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Come le carte carburante aiuteranno le Big Oil nella transizione energetica

Con il passaggio alla mobilità elettrica, anche le carte carburante potrebbero subire una trasformazione. E possono aiutare le compagnie petrolifere nella transizione energetica

Secondo le previsioni dell’Unione europea, entro il 2030 ci saranno 35 milioni di veicoli elettrici per le strade. È un obiettivo non semplice da realizzare, specialmente se – ha scritto Alexander Landia di The Mobility House sul Financial Times – i consumatori avvertiranno i costi del passaggio alla mobilità elettrica come troppo alti.

GESTIRE I NUOVI SISTEMI ENERGETICI

La transizione energetica e la rivoluzione dei trasporti possono entrambe rappresentare un’opportunità per le compagnie petrolifere tradizionali, che stanno cercando di reinventare i loro modelli di business e distanziarsi dal greggio.

Secondo Landia, le Big Oil dovrebbero concentrarsi sull’acquisizione di capacità che le consentiranno di gestire la flessibilità dei prossimi sistemi energetici: ovvero come stoccare l’elettricità e come rifornire la rete elettrica, oppure come gestire la domanda energetica a seconda della disponibilità di energia solare o eolica. In un mondo sempre più elettrificato ci sarà una crescita della domanda di elettricità, il che imporrà un accurato monitoraggio dell’intermittenza delle rinnovabili.

LA PICCOLA RIVOLUZIONE DELLE CARTE CARBURANTE

Landia scrive che le carte carburante – uno strumento spesso utilizzato dalle aziende che dispongono di proprie flotte – possono aiutare le compagnie petrolifere a ritagliarsi una presenza maggiore nella transizione energetica.

Con il passaggio alla mobilità elettrica, anche le attuali carte carburante potrebbero subire una trasformazione per offrire, ad esempio, servizi di gestione e ricarica delle batterie al posto di forniture di benzina o diesel.

BATTERIE E RETI

Con l’aumentare del numero di veicoli elettrici per le strade, secondo Landia le batterie diventeranno “l’opzione migliore per fornire flessibilità a breve termine alle reti”.

Si stima che il guidatore medio utilizzi soltanto la metà della capacità della batteria che viene garantita dal costruttore; l’altra metà può allora essere usata per stabilizzare la rete elettrica. Se infatti all’acquirente di un’automobile elettrica venisse offerta la possibilità di sfruttare con profitto quella metà della batteria generalmente inutilizzata, i costi della mobilità elettrica si farebbero più sostenibili.

Se, dopo essere stato parcheggiato, il veicolo elettrico viene collegato ad una stazione di ricarica smart, questa potrebbe sia rifornire di energia quando l’offerta è più alta e i prezzi più bassi, sia attingere elettricità dalla batteria per inviarla alla rete, permettendo di migliorarne la flessibilità e il bilanciamento.

Inoltre, considerato che la durata media delle batterie per le auto elettriche è di circa dieci anni, sarebbe possibile dare loro una “seconda vita” utilizzandole come sistemi di deposito energetico fisso per altri cinque o dieci anni.

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