A frenare un’adozione più ampia sono soprattutto i timori per la sicurezza informatica, gli elevati costi di implementazione e la carenza di professionisti qualificati. Meno sentito, in questo settore ad alta specializzazione, è invece il rischio di perdita di posti di lavoro.
L’intelligenza artificiale si candida a diventare un abilitatore strategico per la transizione energetica, con il potenziale di generare in Italia risparmi energetici tra i 20 e i 40 TWh. Tuttavia, per trasformare questo potenziale in realtà, servono politiche mirate, incentivi per le PMI, programmi di formazione e una forte collaborazione tra industria e mondo accademico, superando le barriere legate ai costi, alla cybersecurity e alla carenza di professionisti qualificati. È questo il quadro che emerge dallo studio “Intelligenza artificiale per la gestione dell’energia”, presentato oggi a Roma da FIRE (Federazione Italiana per l’uso Razionale dell’Energia). Il report, frutto di un anno di indagini, interviste e analisi, fotografa il ruolo trasformativo che l’IA sta già avendo nel settore energetico, evidenziando le soluzioni più utilizzate e le sfide ancora da affrontare.
LE AZIENDE ITALIANE GUARDANO GIÀ AL FUTURO: LE TECNOLOGIE PIÙ USATE
La ricerca, realizzata nell’ambito della borsa di studio Bette Mebane, mostra come, almeno tra le imprese medio-grandi, l’esplorazione delle applicazioni di IA sia già una realtà consolidata. Sulla base dell’indagine condotta da FIRE, le soluzioni più utilizzate sono:
Analisi dei dati supportata dall’IA: 54%
Dispositivi abilitati al machine learning: 50%
Strumenti di analisi dei big data: 46%
Meno diffuse, per ora, le soluzioni personalizzate (24%), mentre le piattaforme di IA generativa come ChatGPT, Claude e Gemini sono “moderatamente popolari” (42%).
ENTUSIASMO E PREOCCUPAZIONI: I COSTI E LA CYBERSECURITY FRENANO L’ADOZIONE
Nonostante il forte entusiasmo per i benefici che l’IA può offrire – miglioramento delle prestazioni, maggiore efficienza energetica e più innovazione – emergono preoccupazioni specifiche. A frenare un’adozione più ampia sono soprattutto i timori per la sicurezza informatica, gli elevati costi di implementazione e la carenza di professionisti qualificati. Meno sentito, in questo settore ad alta specializzazione, è invece il rischio di perdita di posti di lavoro.
LA SFIDA DELLA DOMANDA ENERGETICA E IL POTENZIALE DI RISPARMIO
Lo studio evidenzia anche l’altra faccia della medaglia: l’aumento dei consumi energetici legato alla diffusione dell’IA. In Italia, si prevede che il fabbisogno energetico dell’intelligenza artificiale passerà dagli attuali 4 TWh a circa 10 TWh, in linea con le proiezioni del PNIEC.
Tuttavia, l’IA può agire come un potente strumento di efficienza. I risparmi energetici promossi dal suo utilizzo, stima FIRE, potrebbero attestarsi tra i 20 e i 40 TWh, un valore enorme che, però, “richiede politiche efficaci per trasformarsi in realtà”.
LE RACCOMANDAZIONI DI FIRE: INCENTIVI, FORMAZIONE E DATI APERTI
Per sbloccare questo potenziale, il report evidenzia la necessità di azioni più mirate rispetto a quelle già previste dal Green Deal europeo e dal programma Europa Digitale. Le politiche future, secondo FIRE, dovrebbero includere:
Incentivi nazionali e regionali per i progetti di efficienza energetica basati sull’IA, con un focus particolare sulle PMI.
Programmi di formazione su misura per i professionisti dell’energia.
Crediti d’imposta per gli investimenti in IA legati al risparmio energetico.
Disponibilità di dati energetici in formato “open” e fondi dedicati all’innovazione per consentire la sperimentazione, garantendo al contempo la sovranità digitale.
Lo studio si conclude con una serie di suggerimenti pratici, “passo dopo passo”, per supportare le aziende che si approcciano per la prima volta all’implementazione dell’intelligenza artificiale.