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RCS Talk

Energia, transizione ecologica e net zero: cosa è emerso dal talk di RCS Academy

L’industria e i player si sono ritrovati per delineare una strategia congiunta e rispondere alla continua evoluzione delle esigenze di sistema

Questione energetica, transizione ecologica, obiettivi net zero ed altro. Oggi la community dell’energia si è incontrata al Green & Blue Talk di RCS Academy “Transition to Net Zero – Innovare l’energia”, organizzato dal Corriere della Sera, per fare il punto su strategie, investimenti e alleanze che contraddistinguono il panorama energetico italiano ed europeo.

PALERMO (ACEA): SERVONO POLITICHE SULLE DIGHE E SUGLI INVASI

“Il tema dell’acqua è spesso associato alla questione delle risorse. Il problema che abbiamo in Italia è infrastrutturale, perché abbiamo investito troppo poco per rinnovare le infrastrutture vecchie. Oggi investiamo 56 euro per abitante contro una media europea di 78 euro per abitante. Come finanziare questi investimenti? Le tariffe dell’acqua oggi da noi sono bassissime. L’acqua è strategica non solo per il consumo umano, ma anche nel settore agricolo e industriale. La frammentazione italiana riguarda poi gli attori che operano nel settore: noi siamo i più grandi in Italia, ma tante altre sono realtà per lo più minori, e questo non avvantaggia gli investimenti”. Così l’amministratore delegato di Acea, Fabrizio Palermo.

“Sicuramente il cambiamento climatico ha portato più consapevolezza sul tema dell’acqua – ha spiegato Palermo – ma si può fare di più. Il governo si sta muovendo con un piano nazionale di investimenti, ma serve ripensare l’organizzazione territoriale. Servono operatori grandi e servono bacini di operatività maggiori. L’acqua impatta sul 20% del Pil e influisce anche sull’economia del mare. Il know-how c’è, servono investimenti per adeguare le dighe per raccogliere e immagazzinare più acqua quando serve. Poi, andrebbe fatta una politica degli invasi, di cui si parla da tempo, ma senza sviluppi, unita ad un utilizzo delle acque reflue a fini agricoli e industriali. Va creata quindi una rete di trasporto di quest’acqua. Oggi, poi, l’uso dell’acqua non può che passare anche per un processo di digitalizzazione. C’è uno stretto legame tra AI e acqua: questa serve alla prima, serve ai data center, basta vedere i numeri di Google e di compagnie di questo calibro”.

ENI: PER L’INVERNO 2024-2025 IL DISTACCO DAL GAS RUSSO SARÀ COMPLETO

Per l’ad di Eni, Claudio Descalzi, “i prezzi riguardano mercati differenti, il petrolio è molto più alto del gas e la domanda è in aumento. Non c’è corrispondenza in termini di offerta, un po’ per l’open e un po’ per investimenti, che sono la metà del 2014. Negli anni del Covid, gli investimenti sono stati molto bassi. L’OPEC impatta, ma già dopo la pandemia i prezzi del petrolio erano a 80 dollari. C’è squilibrio tra domanda e offerta, la domanda cresce al contrario di una stabilità che immaginavamo.

In maniera diversa, tutto ciò è vero anche per il gas: molti sono stupiti più di altri. Il gas ha ancora dei valori per settori al contrario del petrolio, che ha valore globale come commodity. Negli Usa siamo a 2 dollari per mmbtu e in Europa a 11 dollari, in Asia abbiamo valori normalizzati e allineati a quelli europei. La maggiore tensione c’è in Europa, dove in un anno sono scomparsi i flussi russi. Gli stoccaggi sono al 95-96%, mai così pieni prima d’ora; c’è un clima moderato, ma una volatilità dei prezzi che non corrisponde ai volumi che abbiamo.

