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Direttiva Ue energie rinnovabili

Rinnovabili, l’Ue richiama l’Italia: parere motivato per il mancato recepimento della direttiva

Coinvolti otto Paesi tra cui Francia e Grecia. La Commissione concede due mesi di tempo per adeguarsi alle norme del 2023, rischio deferimento alla Corte di giustizia.

Bruxelles alza la voce sui ritardi nella transizione verde. La Commissione europea ha deciso di inviare un parere motivato all’Italia e ad altri sette Stati membri – Grecia, Francia, Cipro, Ungheria, Malta, Polonia e Portogallo – per non aver recepito pienamente nel proprio ordinamento nazionale le disposizioni della direttiva (UE) 2023/2413 sulle energie rinnovabili. Si tratta del secondo stadio della procedura di infrazione, un passaggio formale che intima ai governi nazionali di allinearsi rapidamente alle regole comunitarie per evitare conseguenze giudiziarie.

GLI OBBLIGHI E LE SCADENZE MANCATE

Le tempistiche erano state fissate con chiarezza: la direttiva modificativa, adottata nel 2023, imponeva agli Stati membri di notificare il completo recepimento entro il 21 maggio 2025. Per alcune specifiche disposizioni relative alle autorizzazioni, la scadenza era addirittura antecedente, fissata al 1° luglio 2024. Nonostante ciò, i Paesi destinatari del provvedimento odierno non hanno rispettato la tabella di marcia, creando un disallineamento normativo all’interno del Mercato Unico su un tema prioritario per l’agenda politica dell’Unione.

GLI OBIETTIVI DELLE NUOVE NORME

Il quadro normativo al centro della contesa è fondamentale per la strategia di decarbonizzazione. Le nuove regole mirano ad accelerare drasticamente la diffusione delle energie rinnovabili in tutti i settori dell’economia, andando oltre il solo comparto della produzione energetica. Il focus è su quegli ambiti dove i progressi sono storicamente più lenti e difficili: riscaldamento e raffreddamento, edilizia, trasporti e industria. Per questi settori l’UE ha fissato obiettivi nuovi o rafforzati, stabilendo misure trasversali come il potenziamento delle garanzie di origine, la promozione dell’elettrificazione e dell’idrogeno rinnovabile, oltre a tutele per assicurare la sostenibilità della produzione di bioenergia.

L’IMPORTANZA STRATEGICA E I BENEFICI

L’implementazione di questa legislazione è considerata vitale dalla Commissione per diverse ragioni strategiche. Innanzitutto, serve ad accelerare l’adozione di energia pulita prodotta localmente, riducendo la dipendenza dalle importazioni. In secondo luogo, è lo strumento principale per abbattere le emissioni di gas serra nel settore energetico, che da solo contribuisce a oltre il 75% delle emissioni totali dell’Unione. Infine, l’attuazione della direttiva è vista come una leva per rafforzare la sicurezza energetica, ridurre i prezzi delle bollette e sostenere la competitività dell’economia europea in uno scenario globale complesso.

L’ITER DELLA PROCEDURA E LE CARENZE SPECIFICHE

La decisione odierna segue un primo avvertimento lanciato nel luglio 2025, quando la Commissione aveva inviato lettere di costituzione in mora a ben 26 Stati membri. Dopo aver esaminato le risposte, l’esecutivo Ue ha deciso di procedere con i pareri motivati distinguendo le responsabilità: Grecia, Francia, Italia, Cipro e Portogallo sono stati richiamati per la mancata notifica delle misure di recepimento; Ungheria, Malta e Polonia, invece, per non aver fornito informazioni sufficientemente chiare e precise sulle modalità con cui ogni singola disposizione della direttiva è stata integrata nelle leggi nazionali.

RISCHI E POSSIBILI SANZIONI

Ora scatta l’ultimatum. Gli otto Stati membri hanno a disposizione due mesi per rispondere alle contestazioni di Bruxelles e adottare le misure necessarie per colmare le lacune legislative. Se ciò non dovesse accadere, la Commissione potrà decidere di deferire i casi alla Corte di giustizia dell’Unione europea. In tale scenario, l’Italia e gli altri Paesi coinvolti rischierebbero la condanna al pagamento di pesanti sanzioni finanziarie per l’inadempienza agli obblighi comunitari.

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