I manifestanti vicini alla milizia Radaa protestano chiedendo il rovesciamento del Governo di Unità Nazionale guidato da Abdel Hamid Dbeibah. Un centinaio di italiani sono rientrati a Roma
Decine di manifestanti, in particolare dei quartieri considerati vicini alla milizia Radaa – a cui appartiene anche il generale Almasri – stanno manifestando in piazza dei Martiri a Tripoli, chiedendo il rovesciamento del Governo di Unità Nazionale guidato da Abdel Hamid Dbeibah. Lo riportano i media libici.
Il premier ha rivendicato l’operazione contro la milizia di Al Kikli, dichiarando che si tratta di “un passo necessario per porre fine a una realtà che ha violato troppo la legge e che è stata associata a gravi violazioni dei diritti umani”.
UN CENTINAIO DI ITALIANI SONO RIENTRATI A ROMA DALLA LIBIA
Considerata la situazione, ieri circa 100 cittadini italiani, con l’assistenza e l’organizzazione dell’ambasciata d’Italia, del personale dei carabinieri e della Presidenza del Consiglio, hanno raggiunto l’aeroporto di Misurata per imbarcarsi su un volo speciale diretto a Roma, e sono arrivati verso l’una di notte a Fiumicino con un Airbus A320 della Medsky Airways. La maggior parte di loro è composta da lavoratori e imprenditori che si trovavano a Tripoli per partecipare alla fiera dell’edilizia Libya Build international In Libia restano comunque circa duecento connazionali che vivono stabilmente nelle città più importanti della Tripolitania e della Cirenaica.
Martedì notte è iniziato infatti un nuovo conflitto a fuoco tra le milizie. A quel punto l’Ambasciata, coadiuvata dall’Unità di crisi della Farnesina, si è attivata per permettere ai cittadini di rientrare in Italia in sicurezza.
IL RACCONTO DEL DIPENDENTE ENI
Tra gli italiani rientrati vi è anche un dipendente di Eni, che all’Ansa ha raccontato: “ero a Tripoli per lavoro da due anni e mezzo. Due sere fa ero in casa quando, intorno alle 10 di sera, sono scoppiati i primi disordini in strada, che sono andati avanti fino alle 3. Il giorno dopo è sembrato tutto più tranquillo ma poi di notte, verso le 3, si è tornato sparare. A quel punto mi sono letteralmente barricato in casa. L’azienda ha comunicato a me e ai miei colleghi che, non appena possibile, il personale non indispensabile avrebbe potuto lasciare il Paese con un volo speciale, che abbiamo preso oggi. Comunque, appena la situazione lo consentirà, sono pronto a tornare in Libia”, ha concluso.
LA DECISIONE DI ENI E LE PAROLE DEI MINISTRI TAJANI E CROSETTO
Eni sta effettuando in via precauzionale una razionalizzazione delle presenze a Tripoli non strettamente essenziali a garantire l’operatività, ma ha confermato la presenza e la continuità delle operazioni in Libia. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha dichiarato che “la diplomazia italiana ha garantito la massima sicurezza dei nostri concittadini”. Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha detto di aver parlato della situazione in Libia con il Capo di Stato maggiore: “fino ad ora abbiamo utilizzato dei voli civili, ma l’Aeronautica è sempre pronta. Quando gli Esteri ci chiedono aiuto, i nostri aerei possono partire”.
LE RAGIONI DEI DISORDINI IN LIBIA
La causa degli scontri a Tripoli va ricercata nell’approccio di tolleranza zero del premier Dbeibeh contro i gruppi armati del Paese e dopo l’agguato ad Al Kikli (conosciuto anche come Gheniwa), a capo del gruppo paramilitare che gestisce il carcere di Abu Salim e che guida uno dei principali clan attivi nello sfruttamento dei migranti e nella spartizione delle risorse petrolifere. Le milizie di Radaa hanno respinto l’offensiva della Brigata governativa 444 e hanno marciato verso il palazzo della presidenza. In Libia media e attivisti hanno parlato di spari ai manifestanti che protestavano di fronte alla residenza del premier, e il bilancio sarebbe di almeno 8 morti e 70 feriti.
Il Paese nordafricano è quindi ripiombato in una situazione di grande instabilità: il governo Dbeibeh è in crisi economica a causa dei bassi proventi del petrolio, e alcuni ne prevedono addirittura la caduta nei prossimi giorni. Dal canto suo, il presidente americano Donald Trump vorrebbe deportare i migranti irregolari proprio in Libia, in modo simile a quanto ha fatto di recente facendo deportare i migranti venezuelani a El Salvador. In questo contesto, vedremo quale posizione sceglierà di adottare il governo italiano, dal momento che non è escluso che i disordini libici possano, tra i vari effetti, comportare una nuova crisi migratoria.