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Auto Elettriche Cinesi

Dall’Europa all’India, tutte le mosse cinesi sulle auto elettriche, ibride ed endotermiche

Già campioni nello sviluppo di batterie, in procinto di invadere l’Occidente con le loro auto elettriche, i cinesi guardano anche ai mercati emergenti e ai motori ibridi ed endotermici

Non ha mancato di sollevare stupore l’annuncio della joint venture di Renault coi cinesi di Geely per realizzate motori ibridi e termici moderni con nuove tecnologie ad alta efficienza. Basato sul motto “se non puoi vincerli, unisciti a loro”, ben lascia trasparire la crucialità della Cina in un comparto, quello dell’automotive, finora saldamente detenuto da marchi europei, statunitensi e giapponesi ma sempre più permeabile ai marchi di Pechino e Shanghai. E non è nemmeno l’unica artigliata in tal senso sferrata dal Dragone, che com’è noto si muove anche e soprattutto sul fronte delle auto elettriche. Ma andiamo con ordine.

AI CINESI NON INTERESSANO SOLO LE AUTO ELETTRICHE

Anzitutto, partiamo dall’accordo siglato tra Renault e Geely. I due marchi deterranno rispettivamente il 50% delle quote della joint venture, che sarà un fornitore mondiale indipendente, con fabbriche per produrre gruppi motopropulsori ibridi di nuova generazione e cinque impianti di ricerca e sviluppo finanziati da entrambe le Case per sviluppare tecnologie de-carbonizzate e a basse emissioni.

In totale la nuova realtà disporrà di 17 stabilimenti in 3 continenti, con circa 19.000 dipendenti. Avrà una capacità combinata di oltre 5 milioni di trasmissioni e motori a combustione interna all’anno, ibridi ed ibridi plug-in, per servire oltre 130 Paesi e regioni. Clienti privilegiati: Renault, Dacia, Geely, Volvo, Lynk & Co, Proton, Nissan e Mitsubishi, dato che la Casa d’Oltralpe porta in dote anche la sua alleanza nipponica, che dovrebbe subire un tagliando proprio a giorni.

IL PRECEDENTE CON VOLVO

Non è la prima mossa in tal senso fatta da Geely, che era già approdata in Europa grazie a Volvo con la quale i cinesi avevano avviato un’operazione di consolidamento interno nell’ambito dei propulsori a combustione interna. Per la precisione, la Casa svedese e quella cinese lo scorso luglio hanno creato una nuova società autonoma fondendo le rispettive attività di sviluppo e produzione di motori endotermici. La nuova realtà si chiama Aurobay e probabilmente non dirà nulla ai più, ma Volvo le ha ceduto il 100% di Volvo Cars Powertrain Engineering Sweden. Nel pacchetto anche la fabbrica di Skövde, il relativo team di ricerca e sviluppo e uno stabilimento in Cina. Volvo è così diventato il primo player occidentale ‘storico’ a essersi disfatto dei reparti per le tecnologie tradizionali.

Ma non è finita qui. La Casa di Göteborg dovrebbe ora cedere alla Geely Holding il 33% di Aurobay. Insomma, più gli europei si disfano di tecnologie e know-how incentrati sui motori endotermici, più i cinesi acquistano a mani basse. Il perché è presto detto: Bruxelles ha imposto una road map serrata e severa che porta alla dismissione dei propulsori tradizionali e Washington dovrebbe fare altrettanto: tuttavia c’è tutto un mondo, oltre quei confini, che continuerà a usare a lungo diesel e benzina. E i cinesi, dopo aver puntato sull’elettrificazione (tanto da essere i primi produttori di batterie per la mobilità elettrica) ora guardano agli altri segmenti.

IL PRIMATO NELLE BATTERIE ELETTRICHE

Ma la Cina, è ben noto, guarda soprattutto all’auto elettrica. Come già si anticipava, sul fronte batterie è già voce solista di un coro comunque a prevalenza asiatica. Al momento il produttore più affermato è l’azienda Contemporary Amperex Technology Co. Limited (meglio nota come CATL) che detiene una quota di mercato del 34,8 per cento. Fino a poco tempo fa al secondo posto della classifica c’era, fissa, la sudcoreana LG Energy Solution, con una quota di mercato che non era nemmeno la metà di quella di CATL, per chiudere con BYD. Fino poco tempo fa, appunto. In agosto, secondo un rapporto di SNE Research, società di ricerca con sede a Seoul, BYD ha operato uno storico sorpasso sulla sudcoreana e adesso i primi due gradini del podio sono occupati da cinesi.

