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Impianti Stellantis a rischio, Gentiloni bacchetta i politici sul Pnrr, fondi colonnine inutilizzati, caos Superbonus. Cosa c’è sui giornali di oggi

Futuro di impianti di Stellantis Mirafiori e Melfi a rischio, Gentiloni chiede più consapevolezza su riforme e investimenti del Pnrr, i fondi per le colonnine elettriche del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dimenticati, la cura Giorgetti rallenta il Superbonus e le banche sono preoccupate per il blocco del mercato dei crediti per le novità sul Superbonus. La rassegna dell’energia

Il futuro degli stabilimenti Stellantis di Mirafior e Melfi è a rischio dopo l’accordo con Leapmotor. Gentiloni bacchetta i politici e chiede più consapevolezza su riforme e investimenti del Pnrr. Male i primi bandi PNRR per le colonnine, cresce l’attesa per i secondi mentre si rischia di non avere tempo per i terzi. Le banche sono sempre più preoccupate del possibile blocco del mercato dei crediti a causa delle novità sul Superbonus. Intanto, la cura Giorgetti rallenta il Superbonus.

AUTO ELETTRICA, A RISCHIO FUTURO DI MIRAFIORI E MELFI

“La crisi dell’industria italiana dell’auto è scritta nei numeri di Mirafiori e Melfi, il più antico e il più “giovane” tra gli stabilimenti Stellantis in Italia. Se l’anno scorso lo stabilimento storico di Torino ha raggiunto le 80mila unità, quest’anno, complice il crollo dei numeri della Fiat 500 elettrica e la fine della produzione della Maserati Levante, i volumi potrebbero attestarsi tra le 30 e le 40mila unità, avvicinandosi al minimo storico toccato tra 2013 e 2016 e nel 2019”, si legge sull’edizione odierna de Il Sole 24 Ore.

“(…) Oggi alle Carrozzerie di Mirafiori, dove si fa l’assemblaggio finale delle auto – Fiat 500 elettrica e Maserati GT e GC – è tutto fermo fino al 6 giugno, dalle linee produttive non esce un solo modello. L’azienda ha aperto una finestra per le uscite volontarie su un migliaio di posizioni: in una settimana hanno già firmato in 300 tra le tute blu e procede a ritmo serrato anche l’adesione tra ingegneri e tecnici. «Per Mirafiori chiediamo un modello capace di produrre volumi, da affiancare alle produzioni in corso» ricorda il segretario nazionale della Fim-Cisl Ferdinando Uliano. I sindacati metalmeccanici chiedono da settimane un incontro urgente al Governo, sono tornati sul punto dopo le parole del ceo di Stellantis, Carlos Tavares, durante la call dedicata alla collaborazione con Leapmotor durante la quale Tavares ha escluso, al momento, possibili ricadute industriali in Italia e in Europa”, continua il quotidiano di Confindustria.

“(…) Il primo trimestre dell’anno ha registrato una produzione dimezzata a Mirafiori come anche a Melfi (e a Cassino). Un andamento che finirà per condizionare la produzione annuale, già ridotta del 10% nel primo trimestre dell’anno e con una situazione in peggioramento. Ma a guardare bene, le due crisi hanno caratteristiche ben diverse e, forse, differenti prospettive industriali. «Su Mirafiori pesa l’incognita relativa al futuro di Maserati all’interno del Gruppo Stellantis, oltre che il crollo dei volumi della 500 elettrica – spiega il segretario della Fim Uliano – Melfi, che pure registra volumi vicini ai minimi storici, ha dalla sua l’assegnazione più ampia e in tempi stretti di nuovi modelli grazie alla piattaforma Stla Medium»”, conclude il quotidiano, sottolineando che il futuro industriale dell’impianto è incerto.

