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Ecco perché le aree marine protette non potranno più salvare i mari

Le aree marine protette non riusciranno a ridurre il rischio di estinzione delle specie, secondo uno studio pubblicato su One Earth. Ecco perché

Le aree marine protette d’Europa non saranno sufficienti a conservare specie e habitat naturali. È quanto emerge da un recente studio pubblicato sulla rivista One Earth, che sottolinea come ormai queste zone offrano solamente una protezione “marginale” contro le attività industriali quali il dragaggio, l’estrazione mineraria e la pesca a strascico. L’obiettivo di ridurre il rischio estinzione della specie marine è a rischio. Ecco perché.

PERCHE’ LE AMP NON BASTANO PIU’

I mari europei contano diverse zonee delimitate, chiamate aree marine protette, che impediscono attività industriali quali la pesca a strascico, l’estrazione mineraria e il dragaggio. Tuttavia, questi santuari del mare non sarannno sufficienti a raggiungere gli obiettivi di protezione della natura (fauna, flora, ecosistemi), secondo un recente studio pubblicato su One Earth

Le direttive europee sono troppo “flessibili” in materia di protezione dei mari. Per questo, l’Ue dovrà mettere in campo “modifiche radicali” alla regolamentazione delle attività nelle aree protette se vuole raggiungere gli obiettivi in materia di biodiversità. È quanto scrivono i ricercatori nello studio pubblicato su One Earth, che mostra come l’obiettivo di ridurre il rischio di estinzione della specie sarà irraggiungibile di questo passo, secondo quanto riporta The Guardian.

“Affinché le AMP possano fornire i benefici sociali ed ecologici attesi, il loro ruolo nella regolamentazione delle attività umane per limitare gli impatti negativi dovrebbe essere messo in discussione”, hanno affermato gli autori.

“Ottenere che l’UE faccia qualcosa in questo campo è estremamente difficile, poiché la regolamentazione dovrebbe essere giuridicamente vincolante. Spetterà ai singoli Stati o alle autorità regionali agire per raggiungere questi obiettivi”, ha affermato Aminian-Biquet, autrice principale dello studio.

AREE MARINE PROTETTE, LA SITUAZIONE

L’86% delle aree marine protette (AMP) in Ue non offre sufficiente salvaguardia ai mari, rendendo molto complicato raggiungere l’obiettivo di proteggere il 30% delle acque entro il 2030, di cui il 10% “rigorosamente” protetto da attività dannose.

“Si tratta della prima valutazione di dove siamo in termini di protezione. Questo dimostra che siamo all’inizio della protezione dei nostri oceani”, ha detto al The Guardian Juliette Aminian-Biquet, autrice principale del documento e ricercatrice presso l’Università del l’Algarve, centro portoghese per le scienze marine.

LA RISPOSTA DELL’UE

La Commissione europea ha risposto allo studio invitando gli Stati membri a gestire tutte le aree marine protette secondo le direttive e gli impegni dell’UE.

“La commissione prende atto della recentissima pubblicazione e dei suoi principali risultati”, ha detto un portavoce di Bruxelles, aggiungendo che il piano d’azione marino UE 2023 ha raccomandato agli Stati membri di eliminare gradualmente la pesca a strascico nelle aree marine protette entro il 2030.

Tuttavia, a gennaio il Parlamento Europeo ha respinto la proposta e, ad oggi, la maggior parte degli Stati membri dell’UE non ha ancora adottato misure contro la pesca con reti a strascico, ad eccezione di Svezia e Grecia, il primo paese a vietarla nelle zone marine protette.

CHI PROTEGGE DI PIU’ I MARI?

La Germania si aggiudica lo scettro di Paese più attento in Europa alla salvaguardia dei mari. infatti, il 45% delle acque nazionali rappresentano aree marine protette. In seconda posizione troviamo invece la Francia, seguita dal Belgio. Invece, la Slovenia è lo Stato che meglio riesce a contrastare l’attività distruttiva nelle sue aree protette, sebbene il numero complessivo di aree marine protette nelle sue acque sia relativamente basso rispetto ad altri paesi.

Il Mediterraneo e il Mar Baltico sono i due mari con i più alti livelli di “forte protezione”, dette aree altamente o completamente protette poiché non consentono attività estrattive o pesca occasionale.

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