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L’eolico cinese soffia forte, cosa fanno Ue e Italia?

Secondo un documento visionato da Bloomberg, sale l’impegno della Commissione europea. Pronti nuovi finanziamenti e procedure più veloci per sbloccare i progetti delle energie rinnovabili, eolico compreso. 

La ricetta è semplice: più soldi, meno burocrazia. Vale per l’Europa, vale per l’Italia. Vale per le rinnovabili e quindi per l’eolico.

Il quadro è abbastanza chiaro da tempo, così come le misure sopra citate che dovrebbero essere varate. Del tema, della transizione alle energie pulite, se ne parla sempre di più. Recentemente, si è dibattuto molto soprattutto della questione dei dazi che l’Unione europea vuole imporre alle esportazioni della Cina, vera dominatrice del settore, per assumere una dimensione industriale via via più autonoma. Ci riuscirà?

IL PIANO DELLA COMMISSIONE UE

Come raccontato oggi da Bloomberg, un nuovo documento europeo prevede maggior impegno industriale e finanziario contro il dominio del Dragone sulle rinnovabili, specificatamente sull’eolico. Come? Migliorando l’accesso ai fondi, accelerando le autorizzazioni e rivedendo il sistema delle aste nazionali, “in modo da tenere conto di fattori oltre i costi, come la resilienza informatica e il contenuto di carbonio dei nuovi parchi eolici”, dettagliava l’agenzia sulla base di questa bozza visionata.

Secondo il piano europeo, l’idea è focalizzarsi sulle pratiche sleali degli altri Paesi – Cina in testa – e poi stimolare l’intero sistema del Vecchio Continente. D’altronde, il nemico specifico è palese: i prezzi super scontati fissati da Pechino, “in media inferiori del 20% rispetto a quelli delle controparti europee e statunitensi”, ricorda questo nuovo documento della Commissione. Dal quale si evince, poi, che “la bilancia commerciale dell’Ue con il paese asiatico nel settore ha raggiunto un deficit record di 462 milioni di euro (488 milioni di dollari) l’anno scorso”.

A quando questa svolta, allora? Il 24 ottobre verrà presentato il piano, scriveva l’agenzia oggi. E anche dall’intero settore industriale dovranno arrivare segnalazioni di sovvenzioni distorte dei Paesi extra-europei. L’orizzonte è quel 42,5% al 2030 di quote rinnovabili nel mix energetico continentale. “Anche se – ricordava Bloomberg riportando i contenuti del documento comunitario – tutti i maggiori produttori di turbine hanno riportato perdite significative nel 2022. E i 16 gigawatt di nuovi progetti installati l’anno scorso sono stati inferiori ai 37 gigawatt all’anno necessari per aiutare a raggiungere l’obiettivo 2030 dell’Ue.

I DAZI ALLA CINA SBLOCCHERANNO LE RINNOVABILI (EOLICO IN TESTA) EUROPEE?

La sterzata europea è chiara, almeno sulla carta. Vedremo in pratica. Ma – come dicevamo in apertura – si inserisce in un contesto di inasprimento generale della postura comunitaria. Visto che proprio in queste settimane si parla insistentemente dei dazi non solo sull’eolico cinese ma anche all’acciaio. “Da anni gli Stati Uniti si aspettano che l’Unione Europea (UE) si allinei alla loro agenda e si allontani maggiormente dalla Cina. È troppo presto per dire fino a che punto l’UE-27 sia disposta a spingersi in questa direzione, ma una cosa è certa: dopo aver resistito a lungo alle pressioni di Washington, ora sono molto meno riluttanti a far valere i propri interessi nei confronti di Pechino”, commentava Le Monde qualche giorno fa.

“Il 13 settembre l’esecutivo Ue ha annunciato un’indagine antisovvenzioni sulle auto elettriche cinesi, con grande soddisfazione degli americani”, ricordava il quotidiano francese.

– Leggi anche: Perché l’Ue rischia la disfatta anche sull’eolico

Ma tornando all’eolico, a settembre la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen aveva presentato il nuovo Green Deal spiegando che come industria, quella del vento “si trova ad affrontare un mix unico di sfide” ma specificando che “la nostra ambizione è chiarissima: il futuro del nostro settore delle tecnologie pulite deve essere realizzato in Europa”.

GLI OBIETTIVI (E I PERICOLI) DELL’UE

Eppure, bisognerà stare attenti anche alle questioni socio-economiche. Come raccontato su Startmag da Sergio Giraldo, la Corte dei Conti europea ha ammonito proprio la Commissione per mancate valutazioni di questo ordine. “Le implicazioni socioeconomiche dello sviluppo delle energie rinnovabili offshore non sono state studiate in maniera sufficientemente approfondita”.

Quanto agli obiettivi, ricordava Giraldo, quelli “in tema di energia eolica prodotta in mare sono molto sfidanti o, come si dice a Bruxelles, ambiziosi. Si tratta di installare 61.000 megawatt (MW) di capacità produttiva entro il 2030, quando al momento siamo fermi a poco meno di 16.000. In sette anni, dunque, si dovrebbero installare in media 6.500 MW ogni anno di nuova potenza elettrica. L’obiettivo di potenza installata al 2050, poi, è oltre ogni record possibile: 340.000 MW. Ad oggi ne mancano solo 324.000. Anche ipotizzando che davvero al 2030 ci possano essere 61.000 MW di capacità installata, vorrebbe dire che tra il 2030 e il 2050 in Europa bisognerebbe installare comunque ancora 14.000 MW di capacità eolica offshore ogni anno”.

LA SITUAZIONE ITALIANA

Quanto all’Italia, un recente evento di Anie e Elettricità Futura ha portato alla luce la leadership potenziale del nostro Paese. “L’Italia – come abbiamo raccontato su questo giornale nel merito – è il terzo mercato a livello mondiale per potenziale di sviluppo dell’eolico offshore galleggiante e, in prospettiva, leader della filiera tecnologica in Europa”. Ma “per concretizzare queste opportunità è importante disporre di un quadro normativo e regolatorio stabile a lungo termine per abilitare i nuovi investimenti e velocizzare gli iter autorizzativi dei nuovi impianti”.

Come confermato dai presidenti delle due associazioni, Filippo Girardi e Agostino Re Rebaudengo, il potenziale maggiore dell’Italia è sull’eolico offshore. Non è un caso, però, che tra il dire e il fare di mezzo ci sia proprio il mare.

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