Oggi non abbiamo più la Russia, abbiamo tanti Paesi e oltre al gas da pipeline anche il GNL. La domanda rimane inelastica e, mancando flessibilità, potrà tornare la sicurezza che il gas russo nei volumi è stato completamente rimpiazzato. In Europa abbiamo dei sistemi diversi: noi e la Spagna con gas, rinnovabili e idroelettrico; la Francia è stabile grazie al nucleare e la Germania con gas, carbone e chiuderà il nucleare. I tempi per la stabilità? Ci stiamo avvicinando ad un rimpiazzo dell’80% del gas russo e all’inverno 2024-2025 arriveremo al 100%.

Il carbone è l’elemento da ridurre attualmente identificato per la transizione, nel comparto elettrico impatta ancora al 35%. Non ci sono soltanto le policy, gli obiettivi, ma ci sono le persone e i costi. Bisogna essere bilanciati e bisogna decarbonizzare”.

SNAM: SERVE APERTURA ALL’USO DI TUTTE LE TECNOLOGIE

Secondo l’amministratore delegato di Snam, Stefano Venier, “un sistema energetico resiliente si costruisce attraverso un percorso di infrastrutturazione, diversificazione. In questo senso vanno i rigassificatori. In questo momento, di diverso rispetto alla crisi russo-ucraina, siamo in autunno e abbiamo gli stoccaggi di gas al 95%, con una nave a Piombino pienamente attiva da 4-5 miliardi di metri cubi aggiuntivi. Esistono obiettivi al 2030 e 2050. Quello che conta – ha aggiunto Venier – è l’apertura all’uso di tutte le tecnologie. A livello normativo serve accelerare sulle direttive con un’impostazione che sia un po’ più semplice. Non è questo il momento di soffermarsi a disegnare mercati perfetti per situazioni che devono ancora realizzarsi.

L’ambizione di Snam è essere efficaci in questa transizione gestendo più molecole, non solo quella del gas metano”.

ITALGAS: PER DECARBONIZZARE DOBBIAMO ESSERE MOLTO PRAGMATICI

“In questi ultimi 12-18 mesi – ha dichiarato l’ad di Italgas, Paolo Gallo – l’approccio alla diversificazione è cambiato ed è diventato più pragmatico ed improntato alla neutralità tecnologica. La diversificazione è anche a livello delle molecole. Si stanno affacciando sul panorama energetico tante molecole diverse, che hanno origini molto diverse, come il biometano, l’idrogeno o i gas sintetici. Per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione che ci siamo dati dobbiamo essere molto pragmatici, perché l’innovazione che aiuta questi processi è così veloce che il percorso per raggiungerli può essere molto diversificato”.

“Abbiamo stretto un accordo con Coldiretti per aiutare l’imprenditoria agricola a sviluppare degli impianti a biometano. Il biometano è complicato perché ci sono diversi attori, ma è un’opportunità che sarebbe un vero peccato non cogliere”.

TAP: IMPORTANTE CHE ITALIA ABBIA ULTERIORMENTE DIVERSIFICATO

Luca Schieppati, managing director di TAP, ha ricordato che “abbiamo iniziato a trasportare dalla fine del 2020. Abbiamo già trasportato in Europa oltre 28 miliardi di metri cubi di gas, di cui oltre 23,5 miliardi in Italia. Forniamo il mercato italiano, ma anche quello dei Balcani, soprattutto Grecia e Bulgaria”.

“In Italia – ha aggiunto Schieppati – negli ultimi mesi c’è stata una leggera riduzione dei consumi, ma è importante che l’Italia abbia ulteriormente diversificato e che i pipeline e i contratti a lungo termine rappresentino un’affidabile soluzione”. Sul raddoppio del gasdotto, ha spiegato Schieppati, “il tubo è già stato posato e per raddoppiare il lavoro non sarà molto lungo, almeno nel tratto in Italia. Abbiamo 3 obiettivi: non solo aumentare la capacità di trasporto e quindi degli approvvigionamenti di gas, ma useremo apparecchiature elettriche (e non turbine a gas) e, infine, in futuro trasporteremo le molecole verdi. Abbiamo quindi l’obiettivo di arrivare alla neutralità carbonica”.

