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Arabia Saudita

Perché l’Arabia Saudita ha deciso di fare il gioco duro contro la Russia in Opec+

Nella riunione dello scorso 31 maggio, i ministri dell’Opec+ hanno concordato di aumentare la produzione petrolifera di 411mila barili al giorno da giugno raggiungendo gli 1,2 mln di barili al giorno

Con l’aumento della produzione petrolifera per il terzo mese consecutivo deciso all’interno di Opec+, l’Arabia Saudita sta chiaramente mettendo in atto un braccio di ferro con la Russia, l’altro grande partner all’interno dell’alleanza petrolifera.

COSA HA DECISO OPEC+

Nella riunione dello scorso 31 maggio, i ministri dell’Opec+ hanno infatti concordato di aumentare la produzione petrolifera di 411mila barili al giorno da giugno, come sottolineato dalla nota diffusa al termine dell’incontro: “In considerazione di una prospettiva economica globale stabile e degli attuali fondamentali di mercato sani, come riflesso nei bassi livelli di scorte di petrolio, e in conformità alla decisione concordata il 5 dicembre 2024 di iniziare un ritorno graduale e flessibile degli aggiustamenti volontari di 2,2 milioni di barili al giorno a partire dal 1 aprile 2025, gli otto Paesi partecipanti implementeranno un aggiustamento di produzione di 411.000 barili al giorno nel luglio 2025 rispetto al livello di produzione richiesto in giugno 2025”.

AUMENTO FORNITURE CORPOSO DI OPEC+, NON ACCADEVA DAL 2020

Con quest’ultimo aumento, nel giro di soli tre mesi, Opec+ ha deciso di fatto di aggiungere al mercato 1,2 milioni di barili al giorno di nuove forniture, un fatto che non accadeva dal 2020 quando Opec+ revocò le restrizioni imposte durante la pandemia.

L’ARABIA SAUDITAVUOLE PUNIRE I MEMBRI CHE PRODUCONO IN ECCESSO E SODDISFARE IL DESIDERIO DI TRUMP DI AVERE PETROLIO PIU’ ECONOMICO

La mossa potrebbe però aver creato uno scollamento tra Arabia Saudita e Russia, considerati i due veri e propri motori dell’alleanza, nonché i maggiori produttori petroliferi del cartello. Secondo quanto riferito a Bloomberg, “gli aumenti dell’offerta riflettono il desiderio dell’Arabia Saudita di punire i membri che producono in eccesso come il Kazakistan e l’Iraq, recuperare la quota di mercato persa a favore dei trivellatori di scisto statunitensi e di altri rivali e soddisfare il desiderio del presidente Donald Trump di avere un petrolio più economico. Offrono sollievo ai consumatori mentre l’emisfero settentrionale entra nella stagione di picco della domanda, aiutando al contempo le banche centrali alle prese con un’inflazione ostinata. Tuttavia, l’impatto sul mercato crea un rischio finanziario per i produttori di petrolio di tutto il mondo, che potrebbero trovarsi ad affrontare un periodo prolungato di bassi prezzi”.

IL 6 LUGLIO NUOVO INCONTRO DI OPEC+

Durante la riunione, “diversi membri hanno espresso riserve sulla velocità con cui l’OPEC+ stava aumentando la produzione. Russia, Algeria e Oman hanno chiesto una pausa negli aumenti”, ha aggiunto Bloomberg che ipotizza che la differenza di opinioni tra Mosca e Riad tornerà a farsi sentire il 6 luglio, quando si incontreranno di nuovo per discutere i livelli di produzione per agosto.

SI PROFILA UNA “GUERRA DEI PREZZI”?

Si profila, insomma, l’ipotesi una “guerra dei prezzi” stando all’analisi offerta da Warren Patterson ed Ewa Manthey di ING: “Presumiamo che l’OPEC+ continuerà con questi ampi aumenti dell’offerta. Ciò significherebbe che l’intera offerta di 2,2 mb/g verrà ripristinata entro la fine del terzo trimestre di quest’anno, con 12 mesi di anticipo. Questa è l’ipotesi chiave alla base della nostra previsione di prezzo per l’ICE Brent, che si attesterà a una media di 59 dollari al barile nel quarto trimestre”.

Il risultato potrebbe essere quindi un calo dei prezzi del Brent attualmente sui 64 dollari e del Wti al momento sui 62.