PNRR, GENTILONI: “SERVE PIÙ CONSAPEVOLEZZA SU RIFORME E INVESTIMENTI

“La politica economica rimane il tallone d’Achille dell’Italia. Mentre il governo si appresta a preparare un difficile piano pluriennale di aggiustamento del debito, in base alle nuove regole di bilancio, Bruxelles continua a monitorare il rispetto del piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr)”, si legge sull’edizione odierna de Il Sole 24 Ore, che riporta un’intervista al commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni, il quale ha lamentato una insufficiente consapevolezza degli attori italiani riguardo l’importanza di concretizzare riforme e investimenti.

“Il rispetto del calendario è importante. Ancora più importante è l’impegno preso di adottare riforme e investimenti. Sotto questo profilo le sfide non mancano. Il processo italiano è in corso e la sua conclusione è lontana. Per ora, l’Italia rispetta più o meno il calendario previsto. Non voglio entrare nel dibattito italiano sul modo in cui il denaro è realmente speso. (…) Credo che sia necessaria una forte consapevolezza da parte di tutti gli attori italiani sulla necessità di introdurre le riforme previste e gli investimenti attesi. (…) Abbiamo bisogno di finanziamenti pubblici in comune o siamo l’unica area al mondo a non averne bisogno”, ha detto Gentiloni al quotidiano di Confindustria.

“(…) Le nuove regole del Patto di Stabilità prevedono che in settembre i governi presentino un piano pluriennale di finanza pubblica. Quello italiano sarà inevitabilmente segnato da un elevatissimo debito pubblico e da una probabile procedura per deficit eccessivo, la cui apertura è prevista in giugno”, conclude Gentiloni.

AUTO ELETTRICHE, USATI POCHI FONDI PNRR

“Un percorso a ostacoli per i bandi destinati alla realizzazione della rete di colonnine per le auto elettriche. L’obiettivo è di arrivare, sulla spinta del Pnrr, a 13.775 per le strade urbane e 7.500 per le superstrade. I primi due bandi chiusi lo scorso anno (270 milioni per 6.500 infrastrutture) sono andati male, non è stato assegnato nessun contributo in ambito extraurbano (per cui erano previsti 150 milioni), mentre in quello urbano ci sono state defezioni importanti come quella di Eni. Ora si aspettano le nuove gare, ma il tempo stringe e il mercato dell’elettrico langue”, si legge sull’edizione odierna de Il Sole 24 Ore.

«(…) Bisogna accelerare nei prossimi mesi per avvicinarsi all’obiettivo, altrimenti i tempi rischiano di allungarsi troppo e potrebbe non esserci lo spazio per una terza tornata di bandi per recuperare il gap accumulato», evidenzia Francesco Naso segretario di Motus-E. Cosa non ha funzionato nelle precedenti gare? Ambiti troppo grandi, con un numero minimo di colonnine per ogni lotto, tempi stretti – trenta giorni – per preparare le istanze e infine pesanti incognite sulla tempistica di collegamento alla rete elettrica”, continua il quotidiano di Confindustria.

“(…) Due i temi industriali che Motus-E mette sul tavolo e che rischiano di trasformare la corsa alla implementazione della rete di ricarica in una enorme occasione mancata. «È importante dare la possibilità anche agli operatori più piccoli e non soltanto ai grandi player di partecipare, ritoccando ad esempio il numero minimo di colonnine da installare – spiega Naso – guardiamo inoltre alla modalità adottata in Francia, con bandi a sportello e contributi ex post agli operatori interessati»”, conclude il Sole 24 Ore.

LA CURA GIORGETTI RALLENTA IL SUPERBONUS

Battuta d’arresto per il Superbonus. “La cura del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti centra per la prima volta, proprio nei giorni del via libera alla legge di conversione del decreto 39/2024, l’obiettivo di far rallentare il superbonus. Dicono questo i dati pubblicati ieri dall’Enea, nel consueto report mensile, stavolta sull’andamento dell’agevolazione ad aprile. Dopo mesi di corsa folle, lo sconto fiscale torna a essere un’agevolazione ordinaria. E, pur registrando una spinta ancora notevole, si attesta su livelli molto più sostenibili per le casse dello Stato. Nel corso dell’ultimo mese, infatti, sono state registrate asseverazioni per circa 350 milioni di investimenti e poco più di mille nuovi cantieri in ambito condominiale”, si legge sull’edizione odierna de Il Sole 24 Ore.

