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Scintille sui dazi. L’Ue rischia il blackout?

Le tariffe americane al 30% rischiano di bloccare materiali strategici e frenare la corsa dell’Europa verso l’energia pulita. Bruxelles valuta ritorsioni, ma il tempo per trattare sta finendo

I dazi del 30% rischiano di creare un terremoto economico ed energetico nell’UE. Nel silenzio apparente di Palazzo Chigi e nella diplomazia prudente della Commissione Europea, si gioca una partita che potrebbe avere ripercussioni profonde anche sul piano energetico, uno dei settori più sensibili e strategici per l’Europa.

DAZI, LA RISPOSTA DELL’UE

L’energia è protagonista indiretta di numerose filiere: dai rottami d’alluminio ai macchinari per la produzione industriale, passando per i componenti per auto elettriche e impianti fotovoltaici.
In particolare, a destare particolare preoccupazione è l’ipotesi, tornata sul tavolo a Bruxelles, di restrizioni sulle esportazioni di materiali strategici verso gli USA, come i rottami di alluminio. Una misura che rischia di rivelarsi un boomerang per le stesse imprese europee dell’energia pulita, già provate da inflazione, tassi elevati e concorrenza asiatica. Per questa ragione, Bruxelles sta valutando una risposta calibrata, ma decisa. L’idea è colpire settori americani ad alto valore simbolico, ma marginali per il mercato europeo (come soia o tabacco), evitando di danneggiare comparti vitali per la transizione e la sicurezza energetica. Sono due le liste a cui l’Ue lavora.

“Secondo alcune fonti diplomatiche europee ieri la Commissione ha spiegato agli ambasciatori di stare anche valutando l’introduzione di possibili restrizioni su alcune esportazioni europee verso gli Stati Uniti, tra cui quelle di rottami di alluminio, considerati strategici per la nostra industria. Ipotesi già avanzata in maggio ma poi non concretizzata. Mentre la prima lista di prodotti Usa in risposta ai dazi americani su acciaio e alluminio, ha spiegato la presidente von der Leyen, sarà di nuovo sospesa fino a inizio agosto”, si legge su Il Corriere della Sera. “La seconda lista in risposta ai dazi Usa che deve essere approvata include un’ampia gamma di prodotti industriali e agricoli americani. Nell’elenco compaiono aerei (tra cui Boeing), componenti per auto, veicoli finiti, prodotti chimici e plastica; apparecchiature elettroniche; prodotti sanitari non farmaceutici; macchinari”, continua il giornale.

L’ITALIA CHE FA?

Roma si muove con cautela, stretta tra due fuochi: l’approccio muscolare della Lega e la prudenza europeista di Forza Italia. La linea di Italia e Germania punta a evitare l’escalation. Il Governo punta a una strategia in due step. Prima un’intesa politica con Trump per congelare l’effetto delle tariffe, poi una trattativa settoriale sul modello dell’accordo UK-USA per limitare i danni.

Ma il tempo stringe. Infatti, entro il primo agosto scadrà la moratoria europea sulle contromisure, e se non si raggiungerà un compromesso, i dazi diventeranno realtà. Il rischio è di scatenare una spirale che metterebbe in ginocchio l’Europa e che rischia di compromettere anche il fragile equilibrio della prossima legge di bilancio italiana. Gli aiuti da 25 miliardi di euro promessi al sistema produttivo potrebbero rivelarsi insufficienti.

DIPLOMAZIA ENERGETICA IN FUMO?

La guerra dei dazi rischia di incrinare anche i delicati equilibri geopolitici costruiti negli ultimi anni sul fronte dell’approvvigionamento energetico, soprattutto dopo la crisi ucraina e il progressivo affrancamento europeo dal gas russo. Gli Stati Uniti sono diventati il principale fornitore di GNL per l’Europa. Un’escalation commerciale potrebbe incrinare la fiducia tra le due sponde dell’Atlantico, aprendo la porta a nuovi interlocutori, come i Paesi del Golfo o le nazioni asiatiche.

La guerra commerciale con gli Stati Uniti potrebbe rallentare l’adozione di tecnologie chiave, molte delle quali importate o sviluppate in collaborazione con partner statunitensi. Ad esempio, componenti per impianti eolici e solari, batterie, pompe di calore, ma anche software per la gestione delle reti energetiche potrebbero diventare più costosi o difficili da reperire. Il blocco o il rallentamento delle forniture rappresenterebbero anche un ostacolo al sogno della sovranità energetica europea, ancora lontana dal diventare realtà.

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