L’Intelligenza artificiale divora energia. Come evitare che i data center, cuore pulsante del digitale, diventino un ostacolo alla decarbonizzazione? In un’intervista al quadrimestrale di Start Magazine Cotana ci guida in un viaggio nel futuro tra reattori modulari (SMR) e cloud
L’Intelligenza artificiale ha fame, una fame insaziabile di energia. E mentre i data center, i cervelli pulsanti della rivoluzione digitale, consumano sempre più elettricità, sorge una domanda che scuote le fondamenta della nostra strategia energetica: come alimentarli senza mandare in tilt la rete e tradire gli obiettivi climatici? Per il professor Franco Cotana, amministratore delegato di RSE e uno dei massimi esperti di energia in Italia, la risposta è una e inequivocabile: l’atomo. In questa intervista esclusiva per il quadrimestrale Start Magazine dedicato all’era delle macchine pensanti, Cotana ci guida in un viaggio nel futuro, dove piccoli reattori modulari (SMR) lavorano in sinergia con il cloud, aprendo scenari impensabili per la competitività e la sicurezza del nostro Paese.
D: Professor Cotana, la crescente domanda di energia da parte dei data center, spinta dall’intelligenza artificiale, è una delle sfide più urgenti del nostro tempo. Qual è, in sintesi, la sua visione sul ruolo che l’energia nucleare potrebbe giocare per soddisfare questo fabbisogno in modo sostenibile e sicuro?
R: Il futuro dei data center e quello dell’energia nucleare sono sempre più interconnessi poiché il significativo e crescente fabbisogno energetico dei data center, sospinto dall’intelligenza artificiale, si sposa perfettamente con le caratteristiche dell’energia nucleare, in particolare degli small modular reactor (SMR). Il nucleare è infatti forma di energia affidabile, ad alta densità, a zero emissioni e continua. Tutte caratteristiche che si allineano perfettamente con le esigenze dei data center. La produzione costante, 24 ore su 24, 7 giorni su 7, senza interruzioni non programmate dell’energia nucleare garantisce la continuità delle operazioni necessaria ai data center, mentre il fatto che la generazione di energia da fonte nucleare non dà luogo ad emissioni dirette di gas serra contribuisce al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale.
Attualmente, un singolo data center può richiedere tra i 30 e i 100 MW di potenza continua, con cluster di data center che nel prossimo decennio potranno superare i 500 MW. Per garantire livelli di disponibilità superiori al 99.99%, come previsto dagli SLA (Service Level Agreement), cioè il tempo massimo di inattività consentito può essere inferiore a 52 minuti all’anno, è essenziale una fonte energetica affidabile e non intermittente, perché anche brevi blackout possono provocare l’interruzione di servizi critici ed avere impatti economici rilevanti.
I data center utilizzano sistemi di backup energetico (UPS, generatori diesel, batterie) per garantire la continuità, ma queste soluzioni hanno limiti di durata e sostenibilità.
L’energia nucleare, grazie alla sua capacità di fornire carico di base stabile, è una delle poche soluzioni in grado di soddisfare questi requisiti in modo sostenibile.
Ciò crea grandi opportunità di partnership tra le utility che opereranno gli impianti nucleari ed i giganti dell’industria digitale che operano i data center.
D: Si parla sempre più di un binomio “AI-Nucleare”. È una partnership tecnologica inevitabile per il futuro o esistono alternative altrettanto valide che stiamo sottovalutando?
R: Le energie rinnovabili sono certamente un’opzione valida per contribuire a soddisfare la domanda di energia dei data center, e ci sono già stati diversi accordi diretti di compravendita di energia tra produttori di energia rinnovabile e data center. Tuttavia, come già accennato, i data center sono caratterizzati da un carico baseload sostanzialmente costante, che mal si sposa con una produzione da fonti rinnovabili non programmabili, quali eolico e fotovoltaico; per ovviare a ciò è necessario accoppiare tali fonti con sistemi di accumulo, con un aumento dei costi.
