanno elogiato la decisione, gli europei sono sempre più preoccupati per la riduzione dell’offerta e l’aumento dei prezzi. L’Ue ha scommesso molto sul GNL statunitense nel 2022 dopo aver evitato l’energia russa a basso costo su cui aveva fatto affidamento per anni. Ha speso miliardi in infrastrutture per il GNL e ha firmato decine di nuovi contratti.

Queste decisioni ora vengono messe in discussione: l’Europa – si legge in un articolo su Politico – ha barattato la sua dipendenza dalla Russia con una dipendenza dall’America? Gli Stati Uniti attualmente forniscono all’Europa quasi il 50% del loro GNL – rispetto a circa un quarto di prima della guerra – e il GNL ha superato il gas come maggiore fonte di approvvigionamento energetico.

“Dopo aver sperimentato il pericolo di mettere a rischio la sicurezza dell’approvvigionamento dipendendo troppo da una sola fonte, l’Europa deve imparare dagli errori del passato ed evitare di diventare eccessivamente dipendente dagli Stati Uniti”, ha avvertito Ana Maria Jaller-Makarewicz, analista dell’Institute for Energy Economics and Financial Analysis, in un recente rapporto, secondo cui la domanda di GNL in Europa è ancora in crescita.

LA SOSTITUZIONE DEL GAS RUSSO DOPO LA GUERRA IN UCRAINA

Dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, nel 2022, l’Unione europea e il Regno Unito hanno fatto a gara per sostituire il gas di Mosca – in gran parte consegnato tramite gasdotti in tutto il continente – con spedizioni marittime di GNL americano. Oggi sono luoghi come Port Arthur, piuttosto che la Siberia, a riscaldare le case e le industrie europee ad alto consumo di energia, un cambiamento che ha evitato la catastrofe quando la Russia ha chiuso i rubinetti.

Ecco perché la decisione di Biden di ridurre potenzialmente la produzione di GNL ha scosso l’industria europea, anche se la pausa, se prolungata dopo le elezioni, si farà sentire solo tra 10-15 anni.

I PREZZI DEL GAS E I CONTRATTI SUL GNL

L’associazione di categoria EuroGas ha scritto alla Casa Bianca sollecitando un’inversione di rotta, avvertendo di “un ritorno a prezzi record causati dal calo dell’offerta russa”. Dopo l’inizio della guerra, le aziende europee hanno rapidamente ampliato le proprie infrastrutture portuali e costruito impianti di rigassificazione, pianificando importazioni a lungo termine dagli Stati Uniti.
Le aziende hanno firmato anche una serie di contratti GNL a breve termine con aziende statunitensi, fornendo flessibilità, man mano che le fonti di energia rinnovabile proliferano, ma rendendo più difficile garantire prezzi bassi e sapere da dove arriverà l’energia tra 5 o 10 anni.

“Non siamo ottimisti, ma direi che rispetto a due anni fa almeno siamo in uno stato neutrale. Se vogliamo avere forniture affidabili dagli Stati Uniti, dobbiamo accettare alcuni contratti a medio termine”, ha affermato Torben Brabo, presidente di Gas Infrastructure Europe, che rappresenta gli operatori e l’industria di tutto il continente.

Alla CERAweek di Houston del mese scorso, i presidenti delle compagnie energetiche – tra cui il vicepresidente di ExxonMobil, John Ardill, la cui azienda vuole iniziare le trivellazioni di gas nel Mediterraneo orientale – hanno avvertito l’Europa che deve diventare più autosufficiente. “Riorientare il GNL e costruire terminal di rigassificazione non sono soluzioni a lungo termine”, ha spiegato Ardill.

