Sfuma l’accordo in Germania: “I tedeschi volevano fuori i cinesi, è venuto meno il senso industriale”. Il miliardo sarà investito su altri progetti, con un focus sul potenziamento dei rigassificatori e della rete nazionale.
Potenziamento dei rigassificatori, rafforzamento della rete nazionale per esportare sempre più gas verso il Nord Europa e un focus totale sulla sicurezza energetica nazionale. A svelare la nuova rotta di Snam, in un’intervista concessa a “Molto Economia” (Il Messagero Il Mattino, Il Gazzettino), è l’amministratore delegato Agostino Scornajenchi, che traccia la rotta del nuovo piano industriale atteso per marzo. A quasi 200 giorni dal suo insediamento, Scornajenchi racconta anche i retroscena della rinuncia all’acquisizione del gasdotto tedesco Oge, un’operazione sfumata a causa delle perplessità di Berlino sulla presenza di State Grid of China nell’azionariato di Snam.
UN ARCHITRAVE CHIAMATO GNL
Il mondo dell’energia è cambiato e il Gas Naturale Liquefatto (GNL) ne è diventato protagonista. Se prima era un’opzione commerciale marginale, oggi, spiega Scornajenchi, è diventato “un architrave strutturale” del sistema italiano. I numeri lo confermano: ad anno non ancora concluso, sono già arrivate oltre 200 navi metaniere, più della metà dagli Stati Uniti, con flussi in crescita del 40% che oggi coprono tra il 35 e il 40% del fabbisogno nazionale. Un’abbondanza che ha fatto crollare i prezzi, rendendo in più occasioni il PSV italiano più conveniente del TTF di Amsterdam. “Senza Gnl si spegne l’Europa”, sentenzia l’ad.
LA STRATEGIA: POTENZIARE I RIGASSIFICATORI E GUARDARE A SUD
Per capitalizzare questo nuovo scenario, la strategia di Snam è chiara: “Dobbiamo far lavorare al massimo i nostri rigassificatori”. Oltre al potenziamento di Ravenna, il piano prevede l’installazione di un nuovo rigassificatore a Oristano per dare finalmente il gas alla Sardegna. Ma lo sguardo è rivolto anche più a Sud: “Seguiamo quanto accade a Taranto. Ma anche in Calabria, sulla piana di Gioia Tauro. E siamo pronti a collaborare con le istituzioni per dare il nostro contributo”. Il tutto supportato dal rafforzamento della Linea Adriatica, cruciale per aumentare i flussi da Sud verso Nord e incrementare l’export verso l’Europa, già passato da 0,4 a 1,8 miliardi di metri cubi in un anno.
IL DOSSIER TEDESCO E L’OMBRA CINESE
Riguardo alla mancata acquisizione del 25% del gasdotto tedesco Oge, Scornajenchi non usa mezzi termini. “Doveva essere un deal industriale”, spiega, ma la condizione posta dai tedeschi era “l’uscita dei cinesi dal capitale”, un riferimento alla quota di State Grid in Cdp Reti. “Lo abbiamo capito dalla quantità di domande che ci hanno fatto sull’argomento. E dopo aver intuito che la tematica industriale veniva meno, abbiamo sollecitato una decisione chiara”. Senza il “senso industriale”, l’operazione non era più interessante. “Ora stiamo lavorando al piano industriale e non è che non abbiamo idee su come impegnare quel miliardo altrove. Anzi, ne abbiamo tante. E a giudicare dalla reazione della Borsa, il mercato ha apprezzato”.
REALISMO SULLA TRANSIZIONE E IL RUOLO DEL GAS
Sulla transizione energetica, l’amministratore delegato invita a guardare ai “dati fattuali”. Ancora oggi, il 50% dell’energia elettrica italiana è prodotta con il gas, che resta un “elemento imprescindibile per la gestione equilibrata del sistema”, come ha dimostrato il blackout di aprile in Spagna. L’obiettivo non è sostituire una fonte con un’altra, ma integrarle, puntando alla minore impronta carbonica possibile. Un approccio pragmatico per evitare quello che Scornajenchi definisce il rischio di “desertificazione industriale” legato a una decarbonizzazione a tutti i costi.


