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rapporto MASE siccità

Cosa è emerso dal rapporto “Siccità, transizione auto, case green” presentato oggi al MASE

Il documento esamina le 3 questioni poste dal ministro Pichetto Fratin agli accademici dell’Università La Sapienza per costruire una risposta condivisa di medio-lungo periodo alle principali sfide energetiche e ambientali dell’Italia

Oggi, presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, è stato presentato il Rapporto curato dall’Osservatorio delle imprese dell’Universita Sapienza, su “Siccità, Transizione auto, Case Green”. Il documento esamina in tre capitoli altrettante questioni poste dal ministro agli accademici della Sapienza, in coerenza con le linee programmatiche del dicastero, al fine di costruire una risposta condivisa di medio lungo periodo alle principali sfide energetiche e ambientali che l’Italia deve affrontare.

IL CLIMA E L’EMERGENZA SICCITÀ

L’analisi parte dall’attuale condizione climatica, caratterizzata dal diffuso aumento delle temperature, con la diminuzione delle precipitazioni complessive annue nel Sud Italia, l’aumento nelle aree del Nord e il conseguente impatto sulla disponibilità della risorsa idrica. Finora l’adattamento alla siccità è avvenuto attingendo ad acque sotterranee o ricorrendo a dighe e invasi, ma oggi il cambiamento climatico mette l’agricoltura sotto pressione ancora di più.

Per migliorare la produttività dell’agricoltura sarebbe utile recepire in modo sistematico le innovazioni tecnologiche, come il telecontrollo, il sollevamento dell’acqua ad alta efficienza, gli apparati di sicurezza, le paratoie automatiche per canali a cielo aperto, l’utilizzo di informazioni satellitari sull’umidità del suolo, le reti di sensori IoT wireless ultra narrow band, i pannelli solari sui tetti delle stalle, i droni, i sensori e i sistemi di controllo remoto.

IL RUOLO DEL PNACC

In tale contesto, il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC) crea le premesse per pianificare gli interventi a breve e lungo termine. Infrastrutture e tecnologie più importanti sono gli invasi, le vasche di raccolta acque meteoriche a fini agricoli, l’uso irriguo delle acque reflue depurate, gli impianti di desalinizzazione per l’idropotabile e il manifatturiero.

Su questo ultimo argomento, dal rapporto emerge che le esperienze dei Paesi del Medio Oriente sono estremamente positive e sembrano replicabili in Italia. Le due principali tecnologie per dissalare l’acqua di mare sono la distillazione multi-stage-flash e gli impianti a membrane ad osmosi inversa che, essendo piccoli, impattano meno sull’ambiente, Inoltre non costano troppo e possono essere installati rapidamente.

La depurazione e il riuso delle acque depurate, con re-immissione in falda, oppure quello a risorsa idrica nei processi agroalimentari oggi sono possibili. Le soluzioni tecniche sono la mineralizzazione e il trattamento del refluo con membrane.

LA TRANSIZIONE DELLE AUTOMOBILI

I motori endotermici sono responsabili di un quarto delle emissioni globali di anidride carbonica, perché alimentati in prevalenza da combustibili fossili. Per decarbonizzarli, si punta a sostituire i motori endotermici con quelli elettrici a batteria (che però non sono competitivi per costi, bassa autonomia e lunghi tempi di ricarica), e con i motori a celle a combustibile a idrogeno (al momento poco diffusi per carenza di stazioni di rifornimento, scarsa disponibilità di idrogeno da fonti rinnovabili e comunque per l’alto costo dello stesso idrogeno.

Un’altra soluzione al problema delle emissioni è sostituire i combustibili fossili con l’idrogeno o con i combustibili a basso tenore di carbonio (bio-fuels ed e-fuels). L’idrogeno potrebbe ridurre le emissioni di gas serra e migliorare la qualità dell’aria, ma andrebbe bene a patto che sia prodotto da fonti rinnovabili (idrogeno verde), e non da gas naturale o carbone, come avviene oggi. Permane poi il problema che l’idrogeno infragilisce le condutture, e questo avrebbe un impatto sui metanodotti esistenti. Dunque, l’adozione su larga scala dei motori a celle a combustibile a idrogeno ad oggi è lontana nel tempo.