LE IMPORTAZIONI DI GNL DAGLI USA E  I TERMINAL DI RIGASSIFICAZIONE

Di fronte alle richieste rivolte al settore energetico di garantire più GNL statunitense e di aumentare la produzione locale di gas naturale, gli attivisti climatici europei affermano di essere scettici sulla reale necessità di una delle due opzioni. “Vediamo la protesta del settore, ma pensiamo che sia esagerata”, ha affermato Esther Bollendorff, esperta di politica del gas di Climate Action Network Europe. Secondo Bollendorff l’Europa ha subito “uno spostamento tettonico” dall’invasione della Russia, sottolineando che il consumo medio di gas dell’Ue è diminuito di circa un quinto. Nel frattempo, ha aggiunto, “l’Ue sta costantemente aumentando la propria energia rinnovabile e mira a ridurre di un ulteriore 30% il consumo di gas entro il 2030. Dal 2022, però, abbiamo 8 terminal GNL nuovi o ampliati che entreranno in funzione. C’è un eccesso di capacità ed è probabile che rimarranno bloccati, perché il tasso di utilizzo della capacità esistente oggi è inferiore al 60%”.

Secondo Nicolas Gonzalez Casares, eurodeputato del partito socialista spagnolo – che ha supervisionato la costruzione di nuove importanti infrastrutture per il GNL – e membro della Commissione Energia del Parlamento europeo, “l’espansione non è stata un errore, perché avevamo bisogno di questa energia e la nostra dipendenza dalla Russia era così forte che non possiamo dire no al GNL in questi due anni; adesso, però, la priorità dovrebbe essere la sostituzione del gas con le rinnovabili. Non vogliamo questo business, il nostro compito è avere energia pulita qui in Spagna e in Europa”.

I rappresentanti del settore mettono in guardia dal lasciare indietro i combustibili fossili troppo rapidamente. Insistono sul fatto che, anche nell’ambito dei piani di riduzione del gas dell’Unione europea, c’è ancora la necessità di garantire forniture aggiuntive di GNL, soprattutto data la pressione per disinvestire dalle esportazioni di Mosca.

Narek Terzian, portavoce dell’International Association of Oil and Gas Producers, ha sottolineato “un divario tra la domanda prevista (secondo le attuali previsioni Ue) e l’offerta effettiva di cui siamo a conoscenza, se si elimina la Russia. Questo è il gap di offerta da colmare, ed è estremamente importante che l’Europa riesca ad assicurarsi i volumi necessari dagli Stati Uniti”.

I DATI SULLA DOMANDA EUROPEA DI GAS

I numeri dipingono un quadro contrastante: secondo l’Institute for Energy Economics and Financial Analysis, la domanda europea di gas nel 2023 ha toccato il minimo storico negli ultimi 10 anni. Il calo è stato causato, però, principalmente da tre Paesi: Germania, Italia e Regno Unito. Secondo l’istituto, nel complesso la domanda di GNL in Europa non raggiungerà il picco prima del 2025.

Nel frattempo, l’industria del gas sostiene che ulteriori investimenti nel GNL non limitano l’Europa alle forniture statunitensi, poiché “potrebbe ottenere GNL anche da produttori come Norvegia e Qatar”, ha affermato Brabo, responsabile di Gas Infrastructure Europe. Per Brabo, i porti in futuro potrebbero essere riconvertiti per i combustibili a minore intensità di carbonio, e nell’immediato possono essere utilizzati per il biometano e l’idrogeno verde”.

DALLA DIPENDENZA DAL GAS RUSSO A QUELLA DAL GNL AMERICANO

Per ora l’Ue resta fuori dalla mischia. “Come per tutti gli scenari ipotetici, non speculeremo su potenziali tagli degli Stati Uniti nella produzione o nella fornitura all’Unione europea”, ha dichiarato a Politico un alto funzionario Ue. Il mese scorso alcuni funzionari dell’Unione europea e degli Stati Uniti si sono incontrati a Washington per colloqui nell’ambito del Consiglio energetico Ue-USA, ma la questione dei permessi per il GNL non era nell’agenda ufficiale.

C’è poi il fattore Donald Trump: se l’ex presidente USA tornasse alla Casa Bianca, è quasi certo che spingerebbe per una massiccia espansione dei combustibili fossili, calpestando la scienza climatica convenzionale.

Se un boom americano della produzione di GNL probabilmente farebbe scendere i prezzi, in particolare per i contratti a breve termine favoriti dall’Ue, solleverebbe domande scomode sul fatto che i Paesi europei stiano consentendo una crociata anti-ambientale. E solleverebbe anche lo spettro che l’Europa abbia tolto il controllo dei suoi mercati energetici al presidente russo Vladimir Putin e lo abbia ceduto al presidente americano Trump.

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