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Energia

No di Germania, Francia e Spagna a revisione stop auto. Urso: Vendita Ilva entro marzo, Metinvest in pole. Papa: Serve conversione ecologica. Che c’è sui giornali

Germania, Francia e Spagna dicono no alla revisione dello stop alle endotermiche nel 2035. Confindustria chiede la revisione del Green Deal. Urso prevede vendita ex Ilva entro marzo, Metinvest in pole. Papa: Serve una conversione ecologica. La rassegna Energia

Germania, Francia si schierano contro la proposta avanzata dal Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, di rivedere lo stop alle auto endotermiche nel 2035, ma aprono all’anticipo della revisione della norma. La revisione del Regolamento sulle emissioni inquinanti delle automobili si inserisce nell’ambito del progetto italiano di revisione del Green Deal. Un piano spinto dal presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, il quale dal palco dell’assemblea di Federacciai ha sottolineato la necessità di ripensare le norme del Green Deal. Vendita di Acciaierie d’Italia entro marzo 2025. Sono le previsioni del Ministro delle Imprese e del Made in Italy per l’ex Ilva, che si aspetta l’acquisto da parte di un grande player. Metinvest corrisponde all’identikit ed è pronta ad acquisire l’azienda insieme ad un altro partner italiano, come anticipato da Yuri Ryzhenkov, ceo della società a Il Sole 24 Ore. Serve una conversione ecologica per salvare questo Pianeta. È il messaggio lanciato dal Papa nel corso di Terra Madre, il quale ha sottolineato anche l’importanza di valorizzare la biodiversità culturale. La rassegna Energia.

GERMANIA, FRANCIA E SPAGNA CONTRO MODIFICA STOP AUTO ENDOTERMICHE NEL 2035

“La crisi di competitività del delicato settore automobilistico è stato oggetto ieri di un dibattito tra i ministri europei dell’Industria. L’Italia sta facendo pressione sia per anticipare la revisione di un discusso regolamento sulle emissioni nocive delle vetture, sia per posticipare eventualmente la data di entrata in vigore di una messa al bando delle auto a motore termico, oggi prevista nel 2035. Il regolamento oggetto di dibattito è quello approvato nel 2023 che impone una riduzione graduale delle emissioni nocive delle auto, fino ad arrivare al divieto di vendere nuovi veicoli a motore termico dal 2035 in poi. Il testo prevede una possibile revisione nel 2026. L’Italia vuole anticipare l’esame al 2025. Lo sguardo del governo è rivolto soprattutto al 2035. Il ministro per le Imprese Adolfo Urso è convinto che gli obiettivi siano troppo gravosi e rischino di provocare un tracollo del settore”, si legge su Il Sole 24 Ore.

“Parlando ieri qui a Bruxelles, il ministro Urso ha spiegato che per quanto riguarda la proposta italiana di anticipare la revisione del testo «alcuni Paesi si sono espressi in sede di Consiglio e altri negli incontri bilaterali che ho avuto. Mi riferisco in modo specifico alla Romania, alla Slovacchia, alla Lettonia, a Malta, a Cipro, alla Polonia e alla Repubblica Ceca». Ha espresso quindi soddisfazione, precisando: «Ho parlato anche con altri partner come la Spagna e con la Germania»”, continua il giornale.

“Secondo le informazioni raccolte a margine della riunione, la discussione tra i ministri è stata interlocutoria. La scelta di anticipare la revisione spetta nei fatti alla Commissione europea. In teoria «è necessaria una modifica legislativa del regolamento, in co-decisione, poiché la data è contenuta nel testo legislativo», spiegava ieri un diplomatico. Ciò detto, è possibile che il rischio di multe salate nel 2025 possa indurre a valutare il regolamento in anticipo, in un modo o nell’altro. (…) «Siamo convinti di dover mantenere l’ambizione e di rafforzare gli strumenti per raggiungere questi obiettivi», ha aggiunto il ministro spagnolo dell’Industria, Jordi Hereu. Anche la Francia non ha intenzione per ora di spostare la data del 2035. Inoltre, Parigi considera che è troppo presto per discutere di anticipare la revisione del regolamento. In questo momento, lo sguardo di molti Paesi è tutto rivolto alla necessità di non disperdere gli investimenti effettuati finora e all’urgenza di non perdere la corsa tecnologica con la Cina”, continua il giornale.

