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Murano (Unem): Rinvio stop alle auto endotermiche non basta, 30 anni di transizione senza biocarburanti

L’elettrico da solo non basta. Nell’intervista a Energia Oltre, il presidente di Unem spiega perché l’Europa deve accelerare su carburanti sostenibili, filiere locali e politiche fiscali coerenti per ridurre davvero le emissioni

La proposta di revisione del Regolamento Ue sulle auto inquinanti apre la porta ai biocaburanti. Tuttavia, si tratta solo di uno spiraglio che non modifica l’impianto del Green Deal, spiega il presidente di Unem, Gianni Murano, nell’intervista rilasciata ad Energia Oltre.  L’impianto normativo resta uguale e l’Europa rischia di rincorrere la transizione elettrica per almeno 30 anni, secondo Murano. “La nuova proposta in sostanza fa risorgere l’endotermico e dà vita ai biocarburanti, ma lo fa in maniera marginale limitandoli ad una parte ridotta delle nuove immatricolazioni”, spiega il presidente di Unione Energie per la Mobilità, sottolineando che ancora una volta l’Ue è scollata dalla realtà: l’89% delle auto che circolano nelle strade europee sono alimentate a benzina e gasolio, mentre le elettriche si fermano all’1,8%. I biocarburanti possono essere la chiave per la decarbonizzazione delle quattro ruote e saranno sempre più convenienti, secondo il presidente di Unem, ma per liberare il potenziale di questi combustibili è necessario: modificare il metodo di calcolo delle emissioni, valorizzare i biocarburanti con politiche fiscali e normative adeguate e sviluppare filiere nazionali ed europee.

Cosa cambia per l’automotive italiano ed europeo il dietrofront dell’Ue sullo stop alle auto endotermiche?

“La proposta della Commissione evidenzia un errore dell’impianto normativo sulla riduzione delle emissioni che è stato sottolineato da tempo. La nuova proposta reintroduce la possibilità di utilizzo del motore endotermico anche nel post-2035, ma in maniera timida e complessa. In sostanza, si riduce l’obiettivo di abbattimento delle emissioni di CO₂ dal 100% al 90% e si offre la possibilità di compensare il restante 10% con biocarburanti fino al 3% e acciaio low carbon prodotto in Europa per il restante 7%. Introduce poi un’altra categoria di veicoli elettrici “made in Europe” di dimensioni non superiori ai 4,2 metri, che beneficeranno di “super crediti”, derogando al principio di neutralità tecnologica.
La nuova proposta in sostanza fa risorgere l’endotermico e dà vita ai biocarburanti, ma lo fa in maniera marginale limitandoli ad una parte ridotta delle nuove immatricolazioni. Ancora una volta c’è uno scollamento con la realtà. Infatti, oggi in Europa circolano circa 250 milioni di auto, di cui solo l’1,8% elettriche pure (quasi il 4% includendo anche le Plug-in), mentre l’89% è alimentato a benzina o gasolio. I consumatori si stanno orientando sempre più verso le ibride, che garantiscono flessibilità, minori consumi e ridotte emissioni. Per decarbonizzare i trasporti non si può prescindere dai carburanti liquidi con quote crescenti di biocarburanti, perché sostituirli con l’elettrico richiederà non meno di 30 anni.
I biocarburanti liquidi e gassosi, che la Commissione marginalizza anziché valorizzare, possono ridurre le emissioni fino al 90% nel ciclo di vita. Serve cambiare il metodo di calcolo delle emissioni, considerandole non solo allo scarico ma appunto sul ciclo di vita, cioè contando anche quelle generate durante le fasi di produzione e smaltimento (soprattutto delle batterie) che comunque finiscono in atmosfera. La Commissione riconosce che l’impianto del Green Deal va modificato, ma poi non riesce o non vuole cambiare veramente, forse condizionata dal peso e dagli interessi di alcuni paesi”.

T&E, la Federazione europea per i trasporti e l’ambiente, ha pubblicato uno studio che mostra come i biocarburanti avanzati non potrebbero coprire la domanda europea al 2050, superiore tra 2 e 9 volte rispetto alla produzione prevista. Studio a cui Unem ha risposto che il potenziale tecnico di biomassa sostenibile conforme alla RED III è ampio e in crescita e ci sarà materia prima sufficiente per sostenere la produzione di biocarburanti avanzati in grado di soddisfare la domanda sia per la marina che l’avio (che da solo consuma circa 50 milioni di tonnellate di jet fuel) e che potrà coprire anche una parte del trasporto stradale. Quali misure e policies si possono mettere in campo per aumentare la produzione? 

