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Carbone, la Cina guarda al Pakistan come alternativa all’Australia

Attraverso il progetto Thar Block-I, la Cina potrebbe voler mettere mano sulle riserve di carbone del Pakistan, in un momento di tensione geopolitica con l’Australia

All’inizio di agosto circa cinquecento impiegati della Shanghai Electric Power, compagnia cinese che opera nel settore dell’energia elettrica, sono arrivati in Pakistan per riprendere i lavori al progetto Thar Block-I dopo i mesi di ritardo causati dalla pandemia di COVID-19.

IN COSA CONSISTE IL PROGETTO THAR BLOCK-I

Il progetto vale 1,9 miliardi di dollari e prevede sia la realizzazione di una miniera di carbone a cielo aperto in grado di fornire 6,8 milioni di tonnellate di lignite all’anno, sia la costruzione di due centrali elettriche da 660 megawatt. Il tutto in un’area desertica nel distretto di Tharparkar, nel Pakistan sud-orientale, vicino al confine con l’India.

Il bacino carbonifero di Thar copre un’area di oltre 9000 chilometri quadrati. È il settimo giacimento di lignite più grande al mondo e il più grande del Pakistan, con riserve stimate in 175 miliardi di tonnellate. Il governo di Islamabad punta nel lungo periodo a sfruttarlo completamente, dividendolo in dodici blocchi.

La prima delle due centrali elettriche del progetto Thar Block-I, invece, sarà operativa per l’agosto del 2022, mentre la seconda per il febbraio 2023. L’energia generata dai due impianti andrà ad alimentare la rete elettrica pakistana.

Nel 2011 il progetto è stato dato in concessione per trent’anni alla Sino-Sindh Resources, compagnia cinese sussidiaria della Shanghai Electric Power.

LE NECESSITÀ DEL PAKISTAN

Il progetto Thar Block-I è stato concepito per alimentare la rete elettrica pakistana. Il paese ha bisogno di potenziare la produzione domestica di energia sia per soddisfare il fabbisogno interno, sia per ridurre la dipendenza dalle importazioni dall’estero.

Il progetto – come scrive il Nikkei Asian Review – è insomma cruciale per Islamabad, che vuole industrializzarsi e ha necessità di rispondere alla domanda energetica di una popolazione in rapida crescita.

IL CORRIDOIO ECONOMICO CINA-PAKISTAN

Il progetto Thar Block-I è uno dei più importanti legati al Corridoio economico Cina-Pakistan – una delle iniziative principali che compongono la Nuova via della seta cinese –, che prevede la realizzazione di vie di trasporto e di impianti energetici in Pakistan, tra le altre cose.

Per Islamabad il corridoio rappresenta un’opportunità di sviluppo economico ed infrastrutturale. Per Pechino il progetto possiede un valore strategico enorme perché consentirà di connettere la regione dello Xinjiang (priva di sbocchi sul mare) al porto pakistano di Gwadar, sul mar Arabico.

COSA VUOLE FARE LA CINA

Il Nikkei riporta le osservazioni di chi ritiene che la Cina, attraverso il progetto Thar Block-I, abbia intenzione di mettere mano sulle riserve di carbone pakistane.

La Cina è il maggiore importatore di carbone al mondo e si rifornisce principalmente dall’Australia, seguita – a distanza – da Mongolia, Indonesia e Russia (dati ONU, 2018). Ma dall’inizio della pandemia i rapporti tra Pechino e Canberra sono precipitati: l’Australia ha criticato la gestione cinese della crisi del coronavirus e più in generale intende contrastarne l’assertività nella regione del Pacifico. Senza però arrivare ad una rottura totale, che comprometterebbe gli importanti rapporti economici.

Concentrando il discorso sull’energia, pare che Pechino abbia effettivamente ordinato alle utilities statali di non acquistare carbone dall’Australia. Si tratta di una forma di ritorsione verso Canberra. Ma – e soprattutto – la Cina non vuole mettere la propria sicurezza energetica nelle mani di un paese molto vicino al proprio rivale principale: gli Stati Uniti d’America.

Gli analisti si chiedono se il Pakistan possa diventare per la Cina una nuova fonte di carbone: a differenza di Canberra, Islamabad è ben più allineata a Pechino. La Shanghai Electric Power non ha però mostrato intenzione di importare la lignite prodotta a Thar Block-I, secondo il ministro dell’Energia della provincia pakistana in cui si trova il progetto.

È probabile che la Cina voglia garantirsi delle alternative più sicure all’Australia. Non lo è invece un azzeramento totale delle importazioni di carbone da Canberra, nonostante le tensioni geopolitiche. Il carbone di Thar, poi, non è di grande qualità e non può dunque rimpiazzare quello australiano.

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