In teoria, anche gli impianti a gas naturale con cattura e stoccaggio di carbonio (CCS), previsti da molti scenari energetici di lungo periodo, potrebbero avere questo ruolo. Ma il potenziale tecnico di qualsiasi fonte – ovvero la disponibilità o meno di una risorsa e delle tecnologie necessarie al suo utilizzo – deve poi tradursi in potenziale commerciale, cioè deve permettere una convergenza efficiente tra offerta e la specificità di una domanda come quella dei data center.
Ad esempio, per rimanere nell’ambito delle fonti decarbonizzate cosiddette dispacciabili, l’idroelettrico, il geotermico e le bioenergie possono in teoria contribuire a soddisfare il fabbisogno energetico dei data center. Ma il potenziale residuo utilizzabile per la generazione di elettricità delle fonti idroelettrica e geotermica è limitato nei Paesi in cui si assiste ad una crescita esponenziale del mercato dei data center, in particolare Nord America, Europa, Cina, Giappone e Sud Corea.
Per quanto riguarda invece le bioenergie, il potenziale tecnico-economico residuo più rilevante per la transizione energetica italiana risiede principalmente nella generazione distribuita di calore, nella produzione sostenibile di biocombustibili ed anche nella produzione di bioidrogeno piuttosto che nella generazione di elettricità (a meno che non si tratti di cogenerazione). In ultimo, ritengo sia improbabile che nel lungo periodo gli impianti a gas naturale con CCS possano risultare più competitivi per la cosiddetta generazione baseload rispetto alle tecnologie nucleari emergenti.
D: Quando si parla di nucleare per i data center, si pensa spesso ai Reattori Modulari Piccoli (SMR) o ai Micro-reattori. Quali sono i vantaggi concreti di queste tecnologie rispetto alle centrali tradizionali per un’applicazione così specifica e quali sono le principali sfide tecnologiche ancora da superare per una loro implementazione su larga scala?
R: Il primo vantaggio degli SMR – e lo dice il loro stesso nome – è quello di essere di piccola taglia, il che conferisce a questa tecnologia una maggiore flessibilità nella localizzazione degli impianti in prossimità dei punti di domanda; ciò consente di utilizzarli anche in modalità cogenerativa per la produzione di calore per usi industriali o per teleriscaldamento, aumentandone il rendimento energetico complessivo. Il secondo aspetto positivo è quello della modularità, ovvero della fabbricazione dei componenti principali in fabbrica. Questo permetterà l’innesco delle cosiddette economie di serie, che vengono generate con l’aumento del numero di unità prodotte in maniera standardizzata e modulare, per poi essere assemblate in sito. In altre parole, maggiore produzione di componenti standard, minori costi. Questo aspetto del potenziale di riduzione dei costi potrà essere ancora più rilevante per i micro-reattori modulari.
Ma occorreranno sforzi rilevanti per passare dalla fase di dimostrazione alla competitività commerciale. Questi sforzi riguardano in primis le attività di ricerca e dello sviluppo, ma sarà fondamentale anche una visione strategica chiara e stabile nel medio-lungo periodo da parte dei policy maker. L’Italia ha le carte in regola per creare e rafforzare dei campioni industriali nazionali, ma bisognerà necessariamente passare attraverso una fase di dimostrazione tecnologica che richiederà incentivi dedicati, esattamente come è avvenuto per le fonti rinnovabili.
D: Dal punto di vista della sicurezza, installare un reattore nucleare, anche se di piccole dimensioni, in prossimità di un data center (che è un’infrastruttura critica) solleva preoccupazioni. Quali sono i protocolli di sicurezza e le garanzie necessarie per rendere questa soluzione non solo tecnicamente fattibile, ma anche sicura per il territorio e la popolazione?
R: I reattori avanzati di oggi e di domani sono caratterizzati dalla cosiddetta sicurezza intrinseca passiva, ovvero da sistemi e barriere fisiche che non richiedono l’intervento attivo di operatori o sistemi di controllo o fornitura di energia dall’esterno per funzionare, ma si basano su principi fisici (come la gravità, il decadimento radioattivo e la convezione) per prevenire incidenti nucleari e limitarne le conseguenze. Per evitare incidenti come Fukushima, sebbene rari ed eccezionali, i reattori di generazione 3+ dei nuovi SMR, sono privi di pompe e il raffreddamento del nocciolo è assicurato dalla convezione naturale. Questi sistemi sono progettati per spegnere automaticamente il reattore, mantenerlo in sicurezza, rendendo gli impianti più sicuri rispetto ai sistemi tradizionali che necessitano di attivazione esterna. La funzionalità di sicurezza avanzata può diventare un elemento intrinseco del sistema fin dalla fase di progettazione iniziale, ad esempio grazie all’utilizzo di combustibile a basso arricchimento o il posizionamento di un impianto parzialmente interrato.
