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Estrazione Carbone

Cosa (non) risolve l’Ue con l’embargo al carbone russo

L’Europa dipende da gas e petrolio, meno dal carbone russo. Ecco perché l’embargo all’import da Mosca non risolve molto

Si è chiusa un’altra settimana di tensioni tra l’Unione europea e la Russia. L’invasione putiniana in Ucraina continua e i 27 proseguono nell’estensione del pacchetto sanzionatorio ai danni del Cremlino e delle sue leve economiche a cui ci siamo legati. Ma secondo Rystad Energy, l’embargo deciso da Bruxelles al carbone moscovita non risolve molto.

NO AL CARBONE RUSSO: CHE SIGNIFICA

Intanto, ricordiamo i dettagli della misura. L’UE ha deciso di vietare l’import di carbone dalla Russia. Una misura che inaugura, di fatto, gli interventi sull’energia (finora osteggiati per via della dipendenza) e che “interesserà fino al 70% delle importazioni di carbone termico in Europa”, mostra la ricerca di Rystad. Come analizzato qui, il Vecchio Continente dipende per il 55% da Mosca. La storia parla chiaro: industrializzazione, armi per le guerre, la CECA (Comunità economica carbone e acciaio, l’antenata dell’Unione europea di oggi).

Ad essere più interessate dal divieto saranno i paesi dell’Est: Germania, Europa orientale. Berlino, ad esempio, genera il 10% della sua elettricità tramite la combustione dell’antracite, un tipo di carbone ad alta densità energetica. Come conseguenza, e non solo sul fronte del carbone, serve diversificare e cercare fonti alternative. Parole chiave con cui abbiamo ormai imparato a convivere. Sicuramente, il peso economico per il Cremlino si farà sentire, visto che il carbone vale il 3,5 per cento dei ricavi energetici del regime di Vladimir Putin.

Da Bruxelles, inizialmente si era previsto di far partire questo embargo a metà luglio. Invece, riporta Reuters, fonti comunitarie hanno rivelato la decisione di posticipare il tutto di un mese.

L’EMBARGO: UN’ARMA A DOPPIO TAGLIO?

In ogni caso, dal punto di vista occidentale – dice Rystad – non possiamo tirare un sospiro di sollievo così profondo. “Queste ultime sanzioni sono un’arma a doppio taglio. Le esportazioni di carbone russo valgono circa 4 miliardi di euro all’anno e non esiste un facile sostituto del carbone russo nel mix energetico europeo. I consumatori europei – dalle grandi aziende alle famiglie – dovrebbero aspettarsi prezzi elevati per il resto del 2022 poiché carbone e gas sono essenziali per soddisfare la domanda di energia del continente”, ha dichiarato Carlos Torres Diaz, capo del team Power Market Research di Rystad Energy.

I DATI DEL 2021 DEL CARBONE RUSSO IN EUROPA

L’anno che ci siamo lasciati alle spalle ha significato per la Federazione ex sovietica un export pari a 238 milioni di tonnellate (Mt) di carbone. “Con 90 Mt (o 38%) di questo volume destinato ai paesi europei dell’OCSE (più l’Ucraina), secondo la US Energy Information Administration. Si stima che la domanda totale di carbone in Europa abbia raggiunto circa 630 Mt l’anno scorso, il che significa che il continente dipende dalla Russia per circa il 14% della sua offerta totale di carbone” scrive ancora il report del think tank.

LE ALTERNATIVE PER L’UE

Staccarsi dal carbone russo impone la ricerca di alternative. Giovedì abbiamo riportato come secondo gli importatori tedeschi si può pensare a sostituirlo con quello da Stati Uniti, Sud Africa, Australia, Colombia, Mozambico e Indonesia. Secondo Breton, commissario Ue all’industria e al mercato interno, in una intervista alla Stampa “per compensare il fabbisogno energetico sarà necessario rinviare la chiusura delle centrali nucleari e riattivare quelle a carbone”. C’è un problema, però. “I fornitori nel mercato del carbone termico via mare sono già al massimo in termini di volumi di esportazione, quindi c’è una vera carenza” scrive Rystad.

Lo stesso fattore logistico, di prossimità tra Mosca e Bruxelles facilitava l’import di carbone. Pensare di evitare la concorrenza internazionale è, ad oggi e in queste condizioni, difficile da sostenere. Oltre all’Europa, ci sono già la Cina, la Corea del sud e il Giappone che acquistano carbone dalla Russia.

IL PROBLEMA DEI PREZZI

A tutto ciò si aggiunge una questione non proprio marginale. Secondo Bloomberg, subito dopo l’annuncio della commissione Ue il carbone europeo è cresciuto del 14 per cento; rispetto all’inizio dell’anno, i contratti (futures) sono raddoppiati di valore. E non solo. Come rileva il think tank, la domanda di carbone è salita in Asia generando una schizofrenia dei prezzi verso l’alto. “Il prezzo del contratto API 2 may, che è il principale punto di riferimento per il carbone importato in Europa, è salito a $ 300 per tonnellata ieri (in aumento di $ 43 / tonnellata) mentre i commercianti seguivano la discussione sul divieto in evoluzione – rispetto a $ 70 / tonnellata un anno fa”.

Insomma, non sarà facile trovare vie alternative al carbone russo. Né tantomeno gratuito.

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