I dazi USA fino al 160% sulla grafite cinese spingono i prezzi verso l’alto e mettono pressione sull’industria europea. La transizione green rischia di deragliare per mancanza di materie prime
Una nuova scintilla accende le tensioni globali sulle materie prime critiche e l’Ue rischia di essere fulminata. Giovedì, il Dipartimento del Commercio statunitense ha annunciato nuovi dazi antidumping preliminari del 93,5% sulla grafite di grado anodico importata dalla Cina, centrale per le batterie per veicoli elettrici. Il provvedimento, destinato a colpire importazioni per 347,1 milioni di dollari, porta le tariffe complessive fino a un massimo del 160%, alimentando una tempesta perfetta sull’approvvigionamento globale. L’Ue è molto esposta agli shock a causa della sua forte dipendenza dalle importazioni. Un fattore che rischia di azzoppare la transizione verde e far salire i prezzi delle auto elettriche alle stelle.
I DAZI USA SULLA GRAFITE CINESE SALGONO FINO AL 160%
Trump scrive un nuovo capitolo della guerra dei dazi. A maggio, un’indagine parallela antisovvenzioni aveva già colpito alcuni produttori cinesi con dazi compensativi superiori al 700%, tra cui Huzhou Kaijin e Shanghai Shaosheng. Complessivamente, le tariffe complessive possono raggiungere il 160%. La decisione potrebbe avere un impatto importante sul Vecchio Continente. Infatti, l’Ue importa il 98% della grafite che consuma, e quasi la metà arriva dalla Cina. La mossa americana rischia di innescare una corsa globale alla grafite non cinese, spingendo i prezzi verso l’alto e riducendo l’offerta disponibile sui mercati internazionali. Nel breve periodo, la domanda statunitense si riverserà su fornitori alternativi quali l’Australia, Madagascar e Mozambico accrescendo la competizione anche per i Paesi europei. Come se non bastasse, la Cina potrebbe deviare parte delle sue esportazioni verso l’Europa, aumentando così la pressione sulla filiera interna e minando la competitività dei produttori europei emergenti.
AUTO ELETTRICHE PIU’ CARE?
L’Europa si trova ad affrontare un bivio: accelerare sull’autonomia strategica o subire gli scossoni delle scelte altrui. La grafite figura nella lista delle materie prime critiche stilata dalla Commissione europea. Senza di essa, le batterie al litio non funzionano. E senza batterie l’auto elettrica si ferma. La conseguenza più visibile per i consumatori potrebbe essere una sola: auto elettriche più care. Con i costi delle batterie in salita e margini sempre più stretti, le case automobilistiche rischiano di dover scegliere tra assorbire l’impatto o ritardare il calo dei prezzi promesso al mercato di massa. In entrambi i casi, la transizione ecologica europea ne esce ammaccata.
LA RISPOSTA DELL’UE
Nel lungo termine la crisi potrebbe rivelarsi un’opportunità. Tutto dipenderà dalla risposta dell’Ue. Il rincaro della grafite spinge le aziende europee a investire in soluzioni alternative e tecnologie emergenti, dagli anodi al silicio ai progetti di riciclo. Paesi come Austria, Norvegia e Germania stanno muovendo i primi passi per estrarre grafite sul proprio territorio o raffinare capacità di lavorazione. Tuttavia, costruire un ecosistema industriale richiederà anni. Intanto, l’Europa deve camminare su un filo sottile tra la necessità di diversificare le fonti, proteggere la competitività e garantire la sicurezza strategica della sua filiera green.
L’ITALIA TORNA IN MINIERA
Dopo trent’anni di inattività, l’Italia riavvia le esplorazioni minerarie con il Programma nazionale di esplorazione mineraria generale (Pne), che stanzia 3,5 milioni di euro per 14 progetti su tutto il territorio. L’obiettivo è chiaro: contribuire all’indipendenza del Paese nel settore strategico delle terre rare, oggi dominato dalla Cina. Ma il ritardo accumulato pesa. Le risorse disponibili sembrano limitate, e l’abbandono pluridecennale delle miniere ha lasciato un vuoto difficile da colmare. A complicare la sfida ci sono anche la complessa geologia italiana, l’assenza di una filiera industriale dedicata e i fondi ancora insufficienti. Il rischio è che questa iniziativa, seppur ambiziosa, non riesca a colmare il gap con i Paesi più avanzati.