Il think tank Bruegel ha considerato gli obiettivi politici dell’Unione europea sul gas, tra cui il friendshoring, il derisking, gli obiettivi climatici, le modalità di trasporto e il grado di dipendenza dei fornitori dal mercato Ue
In soli due anni e mezzo, il mix e il volume delle importazioni di gas dell’Unione europea sono cambiati sostanzialmente. Il principale fornitore, la Russia, è stato in larga misura escluso dal mix e i volumi delle importazioni sono inferiori a causa del calo della domanda di gas nell’Ue. Tuttavia, Bruxelles fa ancora molto affidamento sulle importazioni. Ciò è particolarmente vero perché nei 27 Paesi la produzione interna di gas tra il 2020 e il 2023 è diminuita di oltre un terzo (36%) a causa delle riduzioni del più grande produttore, l’Olanda. Si prevede che il declino interno continuerà senza alcun aumento significativo a breve termine della produzione di gas verde Ue, inclusi biogas e biometano.
In questo contesto, è necessaria una nuova valutazione delle minacce strategiche emergenti alle importazioni di gas. Man mano che il mix delle importazioni cambia, emergono nuovi rischi, e la loro mappatura è essenziale. Per questa mappatura il think tank Bruegel ha considerato gli obiettivi politici dell’Unione europea, tra cui il friendshoring, il derisking, gli obiettivi climatici, le modalità di trasporto e il grado di dipendenza dei fornitori dal mercato Ue.
COME CAMBIA LA GEOGRAFIA DELLE IMPORTAZIONI DI GAS DELL’UE
Tra il 2020 e il 2023 la quota del gas russo nelle importazioni dell’Unione europea è scesa da circa la metà, al 15%. Oggi la Norvegia è il principale fornitore esterno dell’Ue, fornendo la maggior parte del suo combustibile tramite gasdotti. Il GNL proveniente dagli Stati Uniti oggi compete con il gas russo per il secondo posto nel mercato europeo. Nuove fonti di approvvigionamento – tra cui Egitto, Angola e Oman – e l’aumento delle importazioni dall’Azerbaigian hanno reso il mix di importazione di gas dell’Unione europea più diversificato.
LA DIPENDENZA DELL’UE DALLE IMPORTAZIONI DI GAS
La dipendenza dell’Ue dalle importazioni di gas trasportato attraverso mari e oceani è aumentata: nel 2022 e nel 2023 la maggior parte delle importazioni è avvenuta tramite gasdotti offshore – attraverso il Mar del Nord, il Mediterraneo e il Mar Baltico – da Paesi tra cui Norvegia, Algeria e Libia, o tramite navi cisterna per GNL da Stati Uniti, Qatar ed Egitto. Nel 2022 quasi l’80% delle importazioni di gas è arrivato via mare, raggiungendo l’87% nel 2023. L’Azerbaigian è l’unico fornitore (a parte la Russia) che invia gas tramite gasdotti onshore.
Sebbene una quota maggiore di importazioni via mare riduca la dipendenza dai Paesi di transito, alcuni di questi Stati restano importanti. I Paesi Ue importano ancora notevoli volumi di gas russo attraverso il gasdotto ucraino. Il ruolo di transito della Turchia si è ampliato con il gasdotto TurkStream, aumentando i flussi dall’Azerbaigian e le riesportazioni di GNL. Anche il Regno Unito mantiene un forte ruolo di transito.
LA PRODUZIONE DI GNL
Recentemente, più Paesi hanno sviluppato capacità di produzione ed esportazione di GNL, riducendo la dipendenza da un singolo Paese per le importazioni. Tuttavia, le crescenti importazioni di gas marittimo dell’Unione europea presentano nuovi rischi, come la creazione di punti di strozzatura per il GNL nel Canale di Suez e nello Stretto di Hormuz.
Garantire la sicurezza del commercio marittimo e delle infrastrutture offshore è sempre più importante, come hanno dimostrato gli incidenti come il sospetto sabotaggio alla fine del 2023 del gasdotto Balticconnector e le esplosioni del Nord Stream del 2022, che hanno entrambi interrotto le forniture di gas e messo in luce la vulnerabilità delle infrastrutture critiche sottomarine.
Maggiori importazioni da parte di esportatori che servono anche Paesi extra-Ue espongono l’Unione europea ad una maggiore concorrenza globale. Sebbene la Norvegia (come l’Algeria) diriga quasi tre quarti delle sue esportazioni di gas verso l’Ue tramite gasdotto, questo modello non si applica ad altri esportatori. Nel 2022 gli Stati Uniti hanno inviato circa il 30% delle loro esportazioni verso l’Ue; Il Qatar ha inviato solo il 15%. Nel 2022 l’Ue era il quarto mercato globale per il gas, dopo Stati Uniti, Russia e Cina. Tuttavia, il consumo combinato di gas dei Paesi del Sud-est e dell’Asia meridionale, esclusa la Cina, è quasi il 40% maggiore di quello Ue.
