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Cosa si sono detti (anche sull’energia) Giorgia Meloni e Donald Trump

La premier, durante l’incontro a Washington con il presidente americano, ha affermato che “nei prossimi anni verranno investiti circa 10 miliardi, e questo dimostra quanto le nostre economie siano interconnesse”

Come è stato riportato dalla maggioranza dei media, l’incontro tra la premier italiana Giorgia Meloni e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump è stato caratterizzato da schiettezza e pragmaticità. Inoltre, la premier ha detto di ritenere “che ci si debba parlare con franchezza e trovarsi a metà strada. La via migliore è parlare francamente dei bisogni che ognuno ha e trovarci a metà strada”.

MELONI E TRUMP: L’ACCORDO SUI DAZI E L’ACQUISTO DEL GNL AMERICANO

Sul versante economico, Meloni ha detto di confidare nel raggiungimento di un’intesa tra Stati Uniti e Unione europea: sui dazi “sono sicura che si possa raggiungere un accordo”. Per quanto riguarda invece il settore energetico, la premier ha dichiarato che “l’Italia dovrà aumentare le importazioni di GNL, e anche sul nucleare stiamo cercando di svilupparci. Su questo potremo lavorare insieme. Le imprese italiane investiranno, come hanno già fatto per molto tempo. Nei prossimi anni verranno investiti circa 10 miliardi, e questo dimostra quanto le nostre economie siano interconnesse”.

L’idea di acquistare più gas americano rientra nella strategia per compensare lo squilibrio commerciale con gli Stati Uniti e ridurre la dipendenza energetica dalla Russia, in linea con gli obiettivi europei​.

QUANTO GNL IMPORTA L’ITALIA DAGLI USA? FORNITURE AL SECONDO POSTO DOPO IL QATAR

Nel 2024 l’Unione europea ha importato GNL per oltre 100 miliardi di metri cubi. Gli Stati Uniti sono il maggiore fornitore di gas liquefatto per il continente, rappresentando quasi la metà delle importazioni (45,5%). Per l’Italia lo scorso anno gli Stati Uniti, con una quota del 34,5%, hanno rappresentato il secondo fornitore di GNL al mondo dietro al Qatar, che detiene una quota del 43,6%, e davanti all’Algeria (14,8%). In termini quantitativi, il nostro Paese nel 2024 ha importato complessivamente dagli USA 1,9 miliardi di metri cubi di gas.

Gli Stati Uniti da qualche anno sono i maggiori fornitori di GNL al mondo, grazie al boom generato dallo shale gas. Sul fronte dell’offerta, ad oggi i terminal statunitensi per l’esportazione di GNL hanno una capacità complessiva di 85 milioni di tonnellate all’anno, circa 117 miliardi di metri cubi. E per il 2025 (o più probabilmente per il 2026, visto che alcuni progetti sono in ritardo) è previsto un incremento del 26% dell’attuale capacità, per un totale di quasi 30 miliardi di metri cubi all’anno.

LA VISIONE DI TRUMP VERSO UNA “ENERGY DOMINANCE” E IL RUOLO DEL NUCLEARE: L’EDITORIALE DI ASPENIA

“Nonostante il quadro normativo internazionale sia evoluto con accordi su impegni collettivi – in particolare gli Accordi di Parigi del 2015, da cui l’America è uscita una seconda volta con la rielezione di Donald Trump – va detto che la maggioranza degli attori economici non hanno effettivamente mutato in modo radicale il proprio modello di crescita. Lo hanno semmai gradualmente adattato, ciascuno tenendo in considerazione i propri vantaggi comparati, le priorità strategiche e di sicurezza, le caratteristiche peculiari dell’economia. Inevitabilmente, anche i sistemi politici, con i meccanismi del consenso e i processi decisionali, hanno condizionato le scelte di fondo”, hanno commentato in una editoriale sulla rivista Aspenia Marta Dassù e Roberto Menotti.

“È così che gli Stati Uniti hanno gestito con molta cautela lo spostamento del proprio baricentro energetico dal petrolio di origine ‘tradizionale’ a un mix che ha sfruttato fino in fondo la disponibilità di ‘shale oil & gas’, anche per accrescere la loro influenza diretta sui mercati globali e dunque sui prezzi. Intanto, hanno approfittato della loro eredità nucleare, con centrali invecchiate e certo non all’avanguardia tecnologica, eppure tuttora utili per contenere i costi energetici. In sostanza, gli Stati Uniti (sotto amministrazioni con approcci assai diversi, come quelle di Obama, Biden e Trump) hanno comunque puntato sull’obiettivo strategico di diventare un grande produttore ed esportatore: la chiave è l’indipendenza energetica. Che permette, nella visione di Trump in modo particolare, di esercitare una vera e propria ‘energy dominance’”.