Il quotidiano di Confindustria sottolinea che sono dati importanti perché “(…) sono i primi che non risentono dell’onda lunga della fine del 2023. Per comunicare all’Enea le asseverazioni, infatti, ci sono di regola 90 giorni. Quindi, fino alla fine di marzo del 2024 i dati risentivano ancora della corsa a intercettare gli ultimi giorni dello sconto al 90/110 per cento. Una corsa che ha portato alla realizzazione di miliardi di lavori. Con una progressione eloquente: 4,3 miliardi di investimenti a gennaio, 4,5 miliardi a febbraio e 5,7 miliardi a marzo. Nel mese di aprile, invece, i numeri fanno totalmente riferimento allo sconto al 70 per cento. E si tratta di numeri in fortissimo calo, che riportano lo sconto fiscale, dal punto di vista del ministero dell’Economia, su livelli sostenibili per i conti pubblici. Le manovre di taglio e blocco di questi mesi portano, insomma, per la prima volta degli effetti tangibili”, continua il giornale.

“(…) I nuovi cantieri sono stati, per la precisione, 1.063 per 344 milioni di euro di nuovi investimenti ammessi. Gli investimenti conclusi, invece, valgono poco più di 380 milioni e le detrazioni maturate circa 400 milioni. Per fare un confronto, nel mese precedente erano state maturate detrazioni per 7,8 miliardi in oltre 13mila nuovi cantieri. Si tratta di investimenti nei condomini, che nel 2024 restano gli unici ancora ammessi allo sconto fiscale”, conclude il quotidiano, aggiungendo che nei prossimi mesi il Superbonus non si fermerà, poiché “(…) sono ancora molti i lavori già asseverati e in attesa di essere completati. La riserva di cantieri da realizzare vale, al momento, ancora circa 5,5 miliardi di euro”. (Energia Oltre – edl)

SUPERBONUS, BANCHE PREOCCUPATE BLOCCO MERCATO CREDITI

“La stretta del governo al Superbonus fa scivolare le banche dentro a un labirinto. Davanti all’uscita si alza un muro, a causa del divieto di compensare i crediti di imposta relativi ai bonus edilizi con i contributi previdenziali e i premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. Un vero e proprio blocco che impedirà agli istituti di smaltire una parte importante dei crediti che hanno in pancia: i contributi Inps e i premi Inail rappresentano, infatti, le voci di compensazione più sicure e stabili nel tempo perché fanno riferimento al numero dei dipendenti, che è noto e varia poco”, si legge su La Repubblica di oggi.

“(…) A prendere forma sarà un effetto domino al contrario, che penalizzerà le imprese da cui le banche acquistano i crediti. Perché più la compensazione si fa complicata, meno spazio fiscale hanno gli istituti per accogliere i crediti in entrata. Il risultato? La catena della cessione si incepperà: le aziende si troveranno ingolfate, senza appunto la possibilità di vendere i loro crediti. E quindi a corto della liquidità che avevano messo in conto di incassare”, continua il quotidiano.

“(…)In pratica un invito ad acquistare una quantità di crediti in linea con la capacità di sfruttarli a fini fiscali. In questo modo, i crediti hanno una ponderazione zero, senza la necessità per le banche di procedere ad accantonamenti. Bloccata, in parte, l’uscita della compensazione, la vendita rende i crediti rischiosi, assimilabili ai derivati. Il divieto sulla compensazione scatterà dal primo gennaio del 2025, ma riguarderà tutti i crediti, anche quelli “vecchi” che sono stati generati fino ad ora. Per questo l’Abi critica “la retroattività” prevista dal decreto. Un argine contro il debito per Giorgetti, ma le banche “annusano” invece la volontà di bloccare le vendite nel mercato secondario dei crediti”, conclude il quotidiano Gedi.

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