La produzione di acciaio è uno dei due maggiori contributori industriali al cambiamento climatico, rappresentando il 7-9% di emissioni della CO2 globale
Per ottenere una drastica riduzione delle emissioni nel settore siderurgico, diventa necessaria l’integrazione di tecnologie rivoluzionarie a basse emissioni di carbonio come la tecnologia di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS) e le soluzioni di idrogeno (H2).
Tuttavia, l’applicabilità di entrambe le soluzioni e il loro potenziale di riduzione delle emissioni dipende da diversi fattori tecnici, economici e politici. Un analisi condotta dal The Oxford Institute For Energy Studies, fa luce su questi fattori e discute il “premium” dell’acciaio verde e quali industrie probabilmente diventeranno i primi ad adottare i prodotti in acciaio verde. Il lavoro, inoltre, evidenzia le diverse forme di concorrenza a cui gli acciai più verdi sarebbero soggetti nel mercato, comprese le implicazioni sul commercio globale, e come i governi e il settore privato possono aiutare a mobilitare gli investimenti in queste soluzioni.
ACCIAIO VERDE: LE SOLUZIONI PER RIDURRE LE EMISSIONI
Un analisi condotta dal The Oxford Institute For Energy Studies evidenzia come tra i modi per ridurre l’intensità delle emissioni della produzione primaria di acciaio è quello di utilizzare la biomassa come riduttore al posto del carbone o delle energie rinnovabili per alimentare il processo. Un altro è l’introduzione della CCS. In teoria, la produzione di acciaio con la biomassa è promettente, in quanto la stessa generazione di bioenergia può essere accoppiata con la CCS (cioè la BECCS), che può portare a un acciaio “carbon-negative”. Tuttavia, la biomassa stessa ha un “debito di carbonio”, ovvero una volta bruciata riemette la CO2 assorbita durante la crescita.
Dal punto di vista delle emissioni, la produzione di acciaio a partire dalla DR presenta due vantaggi. In primo luogo, la DR elimina le emissioni associate a un altoforno tradizionale. In secondo luogo, se combinata con l’idrogeno, si elimina la necessità di utilizzare il gas naturale come reagente, evitando le emissioni associate alla sua combustione (e quindi la necessità di catturare la CO2 nella fase di DR, come nel progetto di Emirates Steel). Per quanto promettente, la siderurgia basata sull’H2 comporterebbe comunque emissioni altrove, e potenzialmente in quantità significative. Questo perché l’idrogeno, a differenza del carbonio, non è una risorsa facilmente disponibile dalla geosfera (come il carbone o il coke) o dalla biosfera (ad esempio, biomassa e carbone) e deve essere prodotto attraverso l’elettrolisi dell’acqua. In questo processo, grandi quantità di elettricità verrebbero consumate in tre fasi del percorso H2-DR-EAF: per generare l’idrogeno stesso e per alimentare i processi DR ed EAF.
I COSTI ELEVATI
Dallo studio, però, emerge come l’ostacolo più rilevante alla produzione di acciaio ecologico è rappresentato dai costi. In media, i costi di produzione di un acciaio più ecologico – sia attraverso la cattura del carbonio che l’integrazione dell’idrogeno – possono variare dal 20-30% fino al 50% in più rispetto alla produzione convenzionale. Ciò è dovuto in gran parte agli elevati costi di capitale inerenti alle tecnologie di cattura del carbonio e agli elettrolizzatori, nonostante le previsioni di riduzione dei costi con una maggiore diffusione. In effetti, la redditività economica della produzione di acciaio verde dipenderà in ultima analisi dalla possibilità di trasferire un premio equivalente ai consumatori finali o di essere sostenuti liberamente dal mercato.
LA CONCORRENZA SUL MERCATO
L’acciaio è un bene commercializzato a livello internazionale e soggetto a una forte concorrenza sia sul mercato nazionale che su quello estero, dove un prodotto di acciaio verde di alta qualità sarebbe in diretta competizione con la sua controparte tradizionale, più economica e ad alta intensità di carbonio. Poiché operano con margini di profitto così ristretti, i produttori di acciaio (verde) rischiano di perdere quote di mercato, per cui i primi ad adottare il prodotto si troveranno in una posizione di svantaggio, a meno che non competano sulla base della differenziazione del prodotto piuttosto che dei costi.
Tuttavia -secondo quanto emerge dallo studio – la differenziazione del prodotto può essere di per sé una sfida, poiché il prodotto finale (acciaio verde), fondamentalmente diverso dal punto di vista dell’intensità delle emissioni, non si distingue in modo evidente dagli acciai tradizionali. In effetti, questo è uno dei problemi che circondano – e forse ostacolano – la creazione di un mercato dell’acciaio verde, in cui dovrebbero essere presenti rigorosi sistemi di misurazione, rendicontazione e verifica (MRV), oltre a standard e processi di certificazione chiaramente definiti, per mitigare il rischio di greenwashing.
ACCIAIO VERDE E VEICOLI PESANTI
Dall’analisi emerge come, dal punto di vista economico, l’integrazione dell’acciaio verde nei veicoli pesanti elettrici ha il potenziale per diventare una pratica mainstream se la stessa produzione di veicoli elettrici (EV) viene sovvenzionata: un esempio di iniziativa EV fortemente sovvenzionata è quella di Volvo Lights nella California meridionale. Per questi motivi, non sorprende la recente tendenza a collaborare sul mercato tra case automobilistiche e fornitori di acciaio verde, tra cui BMW Group e l’acciaieria statunitense Boston Metal, Mercedes-Benz e il progetto svedese H2GreenSteel e il progetto di produzione di acciaio verde basato su H2 di Volvo Trucks e SSAB, solo per citarne alcuni.