In particolare, l’energia nucleare, si legge nell’editoriale, rappresenta “un’opzione attraente come parte del mix” energetico, “soprattutto per la sua caratteristica fondamentale di fonte ‘baseload’: una fonte, cioè, che garantisce la continuità delle forniture elettriche per compensare le inevitabili intermittenze della generazione fotovoltaica ed eolica. Le capacità garantite servono ovviamente anche a stabilizzare i prezzi, che sono sensibili alle varie fluttuazioni sulle reti nazionali e sui mercati internazionali (si pensi ai prezzi volatili dello stesso gas naturale)”.

ITALIA TROPPO ESPOSTA A FORNITURE A RISCHIO GEOPOLITICO, MAGGIORE AUTONOMIA ENERGETICA NON PUÒ PRESCINDERE DAL  NUCLEARE

“Un dibattito pubblico maturo deve però partire dai dati di fondo: l’Italia (come alcuni dei suoi partner europei) dipende tuttora molto, anzi troppo, da forniture energetiche che sembrano un monumento al ‘rischio geopolitico’. Nord Africa e Golfo presentano altissimi profili di rischio anche quando queste regioni attraversano fasi di apparente quiete, mentre il gas naturale liquefatto di provenienza statunitense ci espone alla diplomazia ‘transattiva’ di Trump. Avrebbe allora senso un programma di maggiore autonomia energetica, che non può prescindere dal nucleare. La diversificazione è indubbiamente una buona soluzione, ma non è sufficiente se si rimane comunque legati a paesi che, per una ragione o per l’altra, possono interrompere le forniture, manipolare i prezzi, ricattarci – o perfino tutte queste cose assieme”, ha evidenziato ancora l’editoriale di Aspenia.

COSTA: L’ELIMINAZIONE GRADUALE DEL GNL RUSSO LASCIA SPAZIO ALLE FORNITURE STATUNITENSI

Il 6 maggio l’Unione Europea pubblicherà una tabella di marcia per eliminare gradualmente gli acquisti di combustibili fossili dalla Russia. Secondo il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa, l’imminente pubblicazione da parte dell’Unione Europea della tabella di marcia indicherà alle aziende di rifornirsi di più gas naturale liquefatto dagli Stati Uniti, scrive Bloomberg.

L’Ue, la cui dipendenza dal gas russo si è ridotta a circa il 19% delle forniture totali lo scorso anno, rispetto a oltre il 40% prima della guerra, “continuerà a ridurre le sue importazioni”, ha dichiarato Costa a Bloomberg News in un’intervista ad Amburgo all’inizio di questa settimana. “Ciò crea spazio sul mercato per importare da altri fornitori, il che significa nuove opportunità per gli Stati Uniti”, ha affermato.

Mentre i negoziati commerciali tra Stati Uniti e Unione Europea sono guidati dalla Commissione Europea, le decisioni sulla firma di nuovi contratti per l’acquisto di GNL dagli Stati Uniti sono nelle mani delle aziende e dipendono dalla loro visione del mercato e dei prezzi. Molte hanno contratti a lungo termine con la Russia, secondo Costa. “Il segnale politico che la Commissione sta dando è che ci sono buone ragioni per cui le aziende europee dovrebbero trovare buoni prezzi negli Stati Uniti”, ha affermato. “C’è una grande opportunità per aumentare le importazioni di GNL dagli Stati Uniti”.

La tabella di marcia su cui sta lavorando l’organo esecutivo dell’UE mira a offrire alle aziende europee gli strumenti per recedere dai contratti a lungo termine con la Russia. La Commissione sta valutando la possibilità di raccomandare l’uso di misure commerciali come quote o tariffe a livello Ue, secondo quanto riportato da Bloomberg News.

Sebbene sanzionare le importazioni di gas russo rappresenti, in teoria, lo strumento legale più efficace per consentire agli acquirenti dell’Ue di dichiarare la forza maggiore e interrompere gli acquisti, l’Unione europea non ha finora proposto questa misura perché non otterrebbe il sostegno unanime richiesto, a fronte dell’opposizione di Ungheria e Slovacchia. Gli strumenti commerciali, tuttavia, possono essere adottati a maggioranza qualificata.

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