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toyota celle a combustibile

Emissioni zero, Toyota ha dubbi sulla fattibilità del piano californiano (ma NY segue a ruota)

Toyota, che lo scorso anno è stato il marchio più venduto negli USA, superando per la prima volta le americane, guarda con scetticismo alla rincorsa verso l’elettrico di alcuni Stati americani, dato che impongono l’abbandono delle motorizzazioni endotermiche: “Realisticamente parlando, sembra piuttosto difficile raggiungerli” ha detto il Ceo

“Proprio come le auto completamente autonome che tutti noi a quest’ora avremmo già dovuto guidare, i BEV impiegheranno più tempo a diventare mainstream di quanto i media vorrebbero farci credere”. Akio Toyoda, numero uno del colosso nipponico Toyota, nipote dello storico fondatore dell’azienda, si conferma uno degli attori più scettici del comparto automotive con riferimento alla transizione ecologica in atto, almeno per come è stata disegnata da diversi legislatori. Secondo quanto riporta Reuters, il numero 1 di Toyota Motor Corp ha dichiarato che i nuovi requisiti californiani per il raggiungimento di emissioni zero, che mirano a porre fine alle vendite di nuovi veicoli a benzina entro il 2035, saranno “difficili” da soddisfare.

CHI CORRE VERSO L’ELETTRICO

L’avvicendamento alla Casa Bianca tra Donald Trump (che nel corso del proprio mandato aveva ostacolato in ogni modo le misure ecologiste) e Joe Biden (che vuole che entro il 2030 il 50% dei nuovi veicoli sia costituito da veicoli elettrici o PHEV, ma non ha approvato una data precisa per la fine delle vendite di veicoli a benzina) ha portato diversi Stati a correre con rinnovato entusiasmo – giudicato eccessivo anche secondo alcuni studi indipendenti – verso l’addio delle motorizzazioni endotermiche. Il governatore di New York, Kathy Hochul, ha dichiarato proprio in queste ore che lo Stato intende adottare i requisiti della California.

 

TOYOTA INVESTE ANCHE SULL’IDROGENO

Toyota, uno dei marchi che detiene le maggiori quote di mercato USA (le sue auto sono particolarmente diffuse proprio in California) però non ci sta. “Realisticamente parlando, sembra piuttosto difficile raggiungere” gli obiettivi californiani, ha dichiarato Toyoda durante una tavola rotonda con i giornalisti. Secondo l’Ad nipponico “giocare per vincere significa giocare con tutte le carte del mazzo, non solo con alcune selezionate. Questa è la nostra strategia e ci atteniamo ad essa”. In più occasioni, difatti, Toyota, accusata dalle associazioni ambientaliste di non aver fatto abbastanza per passare all’elettrico, ha rimarcato la necessità di studiare soluzioni alternative, come per esempio l’idrogeno, mantenendo nel contempo in vita le motorizzazioni endotermiche.

Jack Hollis, vice presidente esecutivo delle vendite di Toyota Motor North America, durante un webinar ospitato dalla Automotive Press Association, qualche settimana fa in merito alla transizione verso l’elettrico aveva dichiarato: “Non credo che il mercato USA sia pronto”. “Non credo che l’infrastruttura sia pronta. E anche se foste pronti ad acquistarne una, e se poteste permettervela… il prezzo è ancora troppo alto.”

L’esponente della filiale statunitense (che, ricordiamo, è attualmente il marchio più venduto negli USA), ha quindi fatto l’esempio della penetrazione dell’ibrido: “Ci sono voluti 25 anni per arrivare a meno del 10% di quota di mercato per l’ibrido, che è accessibile, che è fatto con le risorse disponibili”. Non dimentichiamo del resto che la giapponese Toyota Motor Corp è ancora nel pieno dell’impasse dei problemi tecnici manifestati dal suo primo mezzo elettrico – il Suv bz4X – a tal punto da aver recentemente annunciato la sospensione della linea 1 nello stabilimento di Motomachi.

