Il governo Meloni impone precise condizioni alla nascita del colosso energetico Saipem7. L’obiettivo è proteggere i brevetti e il know-how strategico dei droni sottomarini, considerati asset al servizio della Difesa.
Il governo italiano ha dato il via libera condizionato, attraverso l’esercizio dei poteri speciali del Golden Power, alla fusione tra il colosso dell’ingegneria energetica Saipem e il suo rivale norvegese Subsea7. L’approvazione è subordinata a precise prescrizioni mirate a garantire che le attività e le tecnologie strategiche, in particolare quelle relative ai droni sottomarini, rimangano sotto il controllo italiano e al servizio degli interessi nazionali. La notizia, anticipata dal quotidiano finanziario MF e confermata da un’inchiesta de Il Giornale, arriva a pochi giorni dalle assemblee degli azionisti delle due società, convocate per giovedì per il voto finale sull’operazione. La decisione dell’esecutivo, formalizzata in un decreto firmato dalla premier Giorgia Meloni, evidenzia la natura strategica dell’operazione e la volontà di Roma di mantenere una forte influenza sul futuro colosso Saipem7.
LE RAGIONI DEL GOLDEN POWER: I DRONI SOTTOMARINI NEL MIRINO
Nonostante la nuova società, Saipem7, avrà sede legale in Italia e un amministratore delegato di nomina italiana (l’attuale CEO di Saipem, Alessandro Puliti), il governo ha deciso di intervenire per tutelare un settore specifico e altamente sensibile: la robotica sottomarina autonoma.
Saipem, infatti, è un’eccellenza nello sviluppo di queste tecnologie, che hanno un evidente uso duale, civile e militare. Per questo motivo, la società è stata inserita nel “perimetro nazionale di sicurezza cibernetica” e le sue attività sono considerate al servizio della Difesa.
Il decreto del governo impone precise prescrizioni per garantire che, anche dopo la fusione, Saipem mantenga il controllo di attività, tecnologie, brevetti e gestione dei droni sottomarini, e che possa continuare a collaborare con altre società a controllo statale. Il riferimento, neanche troppo velato, è al colosso della cantieristica Fincantieri.
LO SCENARIO FINCANTIERI E IL NODO DELLA DIVISIONE OFFSHORE
L’intervento del Golden Power si intreccia con un’altra partita strategica. Secondo quanto riportato da Bloomberg la scorsa settimana, Saipem avrebbe avviato trattative proprio con Fincantieri per la cessione di alcuni asset nel comparto della robotica e della subacquea, prima del completamento della fusione.
Questa mossa, sostenuta dal governo, mirerebbe a “blindare” in Italia queste tecnologie strategiche. Sebbene la sede centrale di Saipem7 sarà a Milano, la sua divisione più importante, quella dedicata alle costruzioni offshore, avrà sede a Londra e sarà guidata dall’attuale CEO di Subsea7. La cessione preventiva a Fincantieri, che condivide con Saipem l’azionista Cdp Equity, risolverebbe il problema, evitando future limitazioni da parte del governo italiano.
I DETTAGLI DELLA FUSIONE
La fusione tra Saipem, partecipata da Cdp e Eni, e Subsea7 darà vita a un gigante globale delle infrastrutture energetiche. Il nuovo gruppo, che si chiamerà Saipem7, avrà un portafoglio ordini di 43 miliardi di euro, un fatturato di circa 21 miliardi e un utile netto previsto di oltre 2 miliardi.
L’Italia manterrà un’influenza significativa, con la possibilità per Eni e Cdp Equity di nominare quattro consiglieri su nove, incluso l’amministratore delegato. Nonostante le condizioni imposte, il governo, secondo MF, ritiene l’operazione “cruciale per Saipem”. L’accordo dovrebbe essere finalizzato nella seconda metà del 2026.