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Senato

Dl Ucraina, per tecnici Senato da valutare costituzionalità del Contributo straordinario sugli extra-profitti

Secondo i tecnici di Palazzo Madama “andrebbe acclarata la natura del prelievo, non limitandosi alla valutazione del solo nomen iuris della fattispecie definita dal legislatore

Potrebbe pendere un problema di costituzionalità sul contributo straordinario contro il caro bollette previsto dall’articolo 37 del Dl Ucraina che introduce un “contributo a titolo di prelievo solidaristico straordinario” temporaneo (operante per il solo anno 2022) posto a carico esclusivo di determinate imprese (produttori, importatori e rivenditori di energia elettrica, di gas nonché di prodotti petroliferi) che – come si legge nella Relazione tecnica del provvedimento – hanno beneficiato di extra profitti in relazione all’aumento dei prezzi e delle tariffe del settore. È quanto emerge dall’analisi del Servizio Bilancio del Senato.

LA MISURA È LA COPERTURA FINANZIARIA DEL PROVVEDIMENTO

Se da un lato il contributo sarebbe suscettibile di dar luogo ad incassi erariali molto rilevanti stimati in 3,98 mld di euro – che costituiscono la copertura finanziaria degli oneri complessivi associati al provvedimento – “a latere dei profili di quantificazione, può essere utile una prima considerazione in merito ai profili di compatibilità con il dettato costituzionale del nuovo prelievo in ragione delle sue peculiarità”, sottolinea il Servizio bilancio del Senato.

VA ACCLARATA LA NATURA DEL PRELIEVO

Secondo i tecnici di Palazzo Madama “andrebbe acclarata la natura del prelievo, non limitandosi alla valutazione del solo nomen iuris della fattispecie definita dal legislatore – peraltro con particolare attenzione – come ‘contributo a titolo di prelievo solidaristico straordinario’. A tal fine potrebbero offrire elementi utili all’inquadramento giuridico del ‘contributo’ altri indizi normativi quali: l’espresso utilizzo della espressione ‘base imponibile’; la sua determinazione attraverso le operazioni attive e passive rilevanti ai fini IVA rivenienti nelle comunicazioni periodiche delle liquidazioni IVA; il richiamo al gruppo IVA; il rinvio alla disciplina IVA, sia pure con il limite della compatibilità, per l’accertamento, le sanzioni, la riscossione nonché per il contenzioso; la suscettibilità del ‘contributo’ di poter essere traslato sui prezzi al consumo dei prodotti energetici e dell’energia elettrica”.

I PARALLELI CON LA ROBIN HOOD TAX

Tuttavia, avvertono i tecnici del Senato “si registrano diversità dal modello IVA: il carattere straordinario ed una tantum del prelievo; l’arco temporale considerato per la determinazione della base imponibile che interessa un periodo diverso dall’esercizio finanziario annuale considerato ai fini IVA; il soggetto passivo del contributo è anche quello su cui lo stesso grava sotto il profilo economico. Si tratta di aspetti che tratteggiano inoltre le differenze e le analogie con la c.d. ‘Robin Hood Tax’ (RHT), dichiarata incostituzionale dalla citata sentenza n. 10 del 2015”.

La Robin Hood Tax’ era stata delineata, prendendo a riferimento l’imposizione sui redditi, come maggiorazione IRES gravante su determinati operatori del settore energetico. Presentava inoltre un carattere strutturale e permanente, diversamente dal contributo in commento. “Di contro, l’accostamento della Robin Hood Tax’ con la fattispecie in esame è correlabile sia alla parziale coincidenza del settore economico inciso dal prelievo (quello energetico) sia al fatto che la disciplina della Robin Hood Tax’ era giustificata da finalità solidaristiche, perseguiva l’intento di colpire i “sovra- profitti” e mirava ad evitare la traslazione del prelievo su prezzi e tariffe al consumo. Inoltre in entrambe le fattispecie, il soggetto passivo del prelievo è anche quello al quale lo stesso è posto a carico in termini economici” spiegano i tecnici. Inoltre il prelievo potrebbe giustificarsi in quanto “straordinario” e “strettamente correlato alla presenza di circostanze eccezionali; a tal fine l’emergenza in atto e l’applicazione del contributo per il solo anno 2022 potrebbero costituire elementi favorevoli nella valutazione in esame”.

I DUBBI DEI TECNICI DEL SENATO

Inoltre “la temporaneità del prelievo e la finalità solidaristica potrebbero concorrere a giustificare una imposizione soggettivamente differenziata (ossia posta a carico esclusivo di talune imprese)” mentre “l’esistenza della ragionevolezza (cfr. art. 3 Cost.) della disparità di trattamento operata con le disposizioni in commento tra “contribuenti” (quelli soggetti al prelievo di solidarietà rispetto agli altri ai quali non si applica) si correlerebbe alla condizione differenziata dei soggetti passivi percossi dal prelievo in quanto temporalmente beneficiari di extra- profitti, diversamente dagli altri”. Infine “lo status di percettori di ‘extra – profitti’, costituisce un elemento la cui esistenza è necessaria e che la norma in commento rinviene in ogni caso qualora si riscontri un incremento assunto come rilevante tra i saldi delle operazioni attive e passive nel periodo considerato dalla norma”.

