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Bei: Perché vietare gli investimenti in combustibili fossili è un errore enorme

La decisione della Bei potrebbe avere conseguenze importanti sull’Europa sotto il profilo energetico, ecco quali sono

Le strategie attiviste per il riscaldamento globale hanno indotto la Banca europea per gli investimenti (Bei) a vietare il finanziamento di progetti relativi ai combustibili fossili. Dopo più di un anno di pressioni da parte degli Stati Ue e una lista sempre più ampia di ONG e gruppi di pressione, la Bei ha deciso di tagliare il suo sostegno finanziario per tutti i nuovi progetti sui combustibili fossili dal 2021. Sosterrà inoltre 1 trilione di euro di investimenti nell’azione per il clima e la sostenibilità ambientale. L’obiettivo è quello di costringere i paesi europei a porre fine ai nuovi progetti energetici alimentati a gas e rispettare gli accordi di Parigi e gli obiettivi europei in materia di emissioni di CO2. Il vicepresidente dell’istituto finanziario Ue Andrew McDowell ha dichiarato alla stampa che la nuova politica di prestiti è da considerarsi una decisione storica, ed è stata approvata con un sostegno “schiacciante”. Ribadendo, inoltre, che impedirà investimenti o finanziamenti per la maggior parte dei progetti relativi ai combustibili fossili, compresi quelli che utilizzano l’uso del gas.

LA SCAPPATOIA

In realtà scrive Oilprice.com “c’è ancora una piccola scappatoia per i progetti sui combustibili fossili, poiché i finanziamenti della Bei saranno ancora disponibili per progetti che possono dimostrare di poter produrre un chilowattora di energia emettendo meno di 250 g di anidride carbonica. Le tecnologie innovative potrebbero quindi essere, alla fine, la salvezza per le centrali tradizionali a gas”.

I RISCHI DELLA DECISIONE

L’importanza di questa decisione della Bei non può però essere sottovalutata: “Come importante istituzione finanziaria, un’ampia gamma di progetti connessi all’energia all’interno e all’esterno dell’Ue, come i progetti di gasdotti in Asia centrale, in Turchia e le recenti discussioni sui progetti di gas offshore nel Mediterraneo orientale, sono ora in pericolo – scrive Oilprice.com -. Mentre vari partiti ambientalisti e ONG celebrano questa mossa come una grande vittoria, in realtà è una vittoria che comporta alcuni rischi reali. La decisione, in gran parte inevitabile dopo che i ministri delle finanze Ue hanno deciso all’unanimità di avviare misure più severe per combattere il cambiamento climatico, eserciterà una maggiore pressione su tutte le parti per eliminare gradualmente i progetti relativi a gas, petrolio e carbone”. In questo senso “i progetti dei paesi terzi saranno i più colpiti, in quanto avranno molte più difficoltà nel cercare di trovare un sostegno finanziario sufficiente per i nuovi progetti. Il sostegno della Bei è sempre stato un pezzo importante del puzzle energetico, con soggetti terzi che l’hanno utilizzato come leva per organizzare consorzi finanziari necessari per avviare nuovi progetti legati al gas”.

LA STRATEGIA EUROPEA È SEMPRE STATA BASATA SULLA DIVERSIFICAZIONE DEGLI APPROVVIGIONAMENTI DALLA RUSSIA

In sostanza, spiega Cyril Widdershoven, consulente presso think tank internazionali in Medio Oriente, Paesi Bassi, Regno Unito e Usa dalle colonne di Oilprice,com, la decisione della Bei e dei ministri delle Finanze europei “è una decisione politica, non basata su valutazioni reali della situazione generale del mercato dell’energia all’interno dell’Ue, che non tiene conto dei rischi economici e geopolitici per le regioni confinanti con l’Europa. Per decenni Bruxelles ha puntato a un livello più elevato di sicurezza dell’approvvigionamento energetico (soprattutto gas) al fine di svezzare l’Europa dalla sua dipendenza dal gas russo. Questa strategia è stata ben lungi dall’essere un successo, con paesi europei che oggi sembrano più che mai dipendenti dalle risorse russe”.

QUANTO L’UE DIPENDE DA MOSCA

In effetti, i dati ufficiali di EuroStat mostrano che la dipendenza dal gas naturale dell’Europa ha raggiunto il massimo storico del 77,9% nel 2018, rispetto al 74,4% del 2017. Mentre il consumo di gas di base dell’Ue è leggermente inferiore, le importazioni dovranno comunque aumentare con la diminuzione della produzione interna di gas (Groningen, Mare del Nord). Per ridurre la dipendenza dalla Russia, saranno necessarie altre fonti. Queste nuove fonti saranno sostenute dalla Bie ma solo fino al 2021.

L’ACCORDO DI PARIGI POTREBBE FALLIRE SENZA IL GAS

“Allo stesso tempo, gli esperti sembrano concordare sul fatto che il modo migliore per ridurre le emissioni di CO2 nell’Ue è sostituire la produzione di petrolio e carbone nell’Europa orientale con il gas naturale. Attualmente queste centrali elettriche tradizionali stanno lottando per trovare fonti di approvvigionamento di gas. Per attuare una strategia funzionale dell’accordo di Parigi, la domanda di gas deve aumentare. Sono necessarie anche ulteriori infrastrutture di trasporto, ma la decisione della Bei avrà un impatto anche su questo aspetto. Anche nelle proiezioni più ottimistiche, le opzioni di energia rinnovabile, come quella eolica o solare, non saranno in grado di contrastare il fabbisogno di capacità di produzione di energia elettrica. Se la Bei blocca una transizione energetica dolce attraverso il gas naturale, l’accordo di Parigi quasi certamente fallirà”, scrive ancora Widdershoven su Oilprice.com.

SENZA “INCENTIVI” POSSIBILE SPOSTAMENTO A EST DEI FLUSSI DI GAS

Un’altra preoccupazione che la Bei non sembra aver preso in considerazione è infine che “l’eliminazione del sostegno finanziario a progetti connessi al gas naturale nel Mediterraneo o in Asia centrale e nel Caucaso metterà a repentaglio la sicurezza dell’approvvigionamento nella regione. Il sostegno economico della Bei è stato fondamentale per i principali progetti energetici al di fuori dell’Europa, non solo per fornire volumi supplementari all’Ue, ma anche per aumentare la crescita economica nei paesi politicamente fragili. I collegamenti delle infrastrutture energetiche raggiungono anche regioni come Algeria, Azerbaigian o Mediterraneo orientale. Senza queste opzioni economiche e strategiche praticabili, il settore delle energie rinnovabili dell’Europa occidentale riceverà forse un impulso, ma la sicurezza, la stabilità dell’approvvigionamento energetico dell’Europa orientale e di altri paesi saranno minacciate. L’attuale concentrazione europea dei produttori di energia nel Mediterraneo e nell’Asia centrale può facilmente spostarsi da ovest a est se gli incentivi scompaiono”.

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