Un’analisi di Cdp sulla sicurezza energetica italiana. Serve ridurre la dipendenza dall’estero, condizionata dal legame a regimi instabili
L’Italia è senza dubbio tra i paesi più attivi nell’Unione europea per definire quanto prima un futuro energetico solido, diverso dal passato e quindi affrancato da Mosca. Secondo il brief degli analisti di CDP dal titolo “Sicurezza energetica: quali prospettive oltre l’emergenza?”, l’Italia dipende molto dalle forniture estere. Per questo dovrà puntare su: stoccaggi, gasdotto TAP e nuovi impianti Gnl.
LA SITUAZIONE ATTUALE
Dipendenza, dicevamo. In termini numerici, “quasi tre quarti delle materie prime arrivano infatti da Paesi terzi (73% a fronte di una media Ue del 57%)”. Nell’analisi di Cdp emerge l’importanza delle vischiosità geopolitiche connesse al tema della dipendenza. “Storicamente, l’Europa nel suo complesso si approvvigiona di materie prime energetiche da Regioni e Paesi limitrofi come Russia, Medio Oriente e Nord Africa, ma anche dagli Stati Uniti, secondo Paese per export di combustibili fossili verso la UE”. La Russia prevale sui contesti di Germania e Italia, che proprio in Medio Oriente e Nord Africa sta cercando e ha già raggiunto nuovi importanti accordi energetici.
SICUREZZA ENERGETICA E GEOPOLITICA
Ma affidarsi a paesi come Egitto, Angola, Algeria – tra gli altri – può non veder risolta la questione della stabilità politica dei partner. In termini energetici, ” la dipendenza italiana è diminuita gradualmente – per effetto dei progressi in materia di efficienza energetica e grazie allo sviluppo della generazione elettrica da fonti rinnovabili – rimanendo tuttavia ancora su un livello che rende vulnerabile la nostra economia. Nello specifico, gas naturale e petrolio incidono ancora per il 65% sui consumi finali di energia e l’Italia importa il 96% del primo e oltre il 90% del secondo”. E proprio sulla differenza tra obiettivi di breve termine e orizzonti di lungo periodo ha insistito tante volte il premier italiano Draghi.
LA SVOLTA VERSO LE RINNOVABILI PASSA DA TRE STRADE
Nel brief di Cassa depositi e prestiti, proprio in proposito, emerge la necessità di accompagnare il percorso verso le rinnovabili tramite delle tappe intermedie e inevitabili. Quelle che riguardano il gas naturale, gli impianti di rigassificazione e gli approvvigionamenti.
I GASDOTTI
“L’Italia dispone di una rete infrastrutturale per il trasporto del gas naturale tra le più estese d’Europa. La quasi totalità della rete fa capo a SNAM, il principale operatore per il trasporto e il dispacciamento di gas naturale sul territorio nazionale, che controlla oltre 32.500 km di gasdotti, articolati in circa 9.500 km di rete nazionale e 23.000 km di rete regionale. Tuttavia, l’utilizzo effettivo delle infrastrutture di interconnessione è di poco superiore alla metà della loro capacità. Nel 2020, il livello di utilizzo si è infatti fermato al 57%, confermando la tendenza negativa osservata negli anni precedenti (dal 79,5% nel 2018 al 63,8% nel 2019)”.
Ma nell’ultimo anno, “la capacità di stoccaggio dell’Italia ammontava complessivamente a circa 18 miliardi di metri cubi, di cui 4,6 destinati allo stoccaggio strategico (mobilitabili solo per fronteggiare situazioni di emergenza del sistema gas). L’Italia è il secondo Paese europeo per
capacità di stoccaggio (circa 18% del totale UE), dietro alla Germania”. A dominare sono sempre Russia e Algeria, come paesi fornitori. Rispettivamente con il 40 e il 31% di flussi. Maggiori importazioni coinvolgono “Azerbaigian, Algeria, e Norvegia” da cui “si potrebbero reperire
nel breve periodo ulteriori 10 miliardi di mc l’anno in Europa, con un potenziale di ulteriori flussi in un orizzonte più ampio”.
IL GNL
A livello strategico serve un approccio comunitario, però. E allora lo sguardo va ai paesi da cui prendere gas naturale liquefatto. Stati Uniti e Qatar, di nuovo l’Algeria. Washington contribuisce con l’8%, Doha con il 70% e Algeri con il 14%. Ma l’Italia attualmente copre solo il 13% con questo gas. La quota dovrebbe salire di 50 miliardi di metri cubi all’anno, aggiungendo ai paesi sopra menzionati anche l’Egitto e l’Africa occidentale.
LA SICUREZZA ENERGETICA TRA PRESENTE E FUTURO
Le risposte possono arrivare sia dalla Francia che dalla Germania o dall’Austria e la Slovenia. A questi paesi, ipotizza l’analisi cdp, l’Italia può fare da richiedente o prestatore. Ma di base conta puntare su una maggiore autonomia. Anche se la “salvaguardia dell’ecosistema dai rischi ambientali e sismici, infatti, ha portato l’Italia, come molti Paesi europei, a rinunciare all’adozione delle tecnologie di fracking e, più in generale, a ridurre drasticamente le aree di operatività”.
E allora, in concreto, i tre suggerimenti del brief riguardano un “pieno sfruttamento della capacità di stoccaggio nel brevissimo periodo, arrivando ad una quota di riempimento dei siti pari al 90%, che consentirebbe di coprire circa il 20% dei consumi interni”. In seconda battuta: il TAP. “La
capacità di trasporto del TAP presso Meledugno è attesa salire a 10 miliardi di metri cubi/anno già entro l’estate 2022 e il raddoppio della capacità potrebbe essere implementato nell’arco di 4 anni” Con un passaggio a 20 miliardi, pari a due terzi di quanto importato dalla Russia. E accanto a questo: l'”incremento dell’effettivo utilizzo dei metanodotti esistenti che trasportano il gas dal Nord Africa”. Infine, la capacità di rigassificazione da migliorare. ” A tal fine occorre da un lato portare a pieno regime l’impiego dei terminali esistenti, il cui utilizzo è pari a soltanto il
75% della loro capacità teorica, che coprirebbe circa il 20% del fabbisogno nazionale. Dall’altro, si può provvedere alla realizzazione di nuovi terminali di rigassificazione”.
L’azione del governo italiano si è intensificata in queste settimane, ormai mesi, concomitanti con la guerra ucraina. Non resta che attendere il raggiungimento della quadra nazionale ed europea.