Di converso, i tecnici di palazzo Madama osservano che “la base imponibile indicata dal legislatore – che dovrebbe evidenziare il c.d. ‘extra profitto’ – è la risultante di una opzione squisitamente normativa: per il legislatore, la stessa è rinvenuta nella differenza tra ‘il totale delle operazioni attive, al netto dell’IVA, e il totale delle operazioni passive, al netto dell’IVA indicato nelle Comunicazioni dei dati delle liquidazioni periodiche IVA’, con esclusione di altre componenti, negative e positive, non rilevanti ai fini IVA, quali, ad esempio, il costo per i lavoratori dipendenti, le quote di ammortamento, gli interessi attivi e passivi, le rivalutazioni e svalutazioni, i ratei e risconti, e le ulteriori poste di rettifica; andrebbe valutato quindi se la base imponibile prescelta dal legislatore possa essere manifestazione di effettiva capacità contributiva”. In aggiunta l’arco temporale considerato ai fini della determinazione della base imponibile del “contributo” “non corrisponde alla durata annuale che è propria di un esercizio finanziario che, come è noto, è assunto per le principali imposte (IVA, IRES, IRPEF) come arco temporale necessario per la determinazione del risultato della gestione e, in funzione dello stesso, delle imposte eventualmente dovute, né coincide con lo stesso esercizio 2022 interessando più annualità; il periodo considerato (i due semestri) costituisce quindi una deroga al principio dell’annualità, la cui giustificazione non emerge prima facie. Ne discende l’interrogativo se un periodo infra annuale, peraltro, riguardante più esercizi, possa essere sufficiente a far ritenere maturato ed esistente un ‘extra profitto’ suscettibile di essere oggetto di imposizione in quanto espressione di una aggiuntiva capacità contributiva. E’ peraltro evidente che si potrebbe giungere ad un differente risultato in termini di base imponibile e di gettito considerando un arco temporale annuale”.

L’analisi di Palazzo Madama evidenzia inoltre che l’incremento degli “extra profitti” del primo trimestre 2022 “potrebbe non dar luogo ad un aumento del reddito di esercizio 2022 che sarà determinato tenendo conto anche del risultato della gestione degli altri 3 trimestri nonché di altri elementi che per legge concorrono a definire il reddito imponibile; inoltre tale esercizio risentirà del pagamento del contributo, non deducibile ai fini IRES ed IRAP”.
Ma anche che la base imponibile del contributo “potrebbe risentire, sia per quanto concerne il saldo del semestre 2020/2021 sia per quello del semestre 2021/2022, dell’impatto
dell’emergenza sanitaria, peraltro in modo differente tra i due periodi. Verrebbe quindi percosso un incremento che, in parte, potrebbe essere la risultante di tale impatto ovvero di un ‘effetto rimbalzo’, di cui la disciplina in commento non tiene conto”.

Ciò senza dimenticare che “il prelievo aggrava la gestione di cassa dell’esercizio 2022 ancorché il presupposto impositivo del prelievo in commento è riferibile anche ad altre annualità” e il previsto regime di indeducibilità del contributo ai fini IRES ed IRAP “andrebbe valutato sotto il profilo della eventuale inerenza del nuovo prelievo alla produzione del reddito d’impresa in considerazione dei criteri che ne presiedono la tassazione (reddito che si determina al netto dei costi inerenti, tra cui le imposte, diverse da quelle sui redditi e quelle per le quali è prevista la rivalsa, che sono deducibili nell’esercizio in cui avviene il pagamento. La deroga operata con le disposizioni in commento al regime della deducibilità, in astratto possibile, andrebbe esaminata con attenzione al fine di verificare l’eventuale violazione del vincolo di coerenza qualora, nel caso in commento, si rendesse indeducibile un costo fiscale interamente inerente alla produzione del reddito”.

In sostanza, dunque, queste considerazioni “suggeriscono una riflessione volta ad escludere l’incompatibilità costituzionale (in particolare con gli artt. 3 e 53) che potrebbe determinarsi qualora le disposizioni in commento non tengano adeguatamente conto della effettiva capacità contributiva dei soggetti passivi del prelievo ma diano luogo a distorsioni fiscali irragionevoli, a duplicazione dell’imposizione, a diverso titolo, su fattispecie analoghe nonché ad incertezze nell’applicazione dei principi che presiedono alla determinazione del reddito di impresa con rischi di contenzioso e riflessi negativi sul gettito erariale”.

