La Corte dei Conti promuove l’avanzamento finanziario del primo semestre 2025: raggiunti tutti i 32 obiettivi europei. Allarme sui cantieri: servono quasi 18 mesi per chiudere i progetti.
La macchina del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha ingranato la marcia. È quanto certifica la Corte dei Conti nella sua Relazione semestrale al Parlamento, approvata il 3 dicembre 2025. I dati parlano chiaro: tutti i 32 obiettivi europei in scadenza nel primo semestre sono stati centrati, portando l’avanzamento complessivo al 64%. Ma il dato più significativo riguarda la spesa, che ha finalmente mostrato “segni di accelerazione”: a fine agosto sono stati superati gli 86 miliardi di euro erogati, con un balzo di oltre 22 miliardi rispetto al 2024. Un progresso che copre il 44% delle risorse totali del Piano, ma che deve fare i conti con un’ombra: i tempi di realizzazione delle opere pubbliche, che si stanno dilatando.

I SETTORI TRAINANTI E IL RITARDO DI REPOWEREU
A spingere l’avanzamento finanziario sono soprattutto le infrastrutture e la sanità. La “Missione 3” (mobilità sostenibile) ha assorbito 5,6 miliardi nei primi otto mesi dell’anno, pari al 25,6% del totale, grazie agli investimenti sull’Alta Velocità ferroviaria. Seguono a ruota istruzione e ricerca (5 miliardi) e sanità (3,9 miliardi), con focus sulle Case di comunità e sulla digitalizzazione. Resta invece al palo il capitolo REPowerEU, fermo a soli 0,5 miliardi di spesa, un dato che segnala ancora difficoltà nell’implementazione delle misure per l’indipendenza energetica.
OPERE PUBBLICHE: L’ALLARME SUI TEMPI
Se la spesa corre, i cantieri faticano a tenere il passo. L’analisi della magistratura contabile evidenzia che, pur essendo in corso progetti per circa 78 miliardi di euro, non si registrano segnali di effettiva accelerazione nella chiusura dei lavori. Al contrario, i tempi si allungano: la durata media per completare un progetto è salita a 533 giorni (quasi 18 mesi), due mesi e mezzo in più rispetto a inizio anno. Un rallentamento fisiologico, spiegano i giudici, legato all’aumento della dimensione finanziaria delle opere giunte a conclusione, ma che impone un monitoraggio costante per rispettare la scadenza ultima del 2026. Sorprende positivamente il Mezzogiorno, dove la durata dei lavori risulta inferiore alla media nazionale, segno di una reattività inattesa delle amministrazioni del Sud.
IMPATTO ECONOMICO E CRESCITA DEL PIL
L’effetto del PNRR sull’economia reale comincia a farsi sentire in modo tangibile. Secondo le stime riportate nella Relazione, il Piano contribuirà alla crescita del PIL per 0,9 punti percentuali nel 2025, destinati a salire a 1,7 nel 2026. L’impatto cumulato nel periodo 2020-2027 è valutato in 6,1 punti di PIL aggiuntivo, con un effetto moltiplicatore prossimo allo 0,9. Un risultato che beneficia della forte componente di investimenti, capace di stimolare la domanda interna in una fase congiunturale complessa.
LE MODIFICHE AL PIANO E IL PIANO COMPLEMENTARE
Il 2025 è stato anche l’anno della “manutenzione” del Piano. Due cicli di modifiche, approvati da Bruxelles, hanno interessato circa 170 misure, con l’obiettivo di semplificare e rendere più efficaci gli interventi. Tuttavia, la Corte sottolinea l’importanza di raggiungere un assetto definitivo per dare certezze agli operatori. Luci e ombre invece sul Piano Nazionale Complementare (PNC): le risorse sono state ridotte a 27,46 miliardi (-3,2 miliardi rispetto all’origine) e l’orizzonte temporale spostato al 2032, ma la capacità di impegno delle risorse disponibili resta elevata (97%), confermando la vitalità degli investimenti affiancati al PNRR.


