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Green Deal

Ecco come l’Europa cambia rotta su fisco energetico e investimenti

Il nuovo corso di Bruxelles guidato da Ursula von der Leyen potrebbe portare avanti dopo oltre 15 anni, una riforma della fiscalità energetica per allinearla agli obiettivi climatici Ue. La Bei ha rinviato, invece, qualsiasi decisione sugli investimenti nelle rinnovabili: prima occorre risolvere il nodo del gas

Si preannuncia un vero e proprio cambio di rotta per il futuro energetico e climatico dell’Europa. Un cambio basato su una riforma fiscale per la promozione delle tecnologie pulite, sullo stop agli incentivi dei combustibili fossili da parte delle Banca europea degli investimenti (Bei) e su di un fisco più pesante per i trasporti marittimi e aerei.

IL DOCUMENTO DELLA PRESIDENZA FINLANDESE

Ad annunciare la riforma della tassazione sull’energia Ue per allinearla agli obiettivi climatici è stata Reuters che ha anticipato un documento della presidenza finlandese con le possibili aliquote minime, i prelievi sui combustibili fossili e la fine delle deroghe al settore aereo e marittimo, in vista della riunione dei ministri delle Finanze di Helsinki.

NORME FISCALI NEL SETTORE ENERGIA CONGELATE DA 15 ANNI

Come ha ricordato la stessa Reuters, le norme fiscali europee di settore sono “congelate da oltre 15 anni” e appaiono ormai “obsolete e non adatte alle sfide dei cambiamenti climatici e agli sviluppi della politica energetica a livello Ue”, afferma il documento. In sostanza se nell’ultimo decennio i paesi europei si sono posti alla guida della trasformazione globale verso le rinnovabili, istituendo il sistema di scambio delle quote di emissione più importante del mondo, il sistema di tassazione non ha rispettato questi mutamenti “non distinguendo tra fonti di energia elettrica rinnovabili e ad alta intensità di carbonio”.

POCA CONVENIENZA NELL’EFFICIENZA E STOP ALLE ESENZIONI FISCALI PER IL TRASPORTO AEREO E MARITTIMO

Da qui il contenuto del documento riservato svelato da Reuters, comunque non vincolante per le autorità Ue, proposto per sollecitare una revisione delle aliquote fiscali minime per i prodotti energetici, che attualmente differiscono tra gli Stati Ue e non premiano le fonti di energia per la loro efficienza. “Le tariffe minime per l’elettricità e i combustibili per riscaldamento, ad esempio, sono troppo basse per fornire un segnale di prezzo adeguato per gli utenti energetici”, si legge nel documento riferendosi, in questo senso, a un svilimento degli investimenti nell’efficienza energetica. Non solo. Il testo cita anche uno stop alle esenzioni fiscali sull’energia concesse ai settori del trasporto aereo e marittimo europee, poiché “non in linea con gli obiettivi di decarbonizzazione delle politiche dei trasporti dell’Unione”. In questo senso, aumentando le tasse sui prodotti energetici più inquinanti, l’Ue potrebbe contribuire più efficacemente alla lotta contro i cambiamenti climatici, affermano i sostenitori del piano.

OBIETTIVI AMBIZIOSI PER VON DER LEYEN

Gli obiettivi della nuova Commissione europea che entrerà in carica a novembre sono tra l’altro particolarmente ambiziosi e puntano a ridurre le emissioni di carbonio di almeno il 50% entro il 2030. Ursula von der Leyen, nel suo primo discorso al Parlamento europeo come candidata alla presidenza dell’esecutivo, ha indicato, infatti, come target un taglio di almeno il 50% delle emissioni entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, una tassa sulla Co2 e un “Green New Deal” per diffonedere su vasta scala le tecnologie pulite.

IL PROBLEMA DELL’UNANIMITA’

Tuttavia, in passato l’opposizione di alcuni dei 28 Stati europei ha bloccato le riforme fiscali in materia di energia. Solo per fare un esempio, basti pensare alla revisione del 2015 respinta in blocco dai paesi dell’Est Europa che ancora fanno affidamento sul carbone. L’opposizione al cambiamento delle norme esistenti, che risalgono al 2003, insomma è probabile che rimanga forte, ma il presidente Von der Leyen ha promesso grandi cambiamenti e si prevede che investirà gran parte del suo capitale politico nella riforma. Le revisioni fiscali dell’Ue sono rese più difficili dalle disposizioni che richiedono l’unanimità di tutti gli Stati membri per realizzarle. Per questo Von der Leyen ha chiesto la sospensione di queste disposizioni e una decisione a maggioranza.

LA BEI RINVIA TUTTO AL 15 OTTOBRE

Intanto, il Consiglio di Amministrazione della Banca Europea degli Investimenti sta discutendo sulla messa al bando, entro la fine del 2020, dei finanziamenti a progetti che riguardano i combustibili fossili per concentrarsi sulle energie rinnovabili. Nella riunione di Zagabria si è registrato un nulla di fatto e, come evidenzia anche una nota della stessa Bei “le deliberazioni dettagliate sul nuovo progetto di politica di prestiti energetici dovrebbero riprendere alla prossima riunione del Consiglio di amministrazione che si terrà a Lussemburgo il 15 ottobre”.

MCDOWELL: NELLE PROSSIME SETTIMANE FORNIREMO AMPI CHIARIMENTI E ASSICURAZIONI PER GARANTIRE UN PACCHETTO EQUO ED EQUILIBRATO

“Oggi abbiamo iniziato la discussione in seno al Consiglio di amministrazione sul progetto di politica di prestiti energetici della Banca, che mira a massimizzare il sostegno della Banca agli investimenti in energia pulita necessari per raggiungere gli ambiziosi obiettivi climatici Ue, inclusa l’eliminazione graduale del nostro sostegno ai combustibili fossili. Nelle prossime settimane forniremo ampi chiarimenti e assicurazioni per garantire un pacchetto equo ed equilibrato di sostegni per tutti gli Stati membri durante la transizione energetica e continueremo la discussione in ottobre”, ha dichiarato in una nota Andrew McDowell, vicepresidente della Banca europea per gli investimenti con supervisione responsabilità per l’energia. La Banca europea per gli investimenti, va ricordato, è la più grande banca pubblica internazionale del mondo e negli ultimi 5 anni ha erogato oltre 49 miliardi di euro per investimenti nel settore energetico in tutto il mondo.

IL RUOLO DEL GAS NATURALE IL PUNTO CONTROVERSO

A quanto apprende l’Ansa, infatti, tra i motivi del rinvio vi sarebbe il ruolo del gas naturale. “Paesi come Italia e Spagna vorrebbero vedere continuare i finanziamenti su una fonte fossile che rilascia meno Co2 per unità di energia prodotta e può essere utile come fonte di transizione. Altri come la Francia sono contrari. La discussione sarà probabilmente anche parte dell’Ecofin informale, in programma in Finlandia venerdì”, ha evidenziato l’agenzia.

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