Toyoda nelle ultime ore ha paragonato la casa automobilistica a un “grande magazzino” che vende una varietà di veicoli a clienti con esigenze diverse. Gli Stati dunque non dovrebbero intromettersi sulla varietà merceologica esposta sugli scaffali. La visione aziendale di Toyota “è quella di fornire libertà di mobilità a tutti… e non vogliamo lasciare indietro nessuno”, ha aggiunto Toyoda facendo riferimento all’alto costo delle auto EV che, come recentemente ribadito in un report curato da una tra le più autorevoli società di ricerche in campo automobilistico, la Jato Dynamics, rischiano di escludere “una parte significativa della popolazione dalla transizione verso la mobilità elettrica a causa dei problemi legati all’accessibilità economica dei veicoli”.

Esattamente un anno fa, il ceo Toyoda parlando agli industriali nipponici aveva portato a sostegno della sua tesi sulla necessità di procedere con una transizione ecologica più ragionata e meno repentina il fatto che il Giappone produce circa 10 milioni di veicoli all’anno, di cui circa il 50% viene esportato: ebbene, le previsioni ipotizzano che l’industria nipponica possa produrre 8 milioni di veicoli all’anno solo con il contributo dei motori a combustione, inclusi ibridi e Phev, anche nel 2030, mentre la loro eliminazione per legge paralizzerà il mercato del lavoro.

“Ciò significa che la produzione di 8 milioni di unità andrebbe persa e l’industria potrebbe rischiare di dover rinunciare alla maggior parte dei 5,5 milioni di posti di lavoro”, aveva ammonito Toyoda. “Se i motori a combustione interna sono il nemico, probabilmente non saremo più in grado di produrre quasi tutti i veicoli che oggi assembliamo con tutte le conseguenze negative che da tale situazione discenderebbero per la nostra economia”.

Toyota, oltre a ritenere che dovrebbe essere lasciato maggior spazio, almeno nella fase iniziale dell’addio alle motorizzazioni endotermiche, agli ibridi, è tra le Case che sta investendo maggiori risorse nell’idrogeno, soprattutto con riferimento ai mezzi pesanti. Toyota, Isuzu Motors Limited, Denso Corporation e Commercial Japan Partnership Technologies Corporation hanno annunciato di aver avviato un programma comune per la ricerca e lo sviluppo di nuove soluzioni per l’utilizzo dell’idrogeno sui mezzi pesanti. Della joint venture faceva parte pure Hino Motors, estromessa a seguito dello scandalo dieselgate.

Non è la prima volta che Toyota guarda all’impiego dell’idrogeno come combustibile sui motori di impostazione tradizionale: dal maggio 2021, per esempio, una Toyota Corolla con motore a combustione interna alimentato a idrogeno compete nel campionato sportivo nipponico Super Taikyu Series. L’obiettivo finale dello studio è impiegare il combustibile pulito per alimentare i motori a combustione interna dei camion, così da facilitare il raggiungimento della neutralità di emissioni di CO2.

Toyota ha fatto intendere di preferire l’idrogeno alla soluzione elettrica perché non richiede rivoluzioni sul fronte dei pianali né impone le Case a dotarsi di impianti per la costruzione di batterie. Inoltre, sul fronte utenti, i tempi di ricarica richiederebbero al massimo 5 minuti e in caso di incidente le auto non sono soggette agli incendi che possono riguardare le celle delle batterie. Tuttavia, dal momento che Europa e USA si stanno muovendo per aumentare l’infrastruttura delle colonnine elettriche, difficilmente l’idrogeno sarà la soluzione su cui investire, almeno nell’immediato.

MA INTANTO TOYOTA INVESTE (ANCHE) SULLE AUTO EV

Forse anche per lasciarsi alle spalle l’inciampo dovuto al mal funzionamento tecnico dei suoi Suv elettrici bZ4X, o per archiviare il prima possibile l’onta dei dati taroccati dalla sua sussidiaria Hino Motors o, ancora, per dare una scossa a risultati finanziari non brillanti (quest’anno gli utili operativi potrebbero ridursi di un quinto a causa degli aumenti “senza precedenti” del costo dei materiali e della logistica e non dimentichiamo che nel quarto trimestre dell’anno fiscale 2022 l’azienda ha registrato un calo del 33 per cento dell’utile), che Toyota ha deciso di effettuare una brusca “inversione a U” e mettere sul piatto qualcosa come 730 miliardi di yen, pari a oltre 5,2 miliardi di dollari, in nuovi stabilimenti per batterie per auto EV, così da avviare la produzione tra il 2024 e il 2026.