PRYSMIAN: VOGLIAMO PASSARE DA CABLE PLAYER A FORNITORE DI SOLUZIONI

“Vogliamo passare dall’essere un cable player ad essere un fornitore di soluzioni”, ha affermato il ceo di Prysmian, Massimo Battaini, che ha aggiunto: “abbiamo 4 divisioni di business, perché abbiamo identificato 4 grossi driver di crescita nel mercato dei cavi: renewable trasmission, power grid, electrification e digital solutions. Siamo fiduciosi perché abbiamo costruito le capabilities dell’azienda con un grande focus sulla social ambition e condividendo i nostri valori con quelli della società che abbiamo acquisito”.

“Per raggiungere i nostri obiettivi – ha aggiunto Battaini – puntiamo soprattutto su due fattori: l’inclusività e la sostenibilità come nuovo driver di innovazione. I nostri cavi sono più sostenibili, a fine ciclo di vita vengono riciclati al 100%, contengono materiale riciclato e consentono ai nostri clienti di rendersi sostenibili e raggiungere quindi anche i loro obiettivi”.

“Abbiamo previsto 550 milioni di euro di investimenti all’anno per i prossimi 5 anni. Il 60% – ha proseguito il ceo di Prysmian – è dedicato alla renewable trasmission: connessioni sottomarine che collegano diversi Paesi europei tra di loro, parchi eolici connessi alla terraferma e connessioni terrestri che collegano l’energia prodotta da un parco sottomarino al resto della rete”.

ENEL: INVESTIREMO 3 MLD EURO PER RETE PIÙ GRANDE E PIÙ RESILIENTE

Per Nicola Lanzetta, direttore Italia di Enel, “il dotarsi dell’autoproduzione – come ad esempio i pannelli fotovoltaici – richiede una rete di distribuzione elettrica importante. Se misurassimo la lunghezza della rete di distribuzione italiana, equivarrebbe a 3 volte la distanza tra la Terra e la Luna. Ci sono circa 2.500 cabine di distribuzione primaria e 450.000 di distribuzione secondaria, ed è la prima infrastruttura italiana per capillarità”.

“In Italia – ha aggiunto Lanzetta – negli ultimi 2 anni c’è stato un boom dell’energia solare, ad oggi ci sono 1 milione e 400.000 impianti fotovoltaici, quindi alla nostra rete viene richiesta una capacità di distribuzione ma anche di hosting, cioè di ricezione. Questa ricezione ad oggi è già importante, possiamo ospitare una quantità enorme di nuovi impianti. Come Enel, quando ci si è aperta la prospettiva del PNRR, abbiamo deciso di investire sulla rete, precisamente 3 miliardi di euro. Questo ci permetterò di avere una rete in grado di ospitare ulteriori impianti e di essere più resiliente agli eventi climatici che stiamo vivendo in questo periodo”.

EDISON: SISTEMA 100% RINNOVABILE COSTEREBBE 400 MLD EURO IN PIÙ

“Noi abbiamo l’obiettivo di decarbonizzare la nostra economia al 2050. Ad oggi abbiamo le tecnologie abilitanti per arrivare agli obiettivi 2030, ma per raggiungere quelli al 2050 non conosciamo ancora tutte le tecnologie abilitanti, quindi dobbiamo investire nell’innovazione. Dobbiamo svilupparle per avere energia competitiva e decarbonizzata”. Così il ceo di Edison, Nicola Monti.

“Abbiamo fatto due simulazioni: una in cui ci saranno energie 100% rinnovabili ed una in cui ci sarà un sistema con un 15%-20% di energia programmabile, cioè termica (gas naturale o nucleare). La differenza tra i due sistemi – ha spiegato Monti – è di circa 400 miliardi di euro di investimenti perché, per avere un sistema interamente rinnovabile e senza capacità programmabile, bisogna andare a sovradimensionare la capacitò produttiva e i sistemi di rete e di accumulo. Bisogna guardare quindi all’obiettivo finale della decarbonizzazione e sviluppare quelle tecnologie che permettono di avere una piccola quota di energia programmabile all’interno del nostro mix per avere un costo dell’energia più basso”.

NEWCLEO: VERO PROBLEMA NON È LA SICUREZZA, MA IL COSTO

Per Stefano Buono, ceo di Newcleo, “il nucleare è un’energia molto concentrata, quindi l’impatto ambientale è ridotto al minimo. L’aspetto della sicurezza non è un problema, il vero problema è il costo, che non ha permesso al nucleare di svilupparsi come avrebbe meritato, grazie al contributo che può dare alla decarbonizzazione. Un altro problema sono i rifiuti, che fanno paura un po’ a tutti. Oggi però, riutilizzando l’uranio estratto, possiamo utilizzare i rifiuti radioattivi per fare il combustibile per migliaia di anni, dando all’Europa un nucleare più sostenibile e un’indipendenza energetica invidiabile”.

IREN: VOGLIAMO DIVENTARE LEADER ITALIANO DELLA ECONOMIA CIRCOLARE

“L’Italia per i materiali critici dipende per oltre il 90% dai Paesi extraeuropei. Siamo dipendenti soprattutto per quanto riguarda il rame, l’oro, l’argento e il platino. Noi stiamo valutando di recuperare parte di queste materie critiche attraverso il riciclo e la valorizzazione dei rifiuti”. Lo ha affermato il presidente di Iren, Luca Dal Fabbro.

“A nord di Torino – ha aggiunto Dal Fabbro – abbiamo costruito un impianto per lo smontaggio e il recupero dei pannelli video e raccogliamo materiali critici come l’oro. Stiamo autorizzando un secondo impianto, in provincia di Arezzo, che utilizzerà l’idrometallurgia per estrarre e recuperare materiali critici dalle schede delle apparecchiature elettroniche RAEE. Iren vuole diventare il leader italiano nel recupero dei materiali che oggi buttiamo in discarica e, quindi, dell’economia circolare”.

CVA: PER TRANSIZIONE SERVE APPROCCIO PRAGMATICO E NON IDEOLOGICO

“Noi crediamo fortemente nella transizione energetica, anche per ragioni ideali, perché l’obiettivo climatico è, credo, condiviso da tutti, quindi la transizione dev’essere un dovere verso il futuro. Crediamo anche che, accanto al dovere di contrastare mitigare il cambiamento climatico, la transizione è una straordinaria opportunità industriale ed economica per l’Italia”. Così Giuseppe Argirò, amministratore delegato di CVA.

“Il tema dell’energia – ha aggiunto Argirò – è uno dei più complessi e ha una dimensione globale, anche se si riflette sul locale. Serve un approccio pragmatico e non ideologico. Tutte le soluzioni sono utili per la transizione energetica. Bisogna però considerare non solo il prezzo TTF del gas, ma tutti i costi, anche indiretti, che ricadono sulla collettività. Bisogna investire nell’idroelettrico, ma le condizioni normative non ci sono, soprattutto le concessioni”.

L’Italia, ha proseguito Argirò, “è l’unico Paese in Europa che ha deciso di fare le gare per asset strategici così rilevanti, mentre dobbiamo rilanciare subito gli investimenti, tenendo conto che con la scadenza delle concessioni nel 2029, gli investitori non hanno un orizzonte temporale per farli partire immediatamente. Stiamo lavorando con le istituzioni. Rilanciamo l’idroelettrico, perché può garantirci una quota strategica dell’autonomia energetica del nostro Paese”.

STATKRAFT: IN ITALIA ABBIAMO LA POSSIBILITÀ DI FAR BENE

“Abbiamo deciso di investire in Italia perché c’è bisogno di operatori che facciano la transizione energetica. Statkraft negli anni ha gestito progetti complessi e crediamo che in Italia c’è la possibilità di far bene, importando anche un modo di lavorare norvegese improntato sull’etica, la compliance e l’interazione col territorio”. Lo ha dichiarato Bernardo Ricci Armani, country manager Italy di Statkraft Italia

“In Italia – ha aggiunto Ricci Armani – siamo 50% uomini e 50% donne con un’età media di 35 anni e le posizioni di management sono per oltre il 60% ricoperte da donne. La transizione energetica è un tema che ad alcuni fa paura, e c’è anche un tema di perdita di una posizione. Se però si capisce che un’azienda, con un impianto, può portare una ricaduta e una cultura dell’energia che manca, la transizione può essere facilitata”.

BERNACCHI (ONU): FONDI CI SONO, LAVORARE SU PROCEDURE E ALLEANZE

“Stiamo vedendo un impegno crescente del mondo delle imprese rispetto a una responsabilità sull’impatto climatico. C’è una sensibilità più alta e un maggiore impegno su energia pulita e clima”. Così Daniela Bernacchi, executive director di UN Global Compact Network Italia.

“L’Agenda 2030, però, è ancora molto indietro: ci saranno solo un 15% dei 169 target correlati ai 17 Sdgs che verrà raggiunto per tempo. Bisogna alzare l’impegno e non delegare al solo mondo delle imprese, ma serve un supporto governativo nell’agevolazione dell’accesso ai fondi e delle agevolazioni normative. Il PNRR – ha aggiunto Bernacchi – è un’ottima opportunità, ma su alcuni progetti, ad esempio sulle rinnovabili, c’è un tema del permitting molto lento. A fine 2022 c’erano 500 progetti di opere sulle rinnovabili che dovevano ancora partire. I fondi ci sono, bisogna lavorare sulle procedure e sulle alleanze”.

ITALIAN CLIMATE NETWORK: 94% COMUNI ITALIANI HA PROBLEMI DI DISSESTO IDROGEOLOGICO

“Ci troviamo in un momento molto dal punto di vista meteorologico e climatico. Dal 1980 in poi le anomalie climatiche sono andate sempre più aumentando. Il Mediterraneo è una zona particolarmente vulnerabile, quindi abbiamo temperature in aumento, così come stanno aumentando i fenomeni meteorologici estremi. Siamo ad ottobre e abbiamo temperature anche di 10 gradi superiori alla normalità climatica, è un problema da affrontare”. Lo ha dichiarato Serena Giacomin, presidente di Italian Climate Network, che ha aggiunto: “il 94% dei Comuni italiani ha problemi di dissesto idrogeologico – ha aggiunto Giacomin -, dobbiamo lavorare su questo. La scienza e la tecnologia sono dalla nostra parte, abbiamo dei margini di miglioramento promettenti, sarebbe sciocco non agire”.

ISPRA: CON PROGETTO MER MONITORIAMO FONDALI PER ANCORARE PARCHI OFFSHORE

“Grazie al progetto MER (Marine Ecosystem Restoration) posizioneremo delle boe costiere lungo tutta l’Italia che, attraverso dei sensori, ci forniranno dei dati sulle corrente e dati meteoclimatici. Avremo una serie di informazioni per la definizione dei cambiamenti climatici e degli scenari che riguarderanno la nostra Penisola nei prossimi decenni”. Lo ha affermato il direttore generale di ISPRA, Maria Siclari.

“Installeremo anche delle antenne radar lungo tutta la costa italiana – ha aggiunto Siclari – che ci daranno delle informazioni dettagliate sul moto ondoso su scala spaziale. Abbiamo poi 2 unità navali dotate di tecnologie avanzate per monitorare e rilevare i nostri fondali marini e costieri, un’attività fondamentale per gli ancoraggi dei parchi eolici offshore. L’eolico offshore ha un’importanza fondamentale. Tutti questi dati verranno messi a disposizione su una piattaforma informativa in formato open, disponibile a tutti, che sarà utile per chi dovrà realizzare gli impianti rinnovabili e, per noi, per assicurarci che la transizione energetica avvenga nel rispetto dei criteri ambientali”.

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