Secondo i dati di Rystad Energy, nel 2024 gli investimenti nel gas naturale liquefatto saliranno fino ai 42 miliardi di dollari
Per sostituire la dipendenza dal gas russo, l’Italia sta accelerando la ricerca di fonti energetiche alternative. Non siamo i soli in questa partita. Dal 24 febbraio, con l’invasione russa di Putin in Ucraina la questione energetica è balzata davanti agli occhi di chiunque. Da mesi si stanno riscrivendo relazioni, contratti, promesse anche su gas e petrolio.
Tra queste un ruolo di primo piano spetta al GNL, il gas naturale liquefatto, prodotto raffreddando il gas naturale fino a una temperatura al di sotto del suo punto di ebollizione, di circa 162° C, che lo trasforma da stato gassoso a stato liquido. Con il processo di condensazione il volume del gas si riduce di 600 volte, quindi la liquefazione permette di immagazzinare grandi quantità di energia in uno spazio inferiore (da 600 litri di gas metano si ottiene un litro di gas liquido). Il gas naturale liquefatto inoltre non è infiammabile, quindi molto più sicuro rispetto al gas naturale.
Una volta consegnato al destinatario, il GNL viene riconvertito nella fase gassosa nei rigassificatori, che possono essere sia terrestri che offshore, le cosiddette “unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione” o FSRU (Floating Storage and Regasification Units).
Bene, fatto questo quadro tecnico passiamo ai numeri.
LA CRESCITA DEL GAS NATURALE LIQUEFATTO DA QUI AL 2024
Secondo un’analisi della rivista online Rystad Energy, rispetto alla spesa attuale gli investimenti globali sul Gnl cresceranno del 50% fino a 42 miliardi di dollari nel 2024.
Numeri impressionanti che se comparati soltanto con il 2020 parlando di un plus pari a venti volte. A motivarli, la domanda crescente di gas via nave da Europa e Asia. La guerra russa in Ucraina è lo sfondo di tutto questo con annesse sanzioni all’export moscovita di energia.
“La spesa per i progetti di GNL verde quest’anno e il prossimo rimarrà relativamente piatta, con 28 miliardi di dollari approvati nel 2021 e 27 miliardi di dollari nel 2022”, sottolinea Rystad. Poi nel 2023 cresceranno a 32mld fino ai 42 del 2024. Poi, secondo le stime, ci sarà un nuovo calo verso la quota di due anni fa.
La strada di lungo periodo rimane incentrata alla riduzione delle emissioni di carbonio ma al momento tra sicurezza energetica e ricerca di nuove fonti di approvvigionamento occorre affidarsi al sicuro. Che fa parte del passato ma che garantisce anche il presente immediato.
GLI ATTORI PRINCIPALI CHE ESPORTANO GNL
Chi esporta Gnl? Stati Uniti, Qatar, Mozambico e Russia.
Washington ha la medaglia d’oro. “Il progetto Golden Pass LNG da 10 miliardi di dollari in Texas, una joint venture tra QatarEnergy (70%) ed ExxonMobil (30%), dovrebbe iniziare la produzione entro il 2024, aggiungendo capacità di esportazione al terminale Sabine Pass LNG per un totale di circa 18 Mtpa”, riporta Rystad. Mentre “Plaquemines LNG di Venture Global in Louisiana – uno sviluppo di 13,2 miliardi di dollari sanzionato all’inizio di quest’anno – dovrebbe produrre circa 24 Mtpa e iniziare nel 2025”.
Inoltre, “Cheniere Energy ha firmato un accordo con il gigante statale cinese PetroChina per fornire circa 1,8 Mtpa di GNL dalla sua struttura GNL di Corpus Christi, con consegne dal 2026 al 2050”.
Il Qatar sta recuperando terreno: il piano è di ampliare la capacità di vendita all’estero da 77 a 126 Mtpa nel 2027. La Russia sta completando il progetto Arctic Lng di Novatek, salvo nuove sanzioni. Il Mozambico, infine, “vedrà la sua prima produzione di GNL entro la fine del 2022 attraverso il progetto LNG sottosviluppo, Area 4 (Coral South) gestito da Eni. Il progetto fornirà circa 150 milioni di piedi cubi al giorno (MMcfd) di gas al mercato interno”.