Questi vantaggi dei reattori avanzati, uniti alla minore domanda di suolo rispetto ai reattori tradizionali, ne faciliterebbero la costruzione accanto ai data center, riducendo i costi di trasmissione. Inoltre, i microreattori potrebbero persino garantire l’indipendenza dalla rete per data center di intelligenza artificiale critici per la sicurezza e infrastrutture militari.
D: Un data center richiede un’alimentazione costante e affidabile (il cosiddetto “baseload”). L’energia nucleare è ideale sotto questo aspetto. Come si integra questa caratteristica con le fonti rinnovabili intermittenti (solare ed eolico) in un mix energetico ottimale per alimentare il settore digitale?
R: Solare ed eolico possono certamente dare un contributo importante a soddisfare una parte della domanda energetica dei data center. Ma come è ben noto, quest’ultimi hanno bisogno di un apporto di energia affidabile (senza interruzioni non programmate) e con un livello minimo di potenza richiesta costante lungo tutto l’arco dell’anno, ovvero il cosiddetto “carico di base” o “baseload”.
Data l’intermittenza di sole e vento, per soddisfare la domanda baseload dei data center sarebbero necessari sistemi di stoccaggio di grande taglia, che avrebbero un impatto in termini di uso del suolo e di domanda di minerali critici. Ovviamente aumenterebbero anche i costi di generazione, peraltro non è detto che i sistemi di stoccaggio “convenzionali” (ad es. con batterie al litio) possano sempre garantire la continuità della fornitura in caso di condizioni meteorologiche anomale, ovvero ridotta ventosità e nuvolosità prolungate.
Una parte dell’energia generata da sole e vento potrebbe anche essere utilizzata per produrre idrogeno tramite elettrolisi, ma utilizzare questo vettore prodotto con elettricità per generare a sua volta elettricità utile ai data center comporterebbe delle perdite di conversione significative, oltre che costi più che rilevanti. Molto meglio utilizzare quell’idrogeno nei settori hard-to-abate che è difficile decarbonizzare elettrificandoli, come ad esempio nel trasporto heavy-duty e nell’industria con processi ad alta temperatura. Per cui la strada da seguire per assicurare energia sicura e competitiva ai data center è l’integrazione del nucleare con le rinnovabili.
D: Quale modello di business immagina per questa sinergia? Vedremo le grandi aziende tech (come Microsoft, Google, Amazon) diventare esse stesse produttrici di energia nucleare, o si affideranno a partnership con operatori energetici specializzati?
R: Stiamo assistendo all’affermazione di due modelli di business che possono essere in alternativa tra di loro o integrati in un approccio misto. Nel primo modello, le grandi società che operano data center stipulano accordi per acquistare l’elettricità che sarà prodotta da reattori nucleari modulari per alimentare singoli data center o cluster di data center. Questo non è uno scenario futuro ma è già accaduto negli Stati Uniti. Google ha infatti stipulato nell’ottobre del 2024 un accordo di acquisto, o power purchase agreement (PPA) con la società Kairos Power per acquistare energia dai suoi SMR, per arrivare a 500 MW di potenza entro il 2035. L’obiettivo di questo PPA è quello di sostenere gli sforzi di Kairos Power nello sviluppo, nella costruzione e nella gestione di impianti e nella vendita di energia, servizi ausiliari e benefici ambientali al gigante digitale.
Il secondo modello è quello dell’investimento da parte delle società proprietarie dei data center nel capitale della società che sviluppano la tecnologia SMR e stanno realizzando gli impianti. Sempre Google ha recentemente effettuato un investimento di venture capital nella società ELEMENTL Power per contribuire alle fasi iniziali di realizzazione di tre progetti SMR. Anche Amazon, Microsoft e Meta hanno firmato negli ultimi mesi accordi per il potenziale utilizzo di tecnologia nucleare di tipo SMR per fornire energia alle crescenti esigenze dei loro data center.