In nota, gli analisti di JP Morgan hanno affermato che il modello di determinazione dei prezzi “stima il valore equo del Brent a 66 dollari per giugno, con prezzi che dovrebbero rimanere a questo livello fino alla fine del terzo trimestre, prima di registrare un leggero calo nell’ultimo trimestre dell’anno, poiché l’accumulo di scorte pesa sui prezzi. “L’accumulo di scorte è già iniziato e, dopo aver saltato gennaio, è ora in linea con le nostre previsioni per il 2025-2026, che prevedevano un aumento delle scorte globali di 1,3 milioni di barili al giorno quest’anno”, hanno aggiunto.

DAL CALO DEI PREZZI DEL PETROLIO UN GROSSO PROBLEMA PER LE FINANZE DI MOSCA

Il calo dei prezzi potrebbe rappresentare un grosso problema per Mosca: da qui i contrasti con Riad durante la riunione di Opec+. Questo perché attualmente il greggio russo di qualità Urals ha un costo inferiore di circa 10 dollari al barile malgrado un leggero aumento negli ultimi giorni e un ulteriore calo dei prezzi metterebbe a rischio il bilancio russo, come spiega Bloomberg: “Il valore delle spedizioni di greggio dalla Russia è nuovamente diminuito nelle quattro settimane fino al 1° giugno, un brusco calo delle esportazioni ha compensato il primo aumento del prezzo dei principali tipi di greggio esportati da Mosca in quasi due mesi. I flussi medi di petrolio sono stati pari a 3,24 milioni di barili al giorno nelle quattro settimane fino al 1° giugno, secondo i dati di tracciamento delle petroliere raccolti da Bloomberg. Si è registrato un calo di 170.000 barili al giorno rispetto al periodo fino al 25 maggio. Le minori esportazioni hanno facilmente compensato un lieve aumento dei prezzi nel periodo considerato”.

A MAGGIO CROLLANO I RICAVI RUSSI DA PETROLIO E GAS

E infatti i ricavi russi derivanti dal petrolio e dal gas sono crollati del 35,4% annuo a maggio 2025, passando da 793,7 miliardi di rubli (10,1 miliardi di dollari) a 512,7 miliardi di rubli (6,5 miliardi di dollari) quest’anno. Lo ha affermato il Ministero delle Finanze russo secondo quanto riferito da Tass. I ricavi derivanti dal petrolio e dal gas sono diminuiti del 37,4% su base annua nel periodo gennaio-maggio 2025, attestandosi a 4,24 trilioni di rubli (53,8 miliardi di dollari). Nel maggio 2025, il bilancio ha incassato 582,2 miliardi di rubli (7,4 miliardi di dollari) dalle tasse sulle esportazioni di petrolio e gas condensato, con un calo del 42% su base annua. La tassa sull’estrazione mineraria e la tassa sull’esportazione del gas sono quasi raddoppiate, passando da 161,1 miliardi di rubli (2 miliardi di dollari) a 82,4 miliardi di rubli (1 miliardo di dollari) nel 2025.

IL VALORE LORDO DELLE ESPORTAZIONI DI MOSCA È SCESO DI CIRCA 310 MILIONI DI DOLLARI, OVVERO DEL 24%, ATTESTANDOSI A 990 MILIONI DI DOLLARI NELLA SETTIMANA CONCLUSASI IL 1° GIUGNO

Bloomberg ha ricordato che le obiezioni di Mosca a un aumento delle esportazioni in Opec+ dipendono dal fatto che la Russia “sia più preoccupata per il prezzo che per il volume, il che potrebbe indicare che potrebbe avere difficoltà ad aumentare la produzione nella misura consentita”. “I flussi di greggio nel periodo fino al 1° giugno si sono attestati a circa 3,24 milioni di barili al giorno su una media di quattro settimane, in calo di 170.000 barili al giorno rispetto al periodo fino al 25 maggio. Utilizzando dati settimanali più volatili, si è registrato un calo di circa 810.000 barili nei sette giorni fino al 25 maggio. Il valore lordo delle esportazioni di Mosca è sceso di circa 310 milioni di dollari, ovvero del 24%, attestandosi a 990 milioni di dollari nella settimana conclusasi il 1° giugno; l’effetto del calo dei flussi è stato aggravato da una diminuzione dei prezzi medi settimanali”.

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