“Con questo investimento”, ha spiegato la stessa casa automobilistica, “Toyota intende aumentare la sua capacità di produzione combinata di batterie in Giappone e negli Stati Uniti fino a 40 GWh”. Entrando nel dettaglio delle somme allocate, circa 400 miliardi di yen saranno investiti nello stabilimento di Himeji di Prime Planet Energy & Solutions e in altri a marchio Toyota localizzati sempre in Giappone mentre 325 miliardi di yen voleranno Oltreoceano, negli USA, investiti nella gigafactory di Liberty, piccolissima cittadina da 2600 anime della Contea di Randolph. nella Carolina del Nord, che presto avrà oltre 2000 tute blu Toyota impiegate nella produzione di batterie per auto EV.

COSA HA SPINTO TOYOTA A CAMBIARE IDEA?

L’annuncio segue del resto quello dell’amministrazione Biden di voler procedere col bando dei motori endotermici a tutta velocità e, soprattutto, arriva dopo la firma dell’Inflation Reduction Act, il corposo pacchetto di aiuti a sostegno dell’economia americana che contiene, tra le pieghe, diversi obblighi per le case estere che vogliono approcciarsi al mercato statunitense, tra cui la necessità di impiantare negli USA il grosso della filiera per la produzione delle auto e pure delle batterie, pena essere escluse dagli incentivi messi a disposizione dal governo federale.

Non solo: il California Air Resources Board ha votato per l’adozione di un’ambiziosa normativa che richieda di mettere al bando, entro i prossimi 12 anni, i mezzi con motori endotermici. Per la precisione, secondo il testo, tutte le nuove auto vendute nel più popoloso Stato americano dovranno essere elettriche o ibride plug-in entro il 2035. Le norme, che sono state adottate da più di una dozzina di Stati americani, devono ancora essere approvate dall’Agenzia per la protezione dell’ambiente degli Stati Uniti.

Ma soprattutto, nelle ultime ore hanno iniziato a muoversi anche i cuginetti di Honda Motor che con i sudcoreani di LG Energy Solution Ltd hanno dichiarato che lavoreranno gomito a gomito a un nuovo impianto di batterie agli ioni di litio per veicoli elettrici negli Stati Uniti. Prima di costruire l’impianto, le due società dovrebbero costituire una joint venture. L’inizio della costruzione è previsto per l’inizio del 2023 e la produzione di massa per la fine del 2025.

L’investimento per la joint venture nippo-coreana sarà di 4,4 miliardi di dollari, cifra analoga a quella messa sul piatto da Panasonic per costruire l’impianto che farà batterie per Tesla. L’obiettivo di Honda e LG è aprire una gigafactory dalla capacità produttiva annuale di circa 40 GWh, con le batterie fornite esclusivamente agli impianti Honda in Nord America per alimentare i modelli EV di Honda e Acura. L’ubicazione dell’impianto non è ancora stata definita, ma il quotidiano economico Nikkei ha riferito che le due aziende stanno valutando l’Ohio, dove si trova lo stabilimento principale della Honda.

All’inizio di quest’anno, Honda aveva fissato l’obiettivo di lanciare 30 modelli di veicoli elettrici a livello globale e di produrre circa 2 milioni di veicoli elettrici all’anno entro il 2030. Le due aziende hanno dichiarato che la combinazione di una forte produzione locale di veicoli elettrici e la fornitura tempestiva di batterie le metterà “nella posizione migliore per puntare al mercato nordamericano dei veicoli elettrici in rapida crescita”.

Per rimanere tra i colossi asiatici, infine, secondo quanto ha riferito l’agenzia di stampa Yonhap, la sudcoreana Hyundai Motor Co avrebbe già deciso di anticipare la data della costruzione di un impianto di veicoli elettrici e batterie negli Stati Uniti già a partire da quest’anno. A maggio Hyundai Motor aveva dichiarato che avrebbe iniziato a costruire il suo nuovo impianto in Georgia all’inizio del 2023 e che la produzione commerciale sarebbe iniziata nella prima metà del 2025 con una capacità annua di 300.000 unità.

Ora, con l’intervento del pacchetto anti inflazione che introduce limiti di carattere territoriale per la fruizione degli incentivi all’acquisto delle auto EV, la sudcoreana si sarebbe convinta ad anticipare la data della costruzione. In un quadro simile, Toyota non può certo correre il rischio di restare indietro, soprattutto adesso che ha superato i marchi americani nelle vendite nei 50 Stati USA.

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