Nel frattempo, il Cremlino ostenta sicurezza. Di fronte ai piani dell’UE di accelerare lo stop alle forniture energetiche, il portavoce Dmitry Peskov ha dichiarato che “la Russia non è certamente colpita da queste sanzioni”, come dimostrato dalla resilienza dell’economia negli ultimi tre anni.
Le esportazioni di greggio della Russia via mare hanno subito un crollo verticale, perdendo quasi un milione di barili al giorno in una settimana, a seguito degli attacchi dei droni ucraini che hanno colpito i terminal strategici del Baltico. La drastica riduzione dei flussi, la più netta da luglio dello scorso anno, ha fatto precipitare le entrate petrolifere di Mosca di 372 milioni di dollari, portandole al livello più basso da novembre e intensificando la pressione economica sul Cremlino. La notizia, che evidenzia la crescente efficacia della campagna ucraina contro le infrastrutture energetiche russe, emerge dai dati di tracciamento delle navi monitorati e raccolti da Bloomberg. L’analisi settimanale mostra come gli attacchi ai porti di Primorsk e Ust-Luga stiano avendo un impatto diretto e significativo sulla capacità di esportazione di Mosca, mentre la reazione del Cremlino ai piani UE di accelerare lo stop all’energia russa appare sprezzante.
I NUMERI DEL CROLLO: MENO 934.000 BARILI AL GIORNO
Nella settimana fino al 14 settembre, i flussi di greggio russo via mare sono stati in media di 3,18 milioni di barili al giorno , con un calo di 934.000 barili al giorno rispetto alla settimana precedente. Il valore lordo delle esportazioni di Mosca è sceso del 22%, attestandosi a 1,28 miliardi di dollari.
A trainare il crollo sono state le spedizioni dal Baltico:
Primorsk: Le esportazioni settimanali dal terminal, colpito la scorsa settimana da un attacco di droni, sono crollate al livello più basso da fine luglio.
Ust-Luga: I flussi da quest’altro porto baltico si sono dimezzati rispetto alla settimana precedente, probabilmente a causa di attacchi a tre stazioni di pompaggio che alimentano il terminal.
La media a quattro settimane, meno volatile, è tuttavia in leggero rialzo a 3,46 milioni di barili al giorno, un dato influenzato dai volumi eccezionalmente alti della settimana precedente.
LA STRATEGIA UCRAINA E LA RISPOSTA RUSSA
L’attacco senza precedenti dell’Ucraina alle infrastrutture petrolifere russe, dai porti alle raffinerie, sta intensificando i timori tra i trader di una possibile, sostanziale, perdita di offerta globale. Se da un lato i raid sulle raffinerie potrebbero liberare più greggio per l’export, gli attacchi ai terminal portuali potrebbero limitare questa possibilità.
A seguito degli attacchi, Transneft, il monopolista russo degli oleodotti, avrebbe avvertito i produttori di possibili tagli alla produzione, anche se la società ha poi smentito. Nel frattempo, il Cremlino ostenta sicurezza. Di fronte ai piani dell’UE di accelerare lo stop alle forniture energetiche, il portavoce Dmitry Peskov ha dichiarato che “la Russia non è certamente colpita da queste sanzioni”, come dimostrato dalla resilienza dell’economia negli ultimi tre anni.
LE PRESSIONI INTERNAZIONALI: LA POLONIA CHIEDE LO STOP TOTALE ENTRO IL 2026
Sul fronte diplomatico, la pressione su chi ancora acquista energia russa si sta intensificando. La Polonia ha esortato gli stati membri dell’UE, in particolare Ungheria e Slovacchia che ricevono petrolio tramite l’oleodotto Druzhba, a porre fine a tutte le importazioni entro la fine del 2026, due anni prima della scadenza attualmente prevista.
“Una decisione del genere rafforzerebbe la coerenza delle nostre azioni e dimostrerebbe la nostra determinazione a diventare indipendenti”, ha scritto il ministro dell’Energia polacco, Milosz Motyka, in una lettera ai suoi omologhi europei. Il suo vice, Wojciech Wrochna, ha aggiunto che il GNL statunitense che transita attraverso la Polonia potrebbe contribuire a eliminare il gas russo dall’Europa, come già avviene con le forniture inviate a Kiev.
I FLUSSI VERSO L’ASIA E I PREZZI
Nonostante gli attacchi, la domanda per il greggio russo da parte dei clienti asiatici rimane solida. Le spedizioni osservate verso l’Asia, nella media a quattro settimane, sono leggermente aumentate a 3,08 milioni di bpd.
I prezzi del greggio russo, tuttavia, mostrano segni di debolezza. Le spedizioni di Urals dal Baltico e dal Mar Nero sono scese sotto i 55 dollari al barile, mentre il greggio ESPO dal Pacifico si è attestato intorno ai 62,5 dollari al barile, secondo i dati di Argus Media.