La Commissione europea ha detto di essere pronta “a salvaguardare i nostri interessi economici” e che, “se necessario, forniremo una risposta ferma, proporzionata, solida, ben calibrata e tempestiva a qualsiasi misura ingiusta e controproducente da parte degli Stati Uniti”
Il presidente Usa Donald Trump ha annunciato che dal 2 aprile introdurrà nuovi dazi del 25% su tutte le auto importate negli Stati Uniti prodotte fuori dagli USA. Von der Leyen si è detta “profondamente rammaricata”, ma ha anche sottolineato che l’Ue continuerà a cercare delle soluzioni negoziate, salvaguardando al contempo i suoi interessi economici”. Trump, con l’imposizione dei dazi, punta a raccogliere 100 miliardi di dollari.
I DAZI USA SULLE AUTO IMPORTATE
La Casa Bianca spera di raccogliere 100 miliardi di dollari da utilizzare per tagliare le tasse federali e rilanciare l’industria nazionale. Tuttavia, le sanzioni potrebbero avere degli effetti importanti anche sull’automotive americano, dal momento che i produttori USA sono dipendenti dalle catene di fornitura globali. Ad esempio, GM assembla all’estero il 40% dei veicoli venduti negli USA, e Ford il 20%. Di conseguenza, le case automobilistiche rischiano di dover fronteggiare un aumento dei prezzi al consumo, con un conseguente rallentamento delle vendite.
GLI EFFETTI SULL’INDUSTRIA AUTO EUROPEA (E IN BORSA)
Anche i produttori europei rischiano grosso: nel 2024 hanno le case automobilistiche dell’Ue hanno spedito oltreoceano veicoli per 38,4 miliardi di euro. Nel 2024 gli USA hanno rappresentato il principale mercato per l’export dell’automotive europeo, pari ad un quarto delle esportazioni totali del settore. Secondo S&P Global Mobility, circa metà della auto vendute negli USA ogni anno (quasi 8 milioni di veicoli), sono assemblate all’estero.
I dazi di Trump in Europa hanno già influito soprattutto su Stellantis e sui produttori tedeschi. Le chiusure di Borsa di ieri, come riporta il Sole 24 Ore, mostrano infatti che il gruppo franco-italiano ha perso oltre il 4%, mentre Porsche, Mercedes-Benz e BMW oltre il 2%. Male anche General Motors (-7,36%) e Ford (-3,88%), che produce per l’80% negli Stati Uniti.
LA RISPOSTA DELL’UNIONE EUROPEA
“Siamo preparati a salvaguardare i nostri interessi economici e, se necessario, forniremo una risposta ferma, proporzionata, solida, ben calibrata e tempestiva a qualsiasi misura ingiusta e controproducente da parte degli Stati Uniti”. Questo il messaggio della Commissione europea ai dazi americani, che replicherà a Washington con la stessa moneta, cioè applicando ai prodotti statunitensi le medesime tariffe. A Bruxelles vogliono aspettare metà aprile per emettere una risposta complessiva, e non solo sulle auto. Si sta valutando una misura lineare del 25% su tutti i beni importati su cui gli USA hanno già imposto la loro tariffa. La misura potrebbe valere tra i 20 e i 25 miliardi di euro.
LE REAZIONI DELLA POLITICA
“Ci dispiace – ha spiegato la vicepresidente della Commissione, Teresa Ribera – che l’amministrazione americana stia giocando contro il buon funzionamento del mercato globale. Risponderemo di conseguenza. La nostra priorità è trovare una soluzione negoziata, ma le misure annunciate vanno nella direzione completamente sbagliata”.
Il presidente francese Emmanuel Macron ha detto di sperare “che il presidente Trump possa tornare su questa decisione”, mentre per il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani “bisogna scongiurare la guerra dei dazi”.
VAVASSORI (ANFIA): “A RISCHIO LA NOSTRA CATENA PRODUTTIVA”
Sulle colonne del Corriere della Sera, il presidente di ANFIA (l’associazione che raggruppa i costruttori italiani dell’automobile), Roberto Vavassori, afferma che “è un errore madornale non pianificare una indipendenza dell’Europa e di conseguenza dell’Italia, dai dazi minacciati dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Servono fatti concreti, considerando anche che il settore dei ricambi USA vale 100 miliardi di dollari all’anno, di conseguenza anche quello della componentistica italiana può essere penalizzato duramente e indirettamente. Nei primi undici mesi del 2024 la filiera italiana ha inviato verso gli Stati Uniti oltre 1,5 miliardi. I costruttori premium tedeschi, come Bmw e Mercedes, esportano in America, ma acquistano molta parte della nostra tecnologia, di conseguenza la nostra catena produttiva verrebbe danneggiata”.