ENERGIA, ORSINI (CONFINDUSTRIA): “NORME GREEN DEAL DA RIPENSARE”

«L’industria italiana non è lontana o contro ambiente, anzi noi siamo in Champions League: già nel 2021 sul tema riciclo si è ottenuto ciò che ci veniva chiesto per il 2030. Noi siamo virtuosi e i nostri consumatori ce lo chiedono. (…) Noi abbiamo un know how all’avanguardia da salvaguardare in molti settori e per farlo crediamo sia necessario porre al centro la questione della neutralità tecnologica». Così il presidente di Confindustria Emanuele Orsini, nel suo intervento durante l’assemblea di Federacciai presso la fiera di Vicenza. (…) «Nella produzione dell’acciaio siamo campioni del green steel, nel settore della ceramica abbiamo speso oltre 2 miliardi di euro per garantire una qualità dell’aria migliore e non possiamo permettere che ciò venga vanificato da una norma europea. Penso all’area di Maranello: senza automotive e senza ceramica sarebbe un deserto industriale quello che rischiamo di trovarci nel 2030 senza correttivi concreti alle politiche del green deal della Ue. Per questo puntiamo a costruire una rete delle Confindustrie europee che salvaguardi il patrimonio industriale del continente in una logica di neutralità tecnologica»”, si legge su La Stampa.

“«L’energia è la salvaguardia del Paese – ha detto ancora Orsini -, è ovvio che non possiamo pensare di competere con gli altri Paesi europei se abbiamo prezzi più alti di un 40%. Per questo noi chiederemo al governo che nella prossima Legge di Bilancio sia inclusa la sperimentazione immediata sul suolo italiano degli impianti per il nucleare», continua il giornale.

EX ILVA, URSO: “ACQUISTO GRANDE PLAYER ENTRO MARZO 2025”. METINVEST IN POLE

“Il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, punta a chiudere la vendita di Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria nei primi mesi del 2025. La previsione del ministro é marzo, un anno dopo il commissariamento della società. (…) «Tra pochi giorni, mi auguro, sarò a Taranto quando sarà attivato il secondo altoforno che era chiuso da quasi due anni – ha affermato Urso -. A dimostrazione di come un processo di ripristino degli impianti e dei livelli produttivi sia in atto. Guardate la tempistica: la più grande sfida industriale italiana, quella che tutti ritenevano ormai compromessa, l’abbiamo affrontata in pochi mesi. (…) E nel contempo a creare le condizioni, anche attraverso il prestito ponte che la Commissione ci ha subito autorizzato, per la gara internazionale. La prima fase si é appena conclusa – ha proseguito il ministro -. Entro novembre avremo un quadro definitivo che ci consentirà – mi auguro nella prima parte del prossimo anno – di assegnare gli impianti a dei player industrialo capaci di rilanciare la siderurgia italiana. Il tutto, se ci riusciamo, in appena un anno. Dai primi di marzo di quest’anno ai primi di marzo del prossimo anno”, si legge su Il Sole 24 Ore.

