I Comuni avranno 60 giorni per comunicare i dati al Ministero dei Trasporti. Ma resta il caos sull’omologazione, con migliaia di multe ancora a rischio.
È una svolta storica per la trasparenza sugli autovelox: parte ufficialmente il censimento nazionale di tutti i dispositivi di rilevamento della velocità installati in Italia. Enti locali e forze dell’ordine avranno 60 giorni di tempo per registrare ogni singolo apparecchio su una nuova piattaforma telematica; chi non lo farà, dovrà spegnerli. La scadenza è fissata per il 30 novembre. È quanto emerge dalla pubblicazione di un decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT), firmato dal Direttore Generale per la Motorizzazione, Gaetano Servedio. Il provvedimento, atteso da mesi e più volte sollecitato da associazioni come il Codacons, rende finalmente operativa la piattaforma istituita con un precedente decreto del 18 agosto 2025, dando il via a una vera e propria corsa contro il tempo per Comuni e amministrazioni.
L’OBBLIGO DI COMUNICAZIONE E LA SCADENZA DEL 30 NOVEMBRE
Il decreto non lascia spazio a interpretazioni. La comunicazione dei dati è definita una “condizione necessaria per il legittimo utilizzo dei dispositivi”. Questo significa che, a partire dal 30 novembre 2025 – allo scadere dei 60 giorni previsti dalla norma – tutti gli autovelox non presenti nel nuovo registro nazionale dovranno essere spenti e non potranno più essere utilizzati per elevare sanzioni. L’elenco completo dei dispositivi regolarmente impiegati sul territorio sarà infine pubblicato e aggiornato sul portale istituzionale del Ministero.
COME FUNZIONA LA PIATTAFORMA DELLA TRASPARENZA
La piattaforma telematica, istituita presso il centro elaborazione dati della Direzione Generale per la Motorizzazione, funzionerà come un grande catasto degli autovelox. Le amministrazioni competenti dovranno accedere tramite il Portale dell’Automobilista o il Portale del Trasporto e compilare un documento per ogni dispositivo, inserendo una serie di dati dettagliati: la denominazione dell’ente, il codice catastale, gli estremi del decreto di approvazione, il tipo, la marca, il modello e il numero di matricola dell’apparecchio. Ogni variazione dovrà essere tempestivamente aggiornata.
IL NODO IRRISOLTO DELL’OMOLOGAZIONE
Se da un lato il censimento promette di fare chiarezza su numero e localizzazione degli apparecchi, dall’altro, come denuncia il Codacons, lascia irrisolto il problema principale: la distinzione tra approvazione e omologazione. Il caos dura ormai da 18 mesi, da quando la Corte di Cassazione, con una storica sentenza dell’aprile 2024, ha stabilito la nullità delle multe elevate da dispositivi approvati ma non formalmente omologati. Secondo le stime dell’associazione, quasi il 60% degli autovelox fissi e oltre il 67% di quelli mobili, oltre a non essere omologati, sono stati approvati prima del 2017, data che fa da spartiacque sulla validità. Una situazione che continua a generare una valanga di ricorsi da parte degli automobilisti.