LA QUANTIFICAZIONE DELLE ENTRATE

Quanto ai profili relativi alla quantificazione i tecnici del Senato osservano che: “la RT non fornisce informazioni sufficienti per un riscontro della stima, ad esempio, in ordine alla numerosità, suddivisa per tipologia di attività soggetta al contributo, alla dimensione dei soggetti passivi (in termini di fatturato, patrimonio, dipendenti etc.) ed alla media del profitto;
il decreto-legge è stato adottato prima della scadenza dell’ultimo semestre considerato per la determinazione della base imponibile, per via dell’esigenza di adottare con urgenza le misure recate dal provvedimento. Tuttavia ciò ha determinato che la stima delle entrate associate al contributo straordinario non ha potuto avvalersi delle informazioni complete rivenienti dalle comunicazioni dei dati delle liquidazioni periodiche IVA relativi al primo trimestre 2022 che concorrono alla determinazione della base imponibile ma si è reso necessario – come si legge in RT – operare una proxi utilizzando i dati della fatturazione elettronica e dei corrispettivi telematici. Inoltre, non disponendo di informazioni per il mese di marzo 2022, il margine calcolato sul primo bimestre 2022 è stato linearmente riproporzionato al margine trimestrale. Si tratta di aspetti che si riflettono inevitabilmente sulla stima”.

“In via ulteriore, l’avvenuta adozione del provvedimento prima della scadenza del semestre, potrebbe dar luogo a comportamenti elusivi, con specifico riguardo ai soggetti facenti parte di un gruppo fiscale, sia nell’ambito IVA sia in quello relativo all’imposizione diretta. A riprova di tale rischio si richiama l’attenzione su quanto previsto al comma 4 nella parte in cui non ci si limita a far riferimento, per determinare i saldi, ai dati delle fatture emesse e ricevute dal gruppo IVA ma anche, per le operazioni effettuate tra i soggetti partecipanti al gruppo IVA, ai dati risultanti dalle scritture contabili tenute ai sensi del DPR n. 600 del 1973; a riprova dei rischi si rileva inoltre il ricorso ad un piano straordinario di controlli ai quali sarà chiamata la Guardia di finanza”; scrive il Senato. Quanto al rinvio al provvedimento direttoriale per la definizione degli adempimenti, anche dichiarativi e delle modalità di versamento del contributo, “si registra l’assenza della previsione di un termine. Inoltre, con riferimento alla norma per cui il medesimo provvedimento potrà individuare dati aggiuntivi da indicare nelle fatture di cessione e di acquisto dei prodotti si richiama l’attenzione sulla genericità della “delega” rispetto ad una disposizione destinata ad operare a regime e che non riguarderà le fatture che concorreranno a definire la base imponibile del nuovo contributo”.

Mentre “il contributo è suscettibile di essere traslato economicamente sui consumatori con conseguente aumento dei prezzi al consumo dei prodotti energetici e dell’energia elettrica. È la stessa disciplina in commento a prefigurarne il rischio, cercando di porvi rimedio. Al fine di evitare tali indebite ripercussioni, la norma predispone infatti un piano di controlli straordinario con il coinvolgimento dell’AGCM che potrà adottare provvedimenti nell’ambito delle proprie competenze istituzionali. Si osserva che la disciplina adottata non esclude quindi che l’incremento dei prezzi possa aver luogo ma mira a prevenirlo attraverso l’efficacia deterrente dei provvedimenti che l’Autorità potrà adottare. Tuttavia poiché tale effetto dipende dalla percezione degli operatori in ordine all’efficacia dei controlli e delle verifiche prefigurate, si corre il rischio che la nuova disciplina possa, nei fatti, accompagnarsi ad incrementi dei prezzi seguiti da provvedimenti sanzionatori ex post, che dunque non elideranno le ripercussioni dell’avvenuta traslazione economica del contributo sui consumatori. Inoltre, occorre tener conto sia dei tempi richiesti per la implementazione del piano straordinario – che risentirà anche della necessità di una disciplina attuativa ancora da varare – sia della previsione della operatività delle nuove misure circoscritta fino al 31 dicembre 2022 (in particolare per quanto concerne l’erogazione degli straordinari). Si suggerisce quindi di svolgere un ulteriore approfondimento in proposito al fine di verificare se tali aspetti possano riflettersi sulla ragionevolezza dell’impianto normativo in esame rispetto alle finalità perseguite dallo stesso”.

Con riferimento a quanto previsto ai commi da 8 a 10 “andrebbe confermata la sostenibilità a carico dell’Autorità garante del mercato e della concorrenza dei nuovi compiti affidati posto che per nove mesi essa dovrà attuare un piano straordinario di controlli sulla veridicità delle comunicazioni ricevute mensilmente. Inoltre, con riferimento allo stanziamento per la remunerazione delle maggiori prestazioni di lavoro straordinario da effettuarsi nel periodo dal 1° aprile al 31 dicembre 2022 dal personale della Guardia di finanza, pur trattandosi di oneri modulabili entro un limite massimo di spesa, andrebbero fornite delucidazioni sui parametri assunti dalla RT al fine di consentire una valutazione circa la congruità delle risorse stanziate: in particolare in ordine ai ruoli/gradi di appartenenza del contingente di personale che verrà impiegato(91) . In tal senso, posto che la RT si limita riferire che sarà utilizzato personale di ruoli diversi e che l’importo dell’ora di lavoro straordinario pari a € 19,79 costituisce solo una “media” dell’onere, andrebbero acquisiti i prospetti di calcolo che hanno portato a tale stima presuntiva e a certificare la congruità della media indicata”, concludono i tecnici del Senato.

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