I BIOCARBURANTI

I bio-fuels, prodotti da materiale organico rinnovabile, ad oggi sono l’alternativa più interessante agli odierni combustibili fossili. La produzione di biocarburanti tradizionali è in forte aumento e può portare allo sfruttamento di foreste, zone umide e torbiere, diminuendo così la capacità di assorbimento dell’anidride carbonica da parte dell’ecosistema vegetale. Meglio sarebbe puntare su biocarburanti avanzati, che partono da materie prime non pericolose per i terreni.

L’Italia è, assieme alla Germania, il Paese leader nella produzione di biocarburanti avanzati. L’unico bio-fuel pronto all’uso è il bioetanolo tradizionale, che parte da oli per la produzione di biodiesel, da zuccheri o amido (canna, mais, cereali). L’analisi affronta anche il tema degli e-fuel, carburanti liquidi o gassosi prodotti in processi fortemente energivori, alimentati da energia elettrica rinnovabile.

Volendo coprire l’intera domanda di carburante per i trasporti da fonte rinnovabile con questa tecnologia, occorrerebbe dedicarvi, ad oggi, oltre la metà del potenziale di produzione di energia rinnovabile. L’approccio costituito dagli e-fuels appare quindi al momento irrealistico.

IL CAPITOLO CASE GREEN

La direttiva Ue “Energy Performance Building” del 2018 guida il percorso di efficienza energetica degli edifici, disciplina la ristrutturazione del parco immobiliare nazionale, l’efficienza energetica, l’integrazione negli edifici di impianti tecnici e di infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici.

I Paesi Ue devono valutare la fattibilità tecnica, ambientale ed economica dei sistemi alternativi ad alta efficienza, devono dire come fronteggiare i rischi di attività sismica e di incendi, come raggiungere gli obiettivi di medio termine al 2030 in termini di riduzione delle emissioni di gas serra e come alleviare la povertà energetica.

LE COMUNITÀ ENERGETICHE RINNOVABILI

Lo sviluppo a livello cittadino delle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) consentirebbe la progressiva elettrificazione di vie e quartieri e contribuirebbe alla decarbonizzazione. Le CER devono rappresentare un valido strumento di contrasto alla povertà energetica. L’Italia deve puntare a un obiettivo di decarbonizzazione al 2030 attraverso installazione di fotovoltaico ed eolico, produzione di biometano, rete di teleriscaldamento, sostituzione di caldaie a gas con impianti a pompa di calore, azioni per il risparmio energetico negli edifici, sviluppo della mobilità elettrica e ibrida, produzione di idrogeno verde e relativa installazione di elettrolizzatori. E deve valutare le relative fonti rinnovabili.

PROF. RICCARDO GALLO: I GOVERNI PROGETTINO GLI INVESTIMENTI NECESSARI

“La necessità di contrastare i cambiamenti climatici in corso e di contenere i livelli di gas climalteranti in atmosfera – ha spiegato il Prof. Riccardo Gallo, presidente dell’Osservatorio – richiede uno sforzo inedito di conversione delle tecnologie basate su fonti fossili. A fronte della necessità di soluzioni comuni a livello globale, che presuppongono onerosi impegni finanziari, sono gli Stati e i governi nazionali a dover progettare e intraprendere gli investimenti necessari, trovando risorse pubbliche con le rispettive politiche. Essendo antieconomiche, le direttive devono essere cogenti, e per ciò stesso devono essere recepibili, realizzabili, rispettose delle specificità nazionali”.

MINISTRO PICHETTO: SU TRANSIZIONE ENERGETICA SERVE APPROCCIO SCIENTIFICO

“Voglio ringraziare l’Osservatorio delle Imprese della Facoltà di ingegneria Civile e Industriale dell’Università Sapienza, il professor Riccardo Gallo e i coordinatori dei tre capitoli, assieme a tutto il gruppo di lavoro che ha lavorato a questo documento di grandissimo interesse”, ha dichiarato il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, che ha aggiunto: “una ricognizione scientifica e sistemica del genere mancava da oltre 15 anni, in un contesto completamente diverso da quello attuale sotto tutti i punti di vista. Di fronte alle grandi sfide della transizione ecologica ed energetica, abbiamo bisogno di un approccio scientifico, basato su dati e conoscenze, superando ogni tentazione ideologica. È il motivo per cui ho chiesto all’Università La Sapienza questo contributo, quale libero e prezioso supporto per il decisore pubblico”.

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