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Gnl

Bessi: Ecco come gli Usa sono diventati i primi della classe nel gas e il ruolo dell’Ue

Washington non ha mai guadato solo a oriente e ha dato il via a un export con le gasiere di Gnl che dal terminale di Sabine Pass della compagnia Cheniere Energy si dirigono in Europa

Secondo appuntamento con lo shale gas e il suo ruolo nel presente ma, soprattutto, nel futuro energetico dell’occidente. Sempre con il consigliare Pd alla Regione Emilia-Romagna Gianni Bessi.

D: Allora Bessi, nella chiacchierata precedente ci eravamo lasciati con Joe Biden e il nuovo ruolo degli Stati Uniti come esportatori di gas naturale liquefatto. E adesso?

R: “E adesso sono alle prese con il consolidamento di questa posizione. Gli Usa da semplici clienti sono diventati competitor dei petrostati tradizionali, grazie alla potenzialità delle produzioni, sostenute dall’innovazione tecnologica che permette di sfruttare giacimenti prima ‘dormienti’, ai nuovi progetti e alle infrastrutture. Il grande gioco viene da lontano, dalle due guerre mondiali quando gli Stati Uniti decisero di mettere i ‘boots on the ground’ sul suolo europeo: la vittoria degli Usa, che ebbe come effetto la liberazione dell’Europa e la fine dell’Impero britannico, li portò a diventare la nuova potenza globale, in mare, in terra, nell’aria e nello spazio”.

Un nuovo impero al posto di quello britannico.

“E con modalità differenti, meno ‘ottocentesche’ se mi è permessa l’espressione. A un impero moderno servono strumenti nuovi per mantenere il primato politico ed economico: uno dei più importanti è l’energia. Il grande gioco non riguarda più la conquista dei territori, ma delle materie prime, tra cui la risorsa energetica: la fonte di sopravvivenza dell’impero. Le azioni fanno emergere non tanto le figure singole ma il capitalismo politico come teorizzato da Max Weber, dove cambiano gli attori delle azioni di difesa o di attacco ma non il fine del grande gioco: la conquista dell’energia”.

E tutti i presidenti hanno sostenuto questo corso.

“Come ho accennato la volta scorsa, la politica energetica di Joe Biden non si discosta nella sostanza da quella di Trump a partire dalle dichiarazioni di boicottaggio al Nord Stream 2. Una differenza si potrebbe cogliere con il rientro degli Usa ufficialmente negli accordi di Parigi, ma sfuma immediatamente se si considera la mossa di inviare la neosegretaria all’Energia Jennifer Granholm che il 3 febbraio 2021 ha confermato il sostegno dell’amministrazione Biden alla produzione e alla commercializzazione di Gnl, insieme a quello alla carbon capture and utilization della CO2. Tutto per tranquillizzare i produttori texani e Wall Street esposti per miliardi sul settore risorse tradizionali”.

Il Nord Stream 2 è stato il motivo di maggiore frizione fra Usa ed Unione europea fino all’invasione russa dell’Ucraina.

“La costruzione del Nord Stream 2, il gasdotto da 12 miliardi di dollari che doveva trasportare gas dalla Russia con due linee parallele lunghe circa 1200 chilometri con partenza a Ust-Luga, sud-ovest di San Pietroburgo, e arrivo presso la città costiera tedesca di Lubmin, vicino a Greifswald è stato osteggiato in tutti i modi dal Deep state USA a prescindere dall’amministrazione. Nell’ultimo giorno di mandato, il 19 gennaio 2020, l’amministrazione Trump ha imposto sanzioni alla russa KVT-RUS, proprietaria della nave posatubi Fortuna, ai sensi del Countering America’s Adversaries Through Sanctions Act (CAATSA). In questo modo ha ampliato la minaccia di sanzioni statunitensi nei confronti delle aziende che forniscono servizi alle navi che posano i tubi del progetto, così come di quelle che svolgono attività di test, ispezione o certificazione delle tubazioni”.

Dove si produce il Gnl americano?

“Dopo quello di Barnett Shale in Texas, che ho richiamato nella precedente conversazione, nel 2008, sono entrati in produzione altri quattro giacimenti, Haynesville Shale, in Louisiana e Texas, Faytteville Shale, Arkansas, Woodford Shale, Oklahoma e Marcellus Shale, che ha il suo cuore in Pennsylvania, ma che si estende dalla Virginia a New York. Le stime indicano riserve di 14mila miliardi di metri cubi: solo il giacimento di Ghawar in Arabia Saudita ha una dimensione maggiore mentre Marcellus Shale potrebbe essere il più grande giacimento di gas naturale al mondo, superiore perfino al gigantesco North Field nel Qatar. Senza dimenticare il gigantesco ‘giacimento Permiano’ i cui confini vanno dal Texas al Nuovo Messico”.

Dove e come si trasporta il Gnl statunitense?

“Per quanto riguarda i mercati orientali attraverso il Canale di Panama, che è stato allargato nel 2016 con un raddoppio della capacità. Nel 2021 il canale ha registrato transiti per 516,7 milioni di tonnellate, con un aumento dell’8,7 per cento rispetto al 2020. I transiti delle navi Gnl sono in testa, con un aumento del 31,4 per cento rispetto all’anno precedente”.

Ma ora l’Europa è diventata il primo cliente

“Washington non ha mai guadato solo a oriente e ha dato il via a un export con le gasiere di Gnl che dal terminale di Sabine Pass della compagnia Cheniere Energy si dirigono alla volta dei terminali polacchi e di quello di Klaipeda in Lituania. È stato il modo per mettere un piede nel mercato del gas europeo e limare le quote di forniture russe proprio nei paesi dell’ex cortina di ferro”.

E intanto Russia e Cina non sono state a guardare.

“Grazie alla riduzione della calotta artica si sono modificati gli equilibri dei traffici navali atlantici, permettendo alla Russia di sfruttare nuove rotte. Il Gnl viene o, meglio, veniva spedito dal sito produttivo di Yamal nell’Artico russo: stiamo parlando di una produzione di 16,5 milioni di tonnellate di Gnl all’anno entro il 2019. Questa che potremmo chiamare la ‘dottrina polare’ della Russia trova una sponda a Pechino con la sua Belt and Road Initiative, dove ha inserito come appendice la Via della Seta polare, l‘Operazione Dragone Bianco’). L’obiettivo della Cina è la Groenlandia e grazie a questa iniziativa conta di arrivarci: una ‘corsa ai ghiacci’ con meta gli immensi giacimenti di rubini, diamanti, oro, zinco e uranio. Il nord è il palcoscenico di una delle sfide del secolo: la corsa all’Artico. Il circolo polare artico è un luogo strategico sia per la posizione geografica sia per le immense risorse naturali: limitandoci a petrolio e gas parliamo di quasi il 40% delle riserve mondiali”.

E con una puntata nel freddo polare su conclude anche questa puntata del nostro approfondimento sullo shale gas. Bessi, un’anticipazione sul tema della prossima volta?

“Parleremo di produzione, deviazioni, prezzi e dinamiche finanziarie. E, per uscire dai tecnicismi, se gli americani sono in grado di sostituire la Russia come fornitori di gas all’Europa”.

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