“«Taranto è una città che si é piegata – ha dichiarato il presidente di Confindustria Taranto, Salvatore Toma, con riferimento alla lunga crisi – ma sa rialzarsi e ripartire. Lo ha già fatto tante volte. La resilienza è questa. Siamo un serbatoio di opportunità e dobbiamo saperle capitalizzare: Pnrr, Just Fund Transition, Zes unica, Tecnopolo del Mediterraneo».(…) «In Puglia – ha sostenuto Fontana – abbiamo bandi eccezionalmente validi. Tempi rapidi e risposte certe. Nella mia azienda, a fronte di bandi del Mimit o del Miur, scegliamo quelli della Regione». E tra le nuove prospettive dell’area, c’è anche il rafforzamento dell’eolico offshore dopo l’inaugurazione del primo parco nel Mediterraneo. «Con MingYang – ha dichiarato Riccardo Toto, dg di Renexia, dopo l’accordo col più grande costruttore di turbine – stimiamo in 2 anni il tempo di costruzione della nuova fabbrica a partire dal Final Investiment Decision»”, continua il giornale.

“Avere fiducia e continuare a guardare avanti. Un imperativo categorico per Yuri Ryzhenkov, ceo di Metinvest. Dopo quasi mille giorni di guerra, il gruppo ucraino si sta lentamente rimettendo in carreggiata. Servirà ancora tempo per la normalità, ma per quel momento il gruppo vuole arrivare preparato. E l’Italia, con i progetti del gruppo per una acciaieria a Piombino (e le dinamiche irrisolte di un player di peso come l’ex Ilva, per la quale il manager non chiude la porta) è uno snodo centrale per Metinvest. «Quando la guerra sarà finita, Piombino accoglierà navi cariche di minerale e Dri in ingresso, e quelle stesse navi potranno ripartire cariche di coils, contribuendo alla ricostruzione del nostro Paese – spiega -. Speriamo di potere partire con i lavori per il primo trimestre del 2025. Il nostro progetto farà bene all’Italia, alla sua competitività. E anche sull’ex Ilva stiamo alla finestra, ma serve una soluzione di sistema, con un partner italiano e un ruolo attivo del Governo». (…) Continuiamo a guardare a tutte le opportunità: l’ex Ilva non è la nostra priorità, ma resta un dossier interessante. Non riteniamo opportuno, però, formalizzare un investimento da soli. Ci piacerebbe rientrare in partita più avanti, magari con un partner italiano”, si legge su Il Sole 24 Ore.

“A questo proposito, Metinvest è stata accostata ad Arvedi. Può essere il partner ideale? “Può esserlo chiunque, non abbiamo preclusioni”.
(…) Ho visto grandi opportunità, nel porto e nelle potenzialità impiantistiche, anche in ottica green. Ma servono molte risorse e coesione. Non è possibile portare avanti questo investimento da soli: servono partner finanziari e industriali, un ruolo per il Governo, il coinvolgimento della comunità locale e dei sindacati. A Piombino, invece, siete vicini a un accordo? (…) Siamo vicini, ma non così vicini. Stiamo finalizzando, speriamo nei prossimi mesi si possa fare. Puntiamo a partire nel primo trimestre. Da qui a quella data dovremo finalizzare l’accordo di programma, chiudere l’acquisto delle aree e strutturare il finanziamento”, continua il giornale.

“Siamo in contatto con diverse istituzioni finanziarie, in Italia e anche all’estero, per esempio in UK. Ci stiamo muovendo bene, c’è interesse. (…) Mai dire mai, ma al momento restiamo con questo assetto con il partner italiano, Danieli. (…) Credo che l’iniziativa rafforzi l’economia italiana: Metinvest competerà sul mercato con gli altri produttori, e questo è un beneficio. Per quanto riguarda il rottame e le materie prime, si tratta di un progetto sinergico con i nostri asset in Ucraina, e grazie al porto potremo rifornire minerale di ferro e Hbi. Abbiamo commissionato diversi studi sul mercato del rottame europeo e italiano: si prevede nei prossimi anni un aumento della generazione di rottame in Ue. Inoltre già oggi l’Italia esporta quasi un milione di rottame, più di quanto serve al nostro progetto, che ricorrerà al mercato libero solo per il 15% della necessità: è strano che una filiera capace di trovare spazio per il commercio estero di rottame sia preoccupata per gli equilibri interni. In realtà in Italia, semplicemente, c’è chi teme una maggiore competizione.(…) Ha denunciato il problema degli alti costi energetici in Ucraina, a causa dei danni della guerra. Come state reagendo? È difficile, perché il prezzo può variare da un giorno all’altro, raddoppiando o triplicando. Le nostre compagnie energetiche stanno producendo grandi sforzi, ma la situazione è complicata. La Russia, nel frattempo, continua a esportare alcuni quantitativi di bramme e altre materie prime, in Europa e anche in Italia. L’Ue dovrebbe adottare misure maggiormente restrittive. Le imprese russe, che ricevono sussidi in termini di prezzi energetici, si arricchiscono grazie ai consumatori europei. Non è corretto. Pure in Italia dovreste fare una riflessione, anche sul piano competitivo interno: Ilva è in difficoltà, e le bramme intanto entrano dalla Russia”, continua il giornale.

