La missione Usa di Meloni contro i dazi. Elkann: “Auto a rischio per dazi e regole rigide”. Tabarelli: “Più gas per abbassare i prezzi”. Testa: “Togliere ETS per spinta a economia”. La rassegna energia
La mission americana di Meloni per sventare i dazi sul Made in Italy e convincere Trump ad accettare la proposta europea di acquistare più GNL Usa sembra sempre più impossible. Nel bilaterale con Trump di domani si giocherà anche una partita politica importante per la tenuta del negoziato comunitario. Bruxelles teme infatti che l’Italia possa essere usata da Trump per rompere il fronte unico europeo. L’automotive rischia il naufragio a causa di “tariffe dolorose e regolamentazioni eccessivamente rigide”. L’allarme arriva dal presidente di Stellantis, John Elkann, che in visita ad Amsterdam sottolinea che quest’anno la Cina potrebbe vendere più auto di Stati Uniti ed Europa messi insieme. L’Italia e l’Ue hanno un gran bisogno di importare più gas per aumentare l’offerta e far scendere i prezzi. A dirlo è il presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli, che accoglie a braccia aperte il GNL Usa. Il problema riguarda però le tempistiche: le navi sono poche e un carico di gas acquistato oggi arriva ad ottobre. “Togliere l’Emission Trading System (Ets) darebbe una spinta all’economia europea e invece si parla di estenderlo”, sottolinea Chicco Testa, presidente del Comitato d’onore del Festival dell’Energia, in programma dal 29 al 31 maggio a Lecce. Testa chiede cambiamenti importanti a Bruxelles per superare la “posizione di stallo”. La rassegna Energia.
DAZI USA, SI COMPLICA IL COMPITO DI MELONI
“Alla vigilia del bilaterale di domani con Donald Trump, a Palazzo Chigi prevale il vecchio adagio: guai a vendere la pelle dell’orso prima di averlo ucciso. Nessuna professione di ottimismo (…) Giorgia Meloni intervenendo ieri applauditissima alla cerimonia di conferimento dei Premi Leonardo a Villa Madama, oltre a elogiare l’unicità del Made in Italy e a promettere alle imprese in allarme per i dazi “Faremo del nostro meglio, sono consapevole di quello che rappresento e che sto difendendo” ironizza. “Vediamo come va nelle prossime ore, non sento alcuna pressione. (…) La strada di perorare la creazione di un’area di libero scambio tra le due sponde dell’Atlantico è in salita e il lavoro del Governo si concentra sull’evitare di creare aspettative che potrebbero essere platealmente smentite. Per questo la premier non cita mai l’Europa nel suo discorso agli imprenditori e Fazzolari oltre a chiarire che sull’Ucraina «la posizione italiana non cambierà», precisa che «Meloni non ha un mandato a parlare per conto dell’Ue o per conto della Commissione. Ma i rapporti personali – aggiunge, citando Berlusconi – sono fondamentali per le grandi scelte politiche ed economiche. (…) Lucidità e prudenza sono le parole d’ordine, ribadite al vertice convocato ieri pomeriggio a Palazzo Chigi: assieme alla premier ci sono i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, il ministro della Difesa Guido Crosetto, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e il ministro degli Affari europei, Tommaso Foti”, si legge su Il Sole 24 Ore.
“Dai dazi all’energia, con il possibile aumento degli acquisti dagli Usa di gas liquefatto (Gnl) messo sul tavolo da Bruxelles, fino alla difesa. L’obiettivo dell’aumento al 2% delle spese militari sul Pil già nel 2025 è considerato il minimo, si ragiona su come andare oltre (il tasto su cui batte JD Vance, atteso a Roma venerdì): l’ipotesi di uno scostamento di bilancio non trova conferme. La sfida politica riguarda invece la tenuta del negoziato comunitario, ossia il rischio che l’Italia possa essere usata da Trump come testa d’ariete per rompere il fronte unico europeo. Meloni si muove sul filo. Partirà da pontiera e facilitatrice (…) Ha voluto assicurarsi l’accordo dei suoi ministri e tracciare con loro il perimetro entro il quale potrà muoversi. Una cosa è certa: mette in conto la possibilità di tornare a mani vuote. Ma umiliata, questo no”, continua il giornale.
