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Stop ai bonus caldaie a gas, l’Italia finisce nel mirino della Commissione UE

Avviata una procedura d’infrazione per il mancato recepimento delle norme sullo stop agli incentivi per gli apparecchi a combustibili fossili. Ora il Governo ha due mesi di tempo per adeguarsi o rischia sanzioni.

L’Italia è ufficialmente sotto procedura d’infrazione per non aver fermato in tempo gli incentivi finanziari per l’installazione di caldaie autonome a gas. La Commissione Europea ha inviato una lettera di costituzione in mora a Roma, insieme a Estonia e Ungheria, contestando il mancato recepimento di una norma chiave della nuova direttiva sulle prestazioni energetiche nell’edilizia (EPBD), la cosiddetta direttiva “Case Green”. Il nostro Paese, così come gli altri due, non avrebbe attuato nei tempi previsti le disposizioni che imponevano la fine dei sussidi per questi apparecchi a partire dal 1° gennaio 2025.

IL CUORE DEL PROBLEMA: LA DIRETTIVA “CASE GREEN”

La contestazione di Bruxelles si basa su un articolo specifico, il 17, paragrafo 15, della direttiva (UE) 2024/1275. Sebbene la scadenza principale per il recepimento completo della direttiva sia fissata a maggio 2026, la norma relativa allo stop agli incentivi per le caldaie a combustibili fossili era anticipata e doveva essere già legge in tutti gli Stati membri. Questa misura è considerata cruciale dalla Commissione per accelerare la decarbonizzazione del settore edilizio, responsabile di una quota enorme dei consumi energetici in Europa.

IL PESO DEL RISCALDAMENTO SUI CONSUMI ENERGETICI

I dati forniti dall’esecutivo UE evidenziano l’urgenza di intervenire. Il riscaldamento degli ambienti e la produzione di acqua calda rappresentano oltre i tre quarti dell’energia finale consumata dalle famiglie europee. Di questa quota, quasi due terzi dipendono ancora oggi dai combustibili fossili, principalmente dal gas naturale. L’eliminazione graduale delle caldaie tradizionali è quindi vista come un passo indispensabile per raggiungere l’obiettivo di un parco immobiliare a zero emissioni entro il 2050, riducendo al contempo le bollette dei cittadini.

DUE MESI DI TEMPO PER RISPONDERE A BRUXELLES

Dopo aver esaminato le misure notificate dall’Italia e le spiegazioni fornite, la Commissione ha concluso che il nostro Paese non ha né attuato pienamente la norma, né fornito giustificazioni esaustive per il ritardo. Ora il Governo ha due mesi di tempo per rispondere formalmente alla lettera di costituzione in mora e correggere le carenze individuate. Se la risposta non sarà ritenuta soddisfacente, Bruxelles potrà passare alla fase successiva della procedura d’infrazione, emettendo un parere motivato, l’anticamera del deferimento alla Corte di Giustizia Europea.

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