Advertisement Skip to content
Usa

Come cambierà la politica energetica Usa dopo le elezioni

Naturalmente, prodromico a tutto ciò, saranno i fondamenti dell’economia e dei mercati dell’energia degli Usa già dominati dalla pandemia di coronavirus.

Con l’avvicinarsi delle elezioni americane del 2020, gran parte della discussione a livello nazionale si concentra sulla corsa presidenziale, ma gli elettori dovranno anche affrontare una serie di scelte elettorali che determineranno il futuro della politica del settore energetico a livello federale e statale.

CONGRESSO USA DIVISO FINORA

Gli ultimi due anni sono stati caratterizzati, infatti, da un Congresso Usa diviso tra Democratici e Repubblicani. I Dem avranno la possibilità di riprendere il controllo del Senato dopo sei anni di minoranza. Se abbinato alla conferma di una maggioranza alla Camera dei Rappresentanti e ad una vittoria presidenziale di Joe Biden, un Senato Democratico potrebbe cambiare radicalmente il panorama per ogni sorta di legislazione, regolamentazione e politica energetica.

LIVELLO STATALE USA

A livello statale, il voto si sta misurando su una serie di proposte locali come l’obbligo di portafoglio rinnovabile standard (RPS) al 50% entro il 2030 in Nevada, l’aumento delle tasse sulla produzione di petrolio di North Slope in Alaska e una nuova formula ad valorem di imposta sugli immobili legata alla produzione di petrolio e gas in Louisiana.

TUTTO DIPENDE DAI FONDAMENTI DELL’ECONOMIA

Naturalmente, prodromico a tutto ciò, saranno i fondamenti dell’economia e dei mercati dell’energia degli Usa, già dominati dalla pandemia di coronavirus. In particolare, questi fattori potrebbero essere temperati dalla consapevolezza di responsabili politici e funzionari del peso della pandemia e della conseguente recessione economica.

DIPENDE DA CHI VINCE

Mentre una vittoria di Donald Trump e il continuo controllo del Senato da parte dei repubblicani potrebbe far pendere l’ago della bilancia più per i combustibili fossili, per il commercio e per il rollback normativo, una vittoria di Biden e un cambio di Senato non offrirebbero necessariamente l’effetto contrario, almeno non subito, secondo Chris Midgley, responsabile Global Analysis di S&P Platts. “Non credo nemmeno per un momento che il suo primo anno possa esser segnato dalla sua entrata nel settore del petrolio e del gas in un momento in cui sono tutti in difficoltà”, ha detto Midgley riguarda a una potenziale presidenza di Biden. Sarebbe un suicidio. Deve essere sicuro di sostenere lo slancio dell’economia”.

Un Congresso democratico potrebbe eliminare l’ostruzionismo del Senato a favore di una legislazione più progressista. Ciò porterebbe anche ad usare il Congressional Review Act per ribaltare alcune delle recenti norme regolamentari dell’amministrazione Trump. La sinistra potrebbe anche inserire disposizioni incentrate sul clima e finanziamenti per l’energia pulita nella legislazione per la ripresa economica a medio termine, qualora i Democratici mantenessero il controllo della Camera e riprendessero il Senato.

Malgrado Biden abbia proposto di decarbonizzare completamente il settore energetico statunitense entro il 2035, un Congresso guidato dai Democratici farebbe passare probabilmente una versione più annacquata, anche se ancora “storicamente ambiziosa”, di quel piano di riduzione delle emissioni a causa dei venti contrari dei repubblicani del Congresso, degli stati e dei vincoli del mercato, ha detto David Livingston, analista senior dell’Eurasia Group secondo quanto si legge su S&p Global Platts.

Una presidenza Biden con un Parlamento diviso potrebbe, invece, ricorrere a un’azione più orientata verso l’esecutivo. Ma proprio come l’amministrazione Obama – che si è affidata all’autorità del Clean Air Act dell’Environmental Protection Agency per l’attuazione del Clean Power Plan – ha visto uno dei suoi maggiori sforzi per il clima ostacolato da una sospensione della Corte Suprema. In questo senso un’amministrazione Biden potrebbe affrontare ostacoli simili senza una forte maggioranza democratica al Congresso, secondo Matt Williams, analista delle emissioni e dell’energia pulita di S&P Global Platts Analytics.

LA VITTORIA DI BIDEN POTREBBE PORTARE AD UN AUMENTO DELLE ESPORTAZIONI DI PETROLIO IRANIANO ENTRO IL 2022

Ma non c’è solo il fronte interno da prendere in considerazione: l’Iran, con un cambio di presidenza americano, potrebbe godere del maggiore impatto in termini di fornitura e di prezzo per i mercati petroliferi mondiali in vista delle elezioni di novembre, e gli analisti si aspettano che la Casa Bianca di Biden torni rapidamente al tavolo delle trattative con Teheran.

S&P Global Platts Analytics prevede che 1,5 milioni di b/g di esportazioni iraniane potrebbero tornare sul mercato entro un anno da un nuovo accordo che elimina le sanzioni petrolifere statunitensi.

Rapidan Energy Group prevede il ritorno di 1,8 milioni di b/g entro la fine del 2021 sotto la guida del presidente Joe Biden, con un anno di anticipo rispetto agli scenari di un eventuale secondo mandato per il presidente Donald Trump.

Se Trump dovesse vincere il secondo mandato, gli analisti si aspettano infatti che l’applicazione delle sanzioni rimanga rigida e che la retorica rimanga accesa tra Washington e Teheran almeno fino al prossimo anno.

IL TEST OPEC+

Sia che un nuovo accordo emerga da un’amministrazione Biden o Trump, l’Opec+ si troverà comunque ad affrontare una sfida enorme, che consiste nell’accogliere fino a 2,5 milioni di b/g di forniture iraniane in più.

L’Iran, infatti, ha una capacità di esportazione attuale di 2,7 milioni di b/g e potrebbe riportare 2,5 milioni di b/g in 8-12 mesi sui mercati se le sanzioni venissero rimosse, ha detto Reid I’Anson, analista della società di intelligence dati Kpler di Houston.

ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWSLETTER

Abilita JavaScript nel browser per completare questo modulo.

Rispettiamo la tua privacy, non ti invieremo SPAM e non passiamo la tua email a Terzi

Torna su