“Le stime di T&E tendono a generare allarme piuttosto che contribuire ad un dibattito equilibrato e scevro da pregiudizi. Secondo un recente studio della Commissione UE, i biocarburanti avanzati rappresenteranno circa metà della domanda totale di biocarburanti, pari a oltre un terzo dell’energia rinnovabile nei trasporti entro il 2030. In alcuni scenari, la domanda potrebbe essere persino superiore, confermando la loro importanza strategica per il raggiungimento tempestivo degli obiettivi di riduzione delle emissioni nella UE. Inoltre, alla recente COP30 è stato presentato il “Belém Commitment for Sustainable Fuels”, promosso da Brasile, Italia e Giappone, sottoscritto già da 19 Paesi, che punta a quadruplicare l’uso di carburanti sostenibili entro il 2035. Un obiettivo ambizioso ma ritenuto realistico, che favorirà investimenti e innovazione”.

Quanti biocarburanti si producono oggi? Quali risorse oggi inutilizzate (biomassa gassosa, letame, fanghi di depurazione) hanno il maggiore potenziale di sviluppo?

“In Italia disponiamo di una capacità produttiva di circa 3 milioni di tonnellate, grazie a due bioraffinerie (una terza in conversione) e impianti sia di co-processing che dedicati alla produzione di biodiesel e biogas. Le tipologie di biomassa più rilevanti, con il maggiore potenziale, includono i residui primari di colture agricole, il letame, il legname e i residui forestali primari, ma anche rifiuti urbani per una trasformazione in biocarburanti. Abbiamo inoltre un’ampia disponibilità di biomasse lignocellulosiche, ma ne utilizziamo solo il 30% contro il 75% europeo. Il GSE ha stimato che, se si andasse verso la media europea, il surplus disponibile potrebbe oscillare tra i 15 e i 20 milioni di tonnellate all’anno, con cui poter generare, tra le altre cose, biogas, biocarburanti e idrogeno”.

Restando in tema di biocarburanti, come risolvere il tema della competizione con l’alimentare e i costi di produzione elevati? Se dovesse indicare una priorità politica urgente per il settore dei biocarburanti, quale sarebbe?

“La competizione con il food è superata dallo sviluppo delle nuove tecnologie. I biocarburanti di prima generazione sono in calo e la UE punta al loro azzeramento. La FAO evidenzia che alcune colture idonee per i biocarburanti possono essere utilizzate per prevenire il degrado del suolo e possono utilizzare o recuperare i cosiddetti terreni “marginali” o “degradati”, ripristinando fertilità e produttività senza sottrarre suolo all’agricoltura alimentare. Inoltre, molte colture generano co-prodotti per mangimi, riducendo importazioni da aree a rischio deforestazione, e l’impiego di pratiche agronomiche sostenibili può riattivare o comunque supportare la produzione food su quei suoli. Senza trascurare il fatto che l’integrazione con l’agrivoltaico consentirebbe a parte dei terreni agricoli di coesistere con la produzione di energia solare. La priorità è valorizzare residui e rifiuti: oli da cucina usati, scarti animali, biomasse agricole, biogas e alghe, rifiuti solidi urbani. Queste soluzioni stanno diventando interessanti come fonte di produzione di biocarburanti perché evitano la competizione con il food e riducono l’impatto ambientale.

Di questo passo, quando diventeranno competitivi con le altre tipologie di combustibili e gas?

Sul fronte costi, i biocarburanti possono essere competitivi attraverso una maggiore penetrazione nel trasporto stradale, generando quindi economie di scala che potranno renderli più convenienti. C’è poi da considerare il carico fiscale che è identico a quello dei combustibili fossili, mentre sull’elettrico impiegato nel trasporto la tassazione è praticamente prossima allo zero.

Se dovesse indicare una priorità politica urgente per il settore dei biocarburanti, quale sarebbe?

Serve un quadro normativo abilitante che riconosca il contributo dei biocarburanti e favorisca investimenti in nuove capacità produttive. Volendo sintetizzare, le priorità deve essere la revisione del metodo di calcolo delle emissioni, la valorizzazione dei biocarburanti con politiche fiscali e normative adeguate, lo sviluppo filiere nazionali ed europee.

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