ENERGIA, ELKANN: “AUTO A RISCHIO PER DAZI E REGOLE TROPPO RIGIDE”
“Il settore dell’auto è «a rischio». Soprattutto negli Stati Uniti, per colpa dei dazi decisi da Trump, e in Europa, dove i tempi e modi della transizione elettrica si stanno dimostrando controproducenti. A lanciare l’allarme è il presidente di Stellantis, John Elkann. «Con tariffe dolorose e regolamentazioni eccessivamente rigide, l’industria automobilistica americana ed europea sono a rischio», ha spiegato Elkann in apertura dell’assemblea annuale del gruppo. Negli Usa l’industria dell’auto è «gravemente colpita dai sovrapprezzi doganali» imposti sui veicoli importati, ma anche da «ulteriori livelli di tasse, in particolare su alluminio, acciaio e componenti». Un extra da 25% alla dogana che ha portato Stellantis a sospendere l’attività in alcune fabbriche del Canada e del Messico con contraccolpi negli States. Elkann parla da Amsterdam mentre il titolo del gruppo va forte in Borsa. Alla fine chiude la giornata con un +6,5% a 8,3 euro. (…) «Le parole di Trump sui dazi per l’auto sono incoraggianti». E poi si rivolge all’Europa e, indirettamente, alla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che ha promosso il dialogo strategico sull’auto arrivando però ad un documento che dai costruttori del Vecchio Continente è stato ritenuto insufficiente per sostenere il comparto in un momento difficile. «In Europa, le normative sulle emissioni di CO2 hanno imposto un percorso irrealistico di elettrificazione, scollegato dalla realtà del mercato ». E aggiunge: «I governi europei hanno ritirato, a volte bruscamente, gli incentivi all’acquisto e l’infrastruttura di ricarica rimane inadeguata. Di conseguenza, i consumatori tardano a passare ai veicoli elettrici». (…) quest’anno «la Cina potrebbe vendere più auto di Stati Uniti ed Europa messi insieme»”, si legge su La Repubblica.
“Gli effetti complessivi? «Sarebbe una tragedia, la produzione automobilistica è fonte di posti di lavoro, innovazione e comunità forti. Ma non è troppo tardi se gli Stati Uniti e l’Europa adottano le misure urgenti e necessarie per promuovere una transizione armoniosa », rimarca il presidente alla prima assemblea del dopo Tavares. Sull’addio dell’ex ad Elkann ricorda «il disallineamento tra il consiglio di amministrazione e il nostro ceo». (…) verrà nominato il nostro nuovo ceo». L’arrivo è previsto entro giugno. «Il 2024 non è stato un buon anno per Stellantis – ricorda Elkann – i motivi sono stati in parte di nostra competenza, il che ha reso il risultato ancora più deludente». I compensi e la liquidazione di Tavares, in tutto più di 35 milioni, hanno raccolto il 33% dei voti contrari in assemblea. E il leader della Fiom, Michele De Palma, approfitta del risultato: «Ancora una volta vengono premiati i manager e gli azionisti di Stellantis mentre i lavoratori continuano a essere in cassa integrazione». (…) Approvati tutti i punti all’ordine del giorno, dal bilancio al dividendo di 0,68 euro per azione, dimezzato rispetto al 2024”, continua il giornale.
TABARELLI: “ALL’UE SERVE METANO, BENE ACQUISTI GNL USA”
«Importare più gas in Italia ed in Europa? Ne abbiamo un gran bisogno per aumentare l’offerta e quindi far diminuire i prezzi», sostiene il presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli. E quindi «ben venga» il gas naturale liquido (Gnl) che potremmo comprare in più dagli Stati Uniti e non solo da loro. «Dallo scoppio della guerra in Ucraina e ancor di più dopo il blocco totale delle importazioni dalla Russia scattato all’inizio di quest’anno, il mercato – spiega l’esperto – è infatti molto corto, la domanda supera l’offerta, perché finora non siamo riusciti a rimpiazzare in maniera strutturale quel 40% di quota complessiva che ci garantiva Mosca, proprio non ce l’abbiamo fatta. (…) Per noi il Gnl a stelle e strisce vale dunque già oggi il 34% del totale del nostro import. Aumentare questa quota? Non ci sono particolari vincoli contrattuali con gli altri Paesi, come ad esempio contratti di lunga durata come avviene invece per le forniture via gasdotto, che ce lo impediscano. Per cui sia in Italia come in Europa ci sono i margini per aumentare l’import e far contento Trump senza dover subire particolari imposizione. Né come Paese abbiamo in prospettiva problemi di liquefazione del Gnl”, si legge su La Stampa.