I tre marchi asiatici non hanno rivali, detenendo oltre il 60% del mercato. Segue la giapponese Panasonic – al quarto posto, con il 9,6 per cento – e il suo successo è legato all’affermazione di Tesla, dato che è il fornitore privilegiato della casa texana. In più, Panasonic sta investendo per ridurre le dimensioni delle batterie, nel tentativo di scalare la classifica, dato che le Case automobilistiche sono in cerca di soluzioni più innovative, che impattino sempre meno su dimensioni e peso delle vetture. Chiudono poi la lista la sudcoreana SK On, col 6,5 per cento e, sempre dalla Corea del sud, Samsung SDI con il 4,9 per cento. Le cinesi CALB, Gotion High-Tech, Sunwoda e SVOLT hanno market share rispettivamente del 4,1, del 2,9, dell’1,5 e dell’1,3 per cento.

LA CARICA DELLE AUTO ELETTRICHE CINESI

BYD oltre a primeggiare nello sviluppo delle batterie intende diventare anche un colosso dell’auto elettrica. Già pronti i piani per lo sbarco in Europa. Il Paese scelto per rompere gli indugi è, a sorpresa, la Germania, tra gli Stati del Vecchio continente più presidiati da marchi storici. Il perché è comprensibile: ha una infrastruttura per le auto EV adeguata, come il Nord Europa, ma rispetto al Nord Europa è nel pieno della transizione ecologica, con tantissimi guidatori affezionati alle endotermiche che presto o tardi dovranno passare all’elettrico. Alla base della gamma con cui il marchio cinese proverà a sfondare nel Vecchio continente il SUV di Segmento C BYD Atto 3, offerto al prezzo di partenza di 38.000 euro; salendo di fascia troviamo la berlina BYD Han e il SUV Full Size BYD Tang che partono da 72.000 euro.

Tra le auto elettriche cinesi pronte ad arrivare in Europa troviamo anche NIO ma, soprattutto Chery, che ha scelto l’Italia e la Spagna come Paesi di primo sbarco: una decisione particolare, dato che entrambe le nazioni mediterranee difettano ancora di una infrastruttura adeguata, che di fatto rallenterà il passaggio verso l’elettrico. Ma non deve sorprendere nemmeno più di tanto visto che Chery, già partner della italiana (molisana) DR, è di fatto già presente, anche se con una quota infinitesimale, sulle nostre strade. Ma adesso la dirigenza cinese opererà direttamente nel Bel Paese, senza rebranding e con una propria catena di distributori.

PROSSIMO OBIETTIVO? L’INDIA

Insomma, la Cina ci ha messo nel mirino. Tuttavia, secondo Quartz, potrebbe essere l’India il prossimo e vero obiettivo del Dragone. Del resto, ha tutti i numeri per diventare un mercato dell’auto imponente, se saprà proseguire verso il proprio sviluppo economico. Un anonimo dirigente di una società indiana di veicoli elettrici ha spiegato al giornale che “in un mercato dell’elettrico in via di sviluppo, gli operatori cinesi sono in una posizione migliore rispetto alle controparti indiane” perché “i cinesi hanno già affrontato il problema dell’accessibilità economica dei veicoli elettrici grazie a un ampio ecosistema nazionale di produzione, che offre loro una leva non solo nel settore degli smartphone, ma anche in vari altri settori”.

La Cina ha iniziato a investire nella mobilità elettrica e nella creazione di un sistema industriale e infrastrutturale da molto tempo: già nel 2018 le automobili elettriche vendute nel paese superavano quelle vendute nel resto del mondo. In India, invece, questo tipo di vetture valgono meno dell’1 per cento del totale. Entro il 2030, però, il paese vuole che il 40 per cento dei bus, il 30 per cento delle auto private e il 70 per cento dei veicoli commerciali siano elettrici. I cinesi, insomma, hanno di fronte a loro praterie e, rispetto al Vecchio continente, il sub continente indiano è giovane e in piena ascesa.

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