D: L’Italia sta riconsiderando il suo approccio al nucleare. L’alimentazione dei data center potrebbe essere un “cavallo di Troia” per reintrodurre l’energia nucleare nel nostro Paese, partendo da applicazioni industriali specifiche? Quali sarebbero i tempi realistici per vedere un primo reattore al servizio di un data center in Italia? Pensa che l’opinione pubblica sarebbe più favorevole a piccoli reattori dedicati a un uso industriale specifico piuttosto che a grandi centrali per la rete nazionale? Come si comunica un progetto del genere ai cittadini?
R: I data center possono potenzialmente configurarsi tra i primi “mercati di nicchia” delle nuove tecnologie nucleari in Italia, insieme ad alcuni settori industriali tradizionali quali ad esempio le industrie dell’acciaio, del cemento, della ceramica e diversi altri comparti che hanno sofferto in modo significativo – per usare un eufemismo – i rialzi dei costi dell’energia del 2022. Se il Parlamento dovesse dare luce verde alla Legge delega in materia di energia nucleare sostenibile, verranno elaborati dei Decreti legislativi che normeranno diversi aspetti della cosiddetta rinascita nucleare italiana, tra cui l’istituzione di una Autorità di sicurezza e la componente finanziaria. In parallelo, i player industriali nazionali interessati alla partita inizieranno a fare le loro prime valutazioni per gli investimenti, ad esempio sulla scelta della tecnologia specifica e di eventuali partner tecnologici esteri. Questa roadmap potrebbe in teoria essere completata entro il 2030, dopo di che si passerebbe alla fase esecutiva.
Uno scenario elaborato nell’ambito della Piattaforma Nucleare per il Nucleare Sostenibile contempla il primo SMR a partire dal 2035. È un traguardo ambizioso che richiederà molto impegno da parte di tutti gli stakeholder ma soprattutto richiederà accettabilità da parte della popolazione, in particolare nelle comunità delle zone limitrofe agli impianti. È molto probabile che eventuali impianti SMR al servizio di industrie critiche per la nostra sicurezza economica vengano visti con maggiore favore dalle comunità locali rispetto ad impianti di grande taglia con vendita dell’energia alle società di distribuzione. È importante che i benefici ed i costi dell’energia nucleare vengano comunicati in modo chiaro in modo da avviare un sano dibattito scientifico e tecnologico senza strumentalizzazioni ideologiche. Un aspetto che come RSE consideriamo strategico è il ciclo del combustibile nucleare. A tale proposito RSE è impegnata con SOGIN per l’avvio di un progetto di ricerca sia per i combustibili per la Fissione (TRISO per MMR e Pastiglie di uranio 235 al 3÷5% per SMR) e per la Fusione (TRIZIO – isotopo dell’idrogeno).
D: In conclusione, professor Cotana, se dovesse riassumere in una frase il potenziale e i rischi del connubio tra nucleare e data center, quale sarebbe il suo messaggio chiave per i decisori politici, l’industria e il pubblico.
R: Siamo davanti ad un bivio strategico in cui dovranno essere fatte scelte epocali sul nostro futuro mix energetico e sul nostro percorso di crescita industriale. Le nuove tecnologie nucleari, tra cui in primis gli SMR, ed in una fase successiva AMR e reattori a fusione, rappresentano una grande opportunità per garantire maggiore sicurezza energetica, per ridurre i costi della decarbonizzazione e, nel lungo periodo, assicurare energia continua e a costi competitivi alla nostra industria, tra cui quella dei data center. Sia l’industria del nucleare che quella dei data center sono industrie strategiche ad altissima intensità di innovazione ed alto valore aggiunto economico, che possono crescere insieme in un ciclo virtuoso di investimenti, innovazione ed occupazione di lavoratori qualificati. Ritengo si debba fare tutto il possibile affinché l’Italia si affermi come uno dei leader tecnologici ed industriali mondiali in questi due settori.


