Skip to content

Eni apre all’Asia con un piano di investimenti di oltre 15 miliardi di dollari

L’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi annuncia un accordo con Petronas la società petrolifera statale malese. I due gruppi porteranno i loro asset in Indonesia e Malesia per creare una società autonoma controllata alla pari

Siglato un nuovo accordo tra Eni e Petronas per una nuova società indipendente che si dedicherà all’estrazione e alla produzione di gas nel sudest asiatico. Per il numero uno di Eni tra i problemi più urgenti del nuovo assetto geopolitico, c’è la dipendenza da altri produttori, lo si è capito meglio dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Ma anche oggi con la Cina per le nuove tecnologie legate alle rinnovabili. «Abbiamo unito con Petronas i nostri rispettivi asset in Indonesia e Malesia, costituendo una società da 300.000 barili al giorno di produzione, che diventeranno 500.000, con 3 miliardi di riserve combinate e 10 miliardi di barili di potenziale esplorativo».

LA NUOVA NEWCO

Ogni sito sarà controllato da una società che a sua volta rientrerà nell’area della newco nata dalla condivisione di asset tra Eni e Petronas. La nuova società sarà indipendente dalle due big e potrà contare su un piano di investimenti quinquennale da oltre 15 miliardi di dollari, volto a sviluppare almeno otto nuovi progetti e avviare la perforazione di 15 pozzi esplorativi. «È un’operazione trasformativa, abbiamo creato una società di grandi dimensioni e dall’enorme potenziale», ha spiegato Claudio Descalzi intervistato dal Corriere della Sera. L’area dell’Asia Pacifico, inoltre, è un mercato in forte crescita economica ed energetica anche in previsione della decarbonizzazione e dell’abbattimento delle emissioni. L’obiettivo è «costituire una società da 300 mila barili al giorno di produzione, che diventeranno 500 mila, con 3 miliardi di riserve combinate e 10 miliardi di barili di potenziale esplorativo» continua Descalzi.

SOCIETA’ SATELLITI

Il modello proposto da Descalzi è quello della business combination, ora con Petronas in Indonesia e in Malesia ma è quello che è accaduto anche in Angola, Costa d’Avorio, Norvegia e Regno Unito facendo diventare “nuovi giacimenti e risorse, una valuta di scambio”. Al centro «competenze e tecnologia fanno la differenza». Al Corriere della sera Descalzi ricorda anche il successo dei progetti di liquefazione del gas al largo nel mare. «Ci siamo riusciti prima in Mozambico, poi in Congo e adesso in Argentina. Non si tratta di progetti pilota sperimentali. In Argentina con YPF esporteremo 17 miliardi di metri cubi all’anno entro il 2030».

IL FUTURO DEL GAS EUROPEO

Descalzi non crede che ci saranno grossi scossoni in Europa, a seguito dello stop al gas russo fra due anni: «Il gas arriva dalla Siberia artica con il progetto Yamal condotto da Novatek e nel 2027 quel gas sarà deviato verso l’Asia e il Medio Oriente. Attraverso un riassetto dei trasporti marittimi è possibile che per l’Europa non ci siano scossoni». Ma è un questione di geopolitica anche lì, perché come ricorda il numero uno dell’Eni se il gas non arrivasse tutto all’Asia Yamal ridurrebbe la produzione e questo creerebbe tensioni sui mercati globali e l’Europa ne risentirebbe.

LA TRANSIZIONE NON SI FA DALL’OGGI AL DOMANI

Per ora le rinnovabili necessitano di un cambio di approccio per l’ad. Secondo Descalzi hanno bisogno di gas e nucleare a supporto, non serve una politica di sussidi, ma occorre una strategia, investimenti e strumenti finanziari. La strategia messa a punto da Eni è quella dell’allocazione dei capitali verso il low carbon. «Abbiamo estratto dalla pancia e integrato con i nostri ampi parchi clienti attività che in questo modo hanno moltiplicato il loro valore, abbiamo potuto valorizzare, aprire a attirando soci internazionali. Plenitude e Enilive oggi valgono 24 miliardi e si autofinanziano. Abbiamo così potuto continuare a investire. La tecnologia costa soprattutto se vuoi farla tua, guardate l’intelligenza artificiale».

STRATEGIE DI STABILITA’

In un mondo instabile Descalzi punta su strategie che diano stabilità: «Noi abbiamo iniziato ben prima dell’accordo di Parigi». Con alcune certezze, come: la centralità del carbone, il ruolo del gas, la volatilità dei prezzi del petrolio, il lungo processo di transizione nel quale combinare strategie di decarbonizzazione con la necessità finanziaria per gli investimenti e la rivoluzione tecnologica. «Zero ideologia, tanto buonsenso» conclude l’ad.

ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWSLETTER

Rispettiamo la tua privacy, non ti invieremo SPAM e non passiamo la tua email a Terzi

ads
Torna su