“Tutto liscio, dunque? Non proprio. Secondo il presidente di Nomisma Energia, infatti, «se ci fosse capacità di esportazione, di trasporto e di importazione tutto il gas del mondo potrebbe arrivare da noi, anche quello americano ovviamente. Il problema è che oggi non ci sono navi a sufficienza tant’è che se io compro un carico di gas oggi questo mi arriva ad ottobre». È comunque un dato di fatto, come spiegano anche dalla Snam, che per noi il Gnl già nel 2024 abbia rappresentato l’elemento strategico di stabilizzazione del sistema e di sicurezza nazionale tanto da confermarsi nel complesso la seconda fonte di importazione. A Piombino il rigassificatore Italis Lng, che dalla sua messa in esercizio (luglio 2023) ha subito assunto un ruolo strategico per i nostri approvvigionamenti con 4,3 miliardi di metri cubi di gas messi in rete, nel 2024 su 39 carichi ricevuti ben 22 provenivano dagli Usa, all’Olt di Livorno (fermo da fine febbraio a novembre per interventi si manutenzione) 10 dei 13 carichi erano americani, 20 su 76 invece all’Adriatic LNG ormeggiato al largo di Rovigo. (…) «Tutto il gas che compriamo – risponde Tabarelli – è abbastanza allineato come prezzo, non ci sono grandi differenze. Negli Usa estrarre gas costa 2-3 euro a megawattora (…) ben venga il Gnl americano perché se aumenta l’offerta i 34 euro a megawattora che si paghiamo oggi in media per il gas che importiamo possono diventare 20, che era il livello che si pagava prima della crisi». E questo, come sappiamo, a cascata poi potrebbe contribuire finalmente a ridurre il costo della bolletta elettrica”, continua il giornale.
ENERGIA, CHICCO TESTA: “SOSPENDERE LE TASSE SULLA CO2 PER RILANCIARE L’ECONOMIA”
“La sicurezza degli approvvigionamenti energetici in un mondo in conflitto. La geopolitica, con i nuovi rapporti tra Europa e Usa e il ruolo crescente di Cina e Arabia Saudita. La sostenibilità finanziaria delle prossime fonti decarbonizzate e la regolazione per renderle competitive. Il Nimby, che nel nostro Paese c’è non soltanto nei confronti del nucleare ma anche delle rinnovabili. (…) Di questo e altro si parlerà dal 29 al 31 maggio a Lecce il Festival dell’Energia, che si rivolge agli addetti ai lavori ma anche a studenti e giovani professionisti e a un pubblico di non esperti per raccontare il presente e il futuro di un settore che sta vivendo una rivoluzione. Il festival punta a essere il più grande evento nazionale dedicato all’energia, raccontata da esperti, scrittori, politici, opinion leader: Lucio Caracciolo, Emilio Mola, Francesco Rutelli, Nathalie Tocci, il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin e il vicepresidente esecutivo della Commissione Ue Raffaele Fitto. «La geopolitica — spiega Chicco Testa, presidente del Comitato d’onore — sarà un tema molto importante, con Trump sta cambiando tutto. Il secondo è la transizione. Sul versante europeo è evidente che siamo in una situazione di stallo, ma non ci sono stati finora cambiamenti importanti, che invece servirebbero (…) Togliere l’Emission Trading System (Ets) darebbe una spinta all’economia europea e invece si parla di estenderlo. Von der Leyen è in mezzo al guado: nella sua testa ha già archiviato la stagione precedente ma la sua maggioranza la frena. Ora il problema sono la difesa e la competitività, ma bisogna superare la forza inerziale della vecchia legislatura». Si parlerà anche di bollette, cercando di spiegarle in modo semplice. Perché la questione prezzi per famiglie e imprese in Italia è cruciale. «La 13esima edizione — spiega il presidente del festival Alessandro Beulcke — si occuperà di far capire quale energia è possibile e quale è necessaria”, si legge su Il Corriere della Sera.