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Ecco perché Vienna e Berlino sono ai ferri corti per le tariffe del gas

La querelle riguarda il sovrapprezzo alle vendite di gas fatto pagare ai vicini per l’export di gas. L’Italia è spettatrice interessata: aveva introdotto un meccanismo simile, congelando poi l’avvio.

È finito sul tavolo della Commissione europea, come interrogazione urgente, la disputa tra Austria e Germania sulle tariffe di transito del gas tedesche.

IL MECCANISMO AVVIATO DALLA GERMANIA NEL 2022

La questione affonda le sue radici nel 2022 quando Berlino, come il resto d’Europa del resto, aveva dovuto chiudere i rubinetti del gas russo per dare il via a una frenetica corsa all’acquisto del combustibile, già molto caro, sui mercati internazionali. La Germania si garantì in questo modo un riempimento degli stoccaggi lasciando però un conto salato da pagare, quasi 10 miliardi di euro in più.

Per recuperare la perdita, i tedeschi autorizzarono il supervisore dei mercati del gas, Trading Hub Europe, di aggiungere un sovrapprezzo alle vendite di gas per far sostenere i costi ai consumatori. Ma anche ai vicini della Germania. Tutto il gas importato attraverso i tubi tedeschi avrebbe sopportato dunque un sovrapprezzo a 1,86 euro per MWh, un aumento di prezzo di almeno il 5% agli attuali prezzi all’ingrosso del gas.

L’AUSTRIA PASSA ALL’AZIONE: PRESENTA UN’INTERROGAZIONE PARLAMENTARE ALLA COMMISSIONE UE

Da qui l’escalation di tensione con i vicini austriaci ma non solo: la questione era stata affrontata in prima battuta in una riunione dei ministri dell’Energia dell’Ue all’inizio di marzo, alla quale la Commissione europea aveva però risposto con cautela, lasciando la controversia irrisolta. Ora il vicepresidente austriaco (PPE) del Parlamento europeo Othmar Karas, insieme al ministro dell’Energia del paese, Leonore Gewessler, ha deciso di presentare un’interrogazione parlamentare urgente alla Commissione europea, contestando la legalità delle tasse di transito del gas tedesche.

“Credo che una tassa nazionale sull’esportazione del gas non solo sia contraria al diritto comunitario, ma contraddica anche uno dei principi fondamentali dell’Ue”, ha affermato Karas, membro del partito austriaco di centro-destra ÖVP, in una nota.

La richiesta è una “chiara valutazione” alla Commissione europea sul fatto se la tassa tedesca sul gas sia conforme o meno al “diritto comunitario e alle regole del mercato interno” e quali misure possano essere adottate per “evitare ulteriori effetti negativi a danno dell’Austria”.

CONTI IN ROSSO PER 39 MILIONI DI EURO

“Tra ottobre 2022 e dicembre 2023, questa tassa tedesca sullo stoccaggio del gas ci è già costata circa 39 milioni di euro”, ha sottolineato Karas.

L’Austria, che ha concluso contratti per il gas russo fino al 2040, ha infatti faticato a diversificare la propria fornitura. Ancora quest’anno, oltre il 95% del gas austriaco proviene ancora dalla Russia, più di due anni dopo che Mosca ha attaccato l’Ucraina e nonostante il resto d’Europa si sia smarcata da Mosca.

L’AUSTRIA PUNTA IL DITO CONTRO LA GERMANIA

Secondo Vienna la colpa è in parte anche della Germania. Perché con il suo comportamento “non aiuta a rendere questa diversificazione meno costosa”, ha affermato il ministro austriaco dell’Energia Leonore Gewessler. D’altronde l’Austria, senza sbocco sul mare, ha delle oggettive difficoltà nel costruire terminali di Gnl e la tassa di transito tedesca limita di fatto la capacità di accedere al gas norvegese e al Gnl del Nord Europa.

LA DIFESA DELLA GERMANIA

Il Ministero tedesco dell’Economia e dell’Azione per il clima non ha voluto commentare le lamentele dei vicini, ma ha sottolineato che la tassa sul gas “ha dato un contributo decisivo alla sicurezza europea dell’approvvigionamento e alla stabilizzazione dei prezzi”. Anzi, “il commercio tra gli Stati membri non è limitato dalla tassa, il che significa che non vi è alcuna giustificazione per ricorrere al gas russo”, ha spiegato un portavoce secondo quanto riferito da Euractiv, aggiungendo che è “non discriminatoria e viene addebitata allo stesso tasso per tutte le quantità fornite”.

TRE SETTIMANE DI TEMPO PER DECIDERE

Bruxelles ha ora tre settimane di tempo per rispondere. Tra l’altro a marzo la Commissione europea aveva chiesto all’autorità di regolamentazione energetica dell’Ue Acer di esaminare se la tariffa aggiuntiva imposta dalla Germania alle sue esportazioni di gas naturale potesse distorcere o meno il mercato unico comportando una possibile violazione delle regole di concorrenza secondo quanto riferito da Reuters. In ogni caso, se l’Austria volesse poi portare avanti la questione, potrebbe portare nuovamente la Germania in tribunale come già accaduto per una precedente querelle sulle tariffe autostradali.

L’ITALIA SPETTATRICE INTERESSATA

Tra i paesi che stanno seguendo da vicino la disputa, oltre a Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia, c’è l’Italia ha già congelato i piani per una tassa simile sul transito del gas a marzo (2,19 euro per MWh a partire dal 1 aprile) per coprire 4,8 miliardi di euro di maggiori costi registrati nel periodo di maggiore crisi del gas. Arera aveva infatti comunicato poco più di un mese e mezzo fa che “alla luce del dibattito in corso a livello europeo sulla necessità di evitare l’adozione di misure unilaterali come tasse/corrispettivi che potrebbero mettere in pericolo la solidarietà energetica e vanificare gli sforzi per la diversificazione delle fonti di approvvigionamento”, non intendeva dare seguito alla procedura.

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