ENERGIA, PAPA “SERVE UNA CONVERSIONE ECOLOGICA”

“Care sorelle, cari fratelli, voglio portare i miei saluti a tutti i partecipanti di questa nuova edizione di Terra Madre. In modo particolare voglio manifestare tutta la mia vicinanza a quelle persone, donne e uomini, che hanno un ruolo primario nella produzione e
trasformazione del cibo. Il vostro lavoro ricopre un’importanza enorme nel la salvaguardia del pianeta. Un pianeta che in questo nostro tempo si trova in grande sofferenza. Un mondo ammalato, sul quale le angosce e le ingiustizie sono sempre più frequenti. Spesso l’agri
coltura viene strumentalizzata dalla logica del profitto, diventando quindi un mezzo per inquinare la terra, sfruttare i lavoratori e impoverire la biodiversità. Eppure l’agricoltura è la prima attività che Noè pratica dopo il diluvio universale. (…) Voi che portate avanti la coltura e la cultura del cibo nel pieno rispetto della natura, voi che arrivate da ogni parte del pianeta in rappresentanza di comunità spesso trascurate, che ben conoscete i limiti imposti dalla naturale lentezza dell’evoluzione biologica, ebbene voi siete spesso i primi a patire gli effetti disastrosi della crisi climatica. Sto parlando della siccità, della desertificazione, di fenomeni atmosferici sempre più violenti, della scarsità di risorse, ma anche dei conflitti e quindi delle migrazioni. Allo stesso tempo, siete testimoni di un valore di inestimabile importanza, un principio che è già espresso nell’antico testamento. Voi rappresentate una biodiversità culturale che oggi va portata in salvo”, si legge su La Stampa.

“Noi e tutti insieme, dobbiamo essere consapevoli che attraverso li vostro lavoro e i vostri sacrifici passa molto del la sorte di questo pianeta. Ecco che questo appuntamento di Terra Madre assume un significato importantissimo. Il dialogo, lo scambio culturale, la condivisione – sia del le problematiche che delle pratiche risolutive – e il senso di comunione che si crea in un’assise di questo tipo
può disegnare nuovi scenari di speranza per l’umanità. La fratellanza universale è ciò che dobbiamo perseguire, un concetto che trascende
le barriere culturali, religiose e sociali. (…) Il valore del cibo e una corretta educazione alimentare possono aiutare ad andare in questa direzione. Dico tutto questo anche al la luce di quanto ho potuto vivere nel 2019 in occasione del Sinodo Panamazzonico. In quell’occasione, attraverso uno scambio aperto, libero e rispettoso, è stato possibile dare voce ai tanti dolori e alle tante violenze che affliggono un territorio, “cuore biologico” del pianeta, in cui vivono 33 milioni di persone, di cui circa 2,5 milioni di indigeni. Quest’ultimi spesso costretti a subire le decisioni di chi basa il suo unico credo sulla tecnocrazia e sul denaro”, continua il giornale.

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