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Perché c'è molto scetticismo sulla Cop28 di Dubai

Perché c’è molto scetticismo sulla Cop28 di Dubai

L’ultima notizia riguarda – secondo documenti consultati dalla Bbc – la pianificazione di accordi su petrolio e gas tra Emirati Arabi Uniti e altri quindici Paesi

Una differenza, forse, tra la Cop27 e la conferenza sul clima che si apre fra tre giorni a Dubai già è emersa in queste settimane di avvicinamento. Riguarda lo scetticismo piuttosto ampio che sta accompagnando il nuovo appuntamento annuale che vedrà gli Emirati Arabi Uniti ospitare i colloqui. Uno scetticismo fondato su tanti elementi, da ultimo quello emerso stamani grazie alla Bbc: gli Eau discuteranno con altri quindici Paesi accordi su petrolio e gas, malgrado la kermesse debba puntare a nuovi sviluppi per la transizione climatica.

PETROLIO E GAS SARANNO PROTAGONISTI ALLA COP28

Secondo la Bbc, dunque, saranno davvero protagonisti l’oil and gas con nuovi progetti tra Eau e altri Stati, tra cui Germania e Egitto ma anche Cina e Brasile. “I documenti – ottenuti dai giornalisti indipendenti del Centre for Climate Reporting che lavorano a fianco della BBC – sono stati preparati dal team COP28 degli Emirati Arabi Uniti per incontri con almeno 27 governi stranieri prima del vertice COP28, che inizia il 30 novembre”, racconta il sito dell’emittente britannica.

GLI OBIETTIVI DELLA CONFERENZA NEGLI EMIRATI

Eppure, una delle questioni più dirimenti della conferenza riguarda l’opposto dei progetti in Oil and Gas. E cioè, come dare concretezza al fondo sulle perdite e il pagamento dei danni da inquinamento e come stimolare progetti per le energie pulite. Lo scetticismo imperante già accennato poc’anzi si deve però alla sede dei colloqui, visto che si svolgeranno a Dubai e sarà presieduta da Sultan Al Jaber, amministratore delegato della compagnia petrolifera Adnoc.

Come raccontato qualche giorno fa da Bruegel, un eventuale (ma remoto) successo del vertice potrà misurarsi solo in rapporto a Parigi 2015 e al suo Global Stocktake. A Dubai dovranno valutarsi mitigazione, adattamento e finanza climatica. Nello specifico, ogni Paese dovrebbe mostrare i suoi progressi o comunque gli sforzi sulla riduzione delle emissioni e sulla spinta alle rinnovabili.

La pressione, teoricamente, dovrebbe essere posta anzitutto sui Paesi ricchi e grandi inquinatori. Sono loro che, dal 2009, si sono impegnati – pur senza effetti concreti – a mettere sul tavolo comune cento miliardi di dollari all’anno. Negli Emirati si dovrebbe andare verso una nuova promessa, forse.

LE PREOCCUPAZIONI MAGGIORI

Le altre ragioni dello scetticismo su Cop28, oltre a questi progetti di cui discuteranno gli Emirati Arabi, riguardano i pochi progressi fatti non solo rispetto a Sharm El Sheikh ma anche rispetto a Glasgow 2021. Quando ci si impegnò a abbandonare il carbone. Nel 2015, a Parigi, si stabilì che entro il 2030 si dovevano ridurre del 43% le emissioni di gas serra per limitare possibilmente a 1,5 gradi l’aumento di temperatura media entro la fine del secolo. Obbligo: restare sotto i due gradi. Problema: attualmente abbiamo una temperatura planetaria di 1,2 gradi, con questo ritmo a fine secolo sfioreremo i tre gradi. Entro fine decennio miglioreremo soltanto del 2%. Il 2023, in questo senso, diventerà l’anno più caldo di sempre.

Come scriveva Mary Robinson – presidente di The Elders ed ex presidente d’Irlanda – ieri sul Financial Times, “la necessità di un’azione collettiva è urgente e il costo dell’inazione è catastrofico”.

Joe Biden, intanto, non parteciperà alla kermesse. Un altro elemento poco positivo per approcciarsi a Cop28.

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