BILANCIARE GLI OBIETTIVI SUL GAS
Con la diminuzione della domanda di gas nell’Unione europea, i 27 Paesi teoricamente possono diventare più selettivi su dove acquistare il combustibile. A questo proposito si dovrebbe valutare i rischi per la sicurezza dell’approvvigionamento dell’Ue e si potrebbero applicare dei parametri di riferimento non legati ai prezzi per le future decisioni sulle importazioni. Questi dovrebbero tener conto dei criteri strategici di friendshoring, derisking, limitazione dell’impatto climatico, modalità di trasporto e interdipendenza.
Bruegel ha discusso la questione, e la sua valutazione mostra che soddisfare questi molteplici criteri sarà impegnativo, senza un’ulteriore forte diminuzione della domanda.
CRITERIO 1: IL FRIENDSHORING
L’Ue dovrebbe fare affidamento sulle importazioni di gas naturale solo da Paesi che condividono i suoi valori fondamentali (in base ai loro sistemi politici e ai livelli di corruzione). In termini di sistemi politici, Bruxelles può evitare la dipendenza dai regimi più autoritari di Libia e Russia e ridurre la dipendenza da Azerbaigian, Egitto, Emirati Arabi Uniti e Oman. Entro il 2023 l’Ue potrà soddisfare circa l’80% del suo fabbisogno di gas da Paesi classificati come democrazie totali, democrazie imperfette e regimi ibridi, con solo la metà della fornitura proveniente da democrazie totali (Norvegia).
In relazione alla corruzione, l’Ue potrebbe soddisfare tutte le sue esigenze di importazione di gas da Paesi con un punteggio di percezione della corruzione pari o superiore a 58, dove 100 indica un regime molto pulito. Sarebbe quindi possibile allineare meglio le importazioni di gas ai criteri di democrazia e corruzione, pur mantenendo gli attuali volumi di importazione.
CRITERIO 2: IL DERISKING
Un altro obiettivo dell’Unione europea è modificare la struttura di importazione di gas per garantire delle forniture stabili e depoliticizzate. Un rischio importante è che la Russia sfrutti potenzialmente i rapporti con altri fornitori per danneggiare gli interessi europei. L’Ue mira a fermare tutte le importazioni di gas russo entro il 2027, ma questo non è un obiettivo giuridicamente vincolante, e Bruxelles potrebbe ancora doversi impegnare con gli esportatori legati alla Russia.
Il comportamento di voto degli esportatori di gas durante la sessione di emergenza dell’ONU del febbraio 2023 – che ha chiesto alla Russia di ritirare le forze militari dall’Ucraina – potrebbe indicare il loro allineamento con Mosca. Anche l’adesione al Gas Exporting Countries Forum (GECF) – un gruppo di 12 membri che in una certa misura coordina le politiche di esportazione di gas dei Paesi membri, tra cui Russia e Iran – suggerisce un rischio di potenziale allineamento con gli interessi russi.
Sebbene la domanda di gas Ue nel 2023 possa essere soddisfatta dai Paesi che sostengono la risoluzione, non è possibile soddisfare le esigenze attuali o previste dall’AIE per il 2030, senza le forniture da parte dei membri del GECF. Ciò suggerisce che è necessaria una strategia per ridurre i rischi nelle relazioni commerciali con i principali fornitori di GECF nel breve e medio termine.
CRITERIO 3: IL CLIMA
Il metano, il componente principale del gas naturale, viene emesso dalle infrastrutture del petrolio e del gas, e rappresenta circa un terzo del riscaldamento globale netto. L’Ue mira a ridurre al minimo l’impatto climatico della propria industria e delle importazioni di gas, ed ha adottato un regolamento sul metano che impone agli operatori un obbligo generale di riduzione delle emissioni, insieme all’obbligo di monitorare e segnalare le emissioni di metano da fonti nazionali e importate e di fissare limiti di emissioni per importazioni di gas a partire dal 2030.
L’Ue sostiene anche il Global Manthrope Pledge, in cui 157 Paesi si sono impegnati volontariamente a ridurre collettivamente le emissioni globali del gas.
Se la domanda di gas diminuisse come previsto dall’AIE e la produzione interna dell’Ue rimanesse ai livelli del 2023, Bruxelles non avrebbe più bisogno del gas statunitense. Ciò significherebbe importare da fonti al livello di intensità di metano dell’Oman o inferiore (circa un quinto del livello di intensità degli Stati Uniti). Quanto più profonda sarà la riduzione della domanda e delle importazioni di gas dell’Ue, tanto più facile sarà ottenere il combustibile da fonti più rispettose del clima.
CRITERI 4: IL TRASPORTO DEL GAS
L’importazione di gas tramite gasdotti offre numerosi vantaggi rispetto alle navi cisterna, tra cui stabilità dell’approvvigionamento, prevedibilità, minori emissioni ed efficienza in termini di costi. Le condutture creano interdipendenza, collegando direttamente fornitori e consumatori, riducendo il rischio di deviazione della fornitura. I gasdotti sono essenziali anche per i Paesi senza sbocco sul mare, come Austria e Ungheria.
Tuttavia, fare affidamento sui gasdotti comporta dei rischi specifici per ogni Paese. Gli eventi geopolitici potrebbero interrompere la fornitura attraverso gasdotti indiretti che transitano attraverso Paesi terzi, tra cui l’Ucraina o la Turchia; potrebbero anche essere richieste delle tariffe aggiuntive.
IL RUOLO E LE ROTTE DEL GNL
Le rotte del GNL offrono maggiore flessibilità e possono essere modificate facilmente. Il GNL sta già assorbendo una quota maggiore delle importazioni di gas dell’Unione europea, passando dal 35% del 2022 al 42% del 2023.
L’Ue teoricamente può soddisfare la sua attuale domanda di gas evitando i rischi associati al trasporto attraverso il Canale di Suez. Il GNL potrebbe essere importato da esportatori non russi che prendono rotte atlantiche – tra cui Algeria, Egitto, Norvegia – e fornitori più lontani, tra cui Angola, Nigeria, Trinidad e Tobago, Perù e Stati Uniti. Tuttavia, i percorsi più lunghi intorno all’Africa comportano delle sfide logistiche. Se i conflitti in Medio Oriente si placassero, l’importazione di GNL dal Qatar potrebbe diventare più conveniente e più rapida rispetto ai lontani Paesi dell’Atlantico.
CRITERO 5: LA DIPENDENZA DEI FORNITORI DAL MERCATO UE
Prima della guerra in Ucraina, la maggior parte della domanda di gas dell’Unione europea era soddisfatta da fonti fortemente dipendenti dal mercato del gas Ue. Sia la Norvegia che la Russia inviano circa il 70% delle loro esportazioni verso l’Ue. Questa interdipendenza ha portato alla cooperazione e all’impegno multilivello nei reciproci settori del gas ed è stata particolarmente evidente per la Germania.
La crisi del gas, innescata dal forte taglio delle forniture di gas russo, ha posto fine al modello di cooperazione con i principali partner, e ha convalidato le preoccupazioni, in particolare nell’Europa centrale e orientale, secondo cui l’interdipendenza potrebbe aumentare i rischi quando un importante fornitore sfida la logica del mercato.
Gli operatori del mercato europei ora hanno diversificato le loro fonti, importando da fornitori meno dipendenti dal mercato Ue. Nel 2023 oltre il 70% della domanda Ue teoricamente poteva essere soddisfatta da fonti che esportano oltre il 70% del proprio gas nell’Ue. Tuttavia, il ruolo dei fornitori meno dipendenti dal mercato Ue, tra cui gli Stati Uniti (29% delle esportazioni di gas), il Qatar (15%) e l’Oman (4%), sta crescendo. La mancanza di dipendenza dall’Ue dei piccoli esportatori di gas potrebbe riflettersi in un minore impegno nei confronti di Bruxelles, soprattutto se i contratti a lungo termine non sostengono l’offerta.
CONCLUSIONI
Il modo in cui vengono attribuite le priorità ai criteri che Bruegel ha delineato potrebbe influenzare il futuro mix delle importazioni di gas dell’Unione europea senza il gas russo. Preoccuparsi delle prestazioni democratiche o dei livelli di corruzione nei Paesi esportatori potrebbe implicare la scelta tra le importazioni di GNL da Nigeria, Perù e Angola, o dagli Emirati Arabi Uniti e dall’Oman. Tuttavia, l’Ue non può importare tutto il gas di cui ha bisogno da Paesi al di fuori del GECF.
Allo stesso tempo, se Bruxelles riuscisse a raggiungere dei livelli di domanda più bassi, si potrebbe realizzare un paniere di importazioni meno rischioso, facendo affidamento principalmente su alleati tra cui Norvegia e Stati Uniti. Tuttavia, ciò implica dei compromessi in termini di maggiore concentrazione dell’offerta e maggiore intensità di metano proveniente dal gas statunitense.
Applicare rigorosamente più criteri è quindi impegnativo. Invece, l’Ue potrebbe ridurre drasticamente le importazioni di gas attraverso energie alternative, efficienza energetica e una maggiore produzione di gas all’interno dei propri confini. Tuttavia, il ricorso a fonti alternative ha le sue implicazioni in termini di sicurezza e competitività. Pertanto, la scelta di fonti di gas alternative comporta dei compromessi, che devono essere bilanciati con le nuove vulnerabilità di un approvvigionamento diversificato, come la sicurezza delle rotte marittime e la dipendenza da